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Scorrettissimi di Costanza Rizzacasa d'Orsogna

Che cosa sta succedendo nella società e nella cultura americane? Perché veniamo a conoscenza di storie di libri censurati, programmi di studi universitari dove Shakespeare e Omero vengono eliminati? Dove ci ha condotto il politically correct? Costanza Rizzacasa d’Orsogna, giornalista esperta di cultura americana, ci porta alla scoperta delle radici e degli sviluppi del fenomeno culturale della cancel culture.

Che cos’è la cancel culture? Questa la prima domanda che viene affrontata nella trattazione. Da destra a sinistra, questo fenomeno culturale, ormai altamente politicizzato, infuria nella cultura statunitense: tutto ciò che non è politicamente corretto, tutto ciò che non aderisce a determinati canoni di moralità (arbitrari, naturalmente) viene eliminato. Libri, cose, persone.

Scorrettissimi. La cancel culture nella cultura americana

Costanza Rizzacasa d'Orsogna ci porta al cuore del dibattito sulla cancel culture che infuria nella società non solo americana ma ormai anche europea. Parole come 'appropriazione culturale', 'supremazia bianca', 'mascolinità tossica', usate spesso a sproposito, popolano le conversazioni quotidiane. Sullo sfondo, negli Stati Uniti, una polarizzazione politica e del pensiero che per gli esperti ha raggiunto un punto di non ritorno, e il modello parentale ed educativo del safetyism: la sicurezza emotiva come valore sacro.

Rizzacasa d’Orsogna argomenta senza essere faziosa (dando spazio a considerazioni su razzismo, misoginia, white saviorism effettivamente presenti in molti testi della grande letteratura), prendendo in considerazione più punti di vista, intervistando, andando a fondo delle ragioni che alimentano questo clima culturale, a partire dal modello parentale del safetysim, fino al #MeToo e al movimento Black Lives Matter. L’autrice analizza in modo lucido l’evoluzione della cancel culture, dai libri che vengono censurati, ai programmi scolastici e universitari mutati, fino alle vere e proprie “shitstorm” contro chiunque venga ritenuto responsabile di comportamenti poco adeguati. Molte persone hanno visto la propria carriera cancellata, la vita personale distrutta, spesso per un tweet fuori luogo, delle dichiarazioni poco intelligenti, dei comportamenti discutibili, sì, ma comunque non illegali. Questo è un altro punto della macchina della cancel culture: la perdita di un sistema legale regolarizzato. Le vittime non vengono giudicate da tribunali tramite regolari processi, basta l’accusa per infangarle, emarginarle, distruggerle.

La cancel culture investe presente e passato. Ma ha senso giudicare la moralità di un autore del passato secondo i canoni odierni? Inoltre, è forse questa legata alla sua opera? E un artista deve necessariamente essere moralmente irreprensibile? E poi, esiste qualcuno al mondo che lo è davvero? Non siamo forse semplicemente pieni di ipocrisia e anche ignoranti riguardo la natura umana, che è di per sé mancante, imperfetta, contraddittoria?

Nel libro, Costanza Rizzacasa D’Orsogna analizza molti casi di autori messi da parte perché controversi: Mark Twain, Ernst Hemingway, Toni Morrison, Margaret Atwood, Salinger, Harper Lee, William Faulkner, ma anche Dostoevskij, Steinbeck, Omero, o il caso, indagato a fondo nel testo, di Philip Roth e del suo biografo, Blake Bailey: investito da una moltitudine di accuse, da misoginia a stupri a danni di ex studentesse, Bailey viene “cancellato” e con lui la sua biografia su Roth, che la casa editrice ritira dal commercio (Se l'argomento vi interessa, qui un nostro approfondimento sui libri censurati).

Si può essere un grande scrittore e un emerito stronzo?, è la domanda che ritorna. Tanti che hanno conosciuto Roth lo hanno descritto come un uomo terribile (e tanti altri una persona adorabile). Ma cosa c’entra con i suoi romanzi? E cosa c’entra con la biografia di Bailey? Il mestiere di un editore è forse quello di censurare le vite degli autori? E posto che né Roth né Bailey sono Hitler, si può leggere il "Mein Kampf" senza essere sostenitori di Hitler?

Rizzacasa d’Orsogna mette in guardia anche dal più pericoloso risvolto della cancel culture, l’annullamento del dibattito: tutto ciò che è scomodo, incomprensibile, doloroso, viene eliminato. Il dibattito non è più su cosa funzioni e cosa no, ma su chi siamo, tema sul quale non si accettano facilmente compromessi. E se il confronto dialettico, base del sistema democratico, viene meno, si generano le premesse per lo scoppio di una guerra culturale.

L'autrice ripercorre dunque le origini, le ragioni e i rischi della cancel culture, mostrandoci il clima attuale del panorama culturale americano, che sta pian piano invadendo anche l’Europa (vedesi, per esempio, il caso del corso cancellato di Paolo Nori su Dostoevskij all'Università Bicocca).

Posto che le discriminazioni passate ai danni di determinati gruppi sociali, culturali, identitari non debbano più accadere, è eliminando il passato che otterremo questo scopo? Non è forse la conoscenza di ciò che è stato a permetterci di essere persone istruite, con una visuale più ampia, che comprende anche il cambiare prospettiva?

Sarebbe meglio combattere questa battaglia nei campus che già esistono, difendere la ricerca intellettuale anche se mette a disagio gli studenti. Chi ha detto che la conoscenza debba essere un’esperienza confortevole?

Hana Wirth-Nesher, intervistata da Costanza Rizzacasa d’Orsgona

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