Considerato una creatura mitologica dagli antichi greci, il cavalluccio marino è un animale dall’aspetto insolito ed elegante. Qualcosa nella sua conformazione eretta lo distingue da tutti gli altri esseri acquatici e suggerisce indipendenza, eleganza e curiosità. Non sappiamo se siano queste le caratteristiche che hanno portato alla scelta dell’Ippocampo come simbolo e marchio della casa editrice; quel che è certo è che fu proprio dalla scelta del nome e del logo che prese le mosse la nascita della casa editrice fondata da Patrick e Giuliana Le Noël. Correva l’anno 2003.
Fin da subito si è trattato di pubblicare libri illustrati, di fattura pregiata e contenuti ricercati. Dopo un fortunato esordio nel mondo del viaggio e della fotografia, ben presto il cavalluccio marino che campeggia in copertina inizia a esplorare anche altri territori del sapere – scienza, storia, moda, mitologia – per poi aprirsi anche alla moda, all’arte e alla cucina, e soprattutto al mondo dei lettori più giovani, cui la casa editrice dedica attualmente metà della sua produzione. Con il salone di Montreuil in Francia e la fiera della piccola editoria a Roma, i primi giorni di dicembre sono un po’ frenetici, ma fra un viaggio e l’altro siamo riusciti a fare due chiacchiere con Sebastiano Le Noël, figlio di Patrick e Giuliana, direttore generale della casa editrice L’Ippocampo.
Una melodia suonata da un violino. Poi le pagine sfogliate di un libro, una porta che si apre. E la leggenda di Maldoror si risveglia… Ai confini di un'Europa sconvolta, mentre infuria la rivoluzione, cinque ragazzi incrociano le proprie strade accomunati da una strana minaccia.
Maremosso: Sebastiano, lei è figlio d’arte: ha sempre saputo che la sua vita professionale sarebbe stata con la casa editrice fondata dai suoi genitori?
Sebastiano Le Noël: La verità è che io ho iniziato prestissimo. Prima ancora dell’Ippocampo mio padre aveva creato un’azienda di distribuzione. A quindici anni andavo già a lavorare in magazzino o a dare una mano con le consegne. Era una specie di garage come le start-up della Sylicon Valley, solo che eravamo in Liguria e ci occupavamo di libri, non di tecnologia. Quando mio padre ha poi fondato l’Ippocampo sono stato io a disegnare il marchio della casa editrice. Frequentavo il liceo artistico, ma la mia scuola era spesso disertata da studenti e professori… quindi preferivo andare in ufficio a occuparmi della grafica, mi sembrava un modo più proficuo di passare il tempo. Successivamente sono andato a studiare a Parigi. Sono tornato in Italia per frequentare l’Istituto Europeo del Design a Milano, e il mio rientro è coinciso con il trasferimento della casa editrice da Genova al capoluogo lombardo… e così ci sono ricascato.
MM: Di cosa si occupava, inizialmente?
SN: I miei genitori seguivano tutti gli aspetti commerciali e editoriali mentre io ho continuato a seguire la parte grafica. E poi, a poco a poco, ho allargato il mio raggio d’azione alla logistica, al personale, alle questioni più strutturali, ai processi di stampa, fino a ricoprire l’attuale ruolo di direttore generale della casa editrice.
MM: Nel catalogo de l’Ippocampo si trovano tantissimi titoli e autori francesi. È evidente che la linea editoriale rispecchia le origini culturali dei fondatori. Quali sono le caratteristiche di questo “gusto francese”, secondo lei?
SN: Sì, compriamo moltissimi titoli dalla Francia, paese davvero all’avanguardia in generale nell’editoria ma ancor di più nell’illustrato. E nel settore ragazzi la qualità è davvero eccezionale, da ogni punto di vista: grafica, qualità dei materiali, contenuto. I libri che pubblichiamo sono molto costosi da produrre, quindi spesso sono coedizioni. La scelta è guidata dal nostro gusto, acquisiamo titoli di cui ci innamoriamo, che ci colpiscono, che ci stupiscono e questo accade spesso con ciò che si pubblica oltralpe. D’altra parte, quello francese è un mercato straordinario, quello che si trova nelle librerie parigine non si trova da nessun’altra parte. Una manifestazione come il Salone di Montreuil, per esempio, lascia intuire la grandissima attenzione, la cura e l’aspetto innovativo dei libri che si fanno in Francia.
MM: Un’altra cosa molto evidente è la presenza soverchiante degli illustrati. È una scelta dettata dalla passione o dall’osservazione mercato?
SN: Da entrambe le cose. Mio padre si è sempre occupato di libri per passione: lettore fortissimo, ha lavorato a livello dirigenziale in diverse case editrici francesi, occupandosi del commerciale ma anche di aspetti editoriali. Ha ricevuto un’educazione artistica e ha sempre avuto un vero amore per i libri d’arte, un gusto particolare per l’estetica, i colori, che nell’illustrato trovano la loro massima espressione. A questa inclinazione naturale, osservando il mercato abbiamo capito che c’era spazio per un nostro specifico posizionamento.
Il primo e unico libro su Casa Maria Luigia, l’idilliaca guest house di Massimo Bottura e Lara Gilmore alle porte di Modena. Un luogo pieno di magia, dove è possibile immergersi nella quiete della campagna e fare esperienza dell’alta cucina emiliano-romagnola, circondati da magnifici arredi e un’impressionante collezione di automobili e motociclette.
MM: La vostra politica di prezzi mi sembra svolga un ruolo centrale nel modello imprenditoriale della casa editrice. Che conseguenze ha sulla permanenza dei titoli negli scaffali?
SN: L’editoria è un mondo complesso… la stima delle tirature si fa prima delle prenotazioni ed è sempre un passaggio delicato. Noi non facciamo mai né tascabili, né secondo mercato (l’usato, ndr), né promozioni. La qualità dei nostri titoli è sempre molto alta eppure il prezzo al pubblico è abbordabile – circa il 20-30% in meno della concorrenza. Occupandoci direttamente di promuovere e distribuire i nostri titoli, che hanno spesso tirature importanti, ci possiamo permettere prezzi più bassi. Naturalmente capita anche di fare degli errori, ma quando i libri si trasformano in longseller è veramente il top. Abbiamo in catalogo titoli di vent’anni fa che continuiamo a vendere. Facciamo sia cartonati che libri in brossura con alette: dipende dal libro. La valutazione parte sempre dal fatto estetico. La cosa importante è che l’oggetto sia il più bello possibile.
MM: Quanti titoli all’anno pubblica l’Ippocampo?
SN: Fra gli 80 e i 100, di cui la metà sono libri per ragazzi. Quest’anno abbiamo un po’ aumentato la produzione, abbiamo inserito diverse ristampe anche in occasione dell’anniversario.
MM: A proposito: quest’anno avete festeggiato i vostri vent’anni, con tante iniziative bellissime e molto originali. All’artista giapponese Yuko Higuchi, famosa per le sue collaborazioni con Gucci e Uniqlo, avete commissionato un logo che si trova declinato in un ex libris da incollare in frontespizio e una bellissima borsa, elegante e resistente, che riporta lo stesso logo. Il 21 dicembre (fino al 17 marzo in Via Vigevano 18 a Milano) si inaugura Robotland, mostra immersiva realizzata in collaborazione con Tenoha, ristorante e concept store dedicato alla cultura giapponese. Insomma, non vi siete fermati un attimo. Come si sente adesso che l’anniversario giunge al termine?
SN: Sinceramente sono distrutto, è stato un anno massacrante! Ma anche molto bello. La creazione del logo disegnato da Yuko Higuchi (in cui il cavalluccio guarda negli occhi Gustave, il gatto iconico di Higuchi, ndr) e l’operazione su larga scala delle borse sono state esperienze nuove ed esaltanti, e poi abbiamo fatto tante feste grandi e piccole… insomma, a parte la stanchezza sono davvero soddisfatto.
MM: Si è appena conclusa a Roma Più Libri Più Liberi, la fiera dell’editoria indipendente. Lo stand dell’Ippocampo era letteralmente preso d’assalto. Lettori e lettrici si accalcavano, fra le altre cose, per chiedere un autografo a Philippe Lechermeier, autore della trilogia di Maldoror…
SN: Sì, che libro straordinario! Quando ne parlo ho sempre voglia di raccontare tutto, mi devo trattenere per evitare spoiler. È un fantasy ambientato in Mitteleuropa. Per certi versi ricorda un po’ Jules Verne, la qualità letteraria è altissima e al tempo stesso è un vero e proprio page-turner. Lechermeier, autore alsaziano, con questo libro ha vinto la Pépite d’Or di Montreuil, il più prestigioso fra i premi di letteratura per ragazzi. A Natale le librerie italiane avranno in vendita i primi due volumi mentre il terzo arriverà in primavera.
Per secoli, le tracce di amore queer nel mondo antico sono state dimenticate o rimosse. Persino oggi, solo poche testimonianze sono ricordate: l'amore selvaggio tra Achille e Patroclo, quello doloroso che traspare dai testi di Saffo e i tre generi introdotti dal Simposio di Platone.
MM: Parlando del Natale, ci sono altri titoli che ci vuole segnalare?
SN: Uno è sicuramente Slow Food, Fast Cars di Massimo Bottura e Lara Gilmore, un libro dedicato alla guest house della coppia, Casa Maria Luigia, un luogo pieno di magia che il volume racconta attraverso ricette e fotografie, rivelando i segreti di un’ospitalità davvero speciale. È il terzo libro di Massimo Bottura che facciamo. Chi li legge sa con quanta profondità lui riesce a raccontare la sua cucina e la sua arte. Un altro libro che segnalo con molto piacere è 300.000 baci – Racconti d’amore queer dal mondo antico. Sono poesie d’amore accompagnate da testi esplicativi. La collaborazione fra il poeta Seán Hewitt e l’artista Luke Edward Hall ha prodotto un volume estremamente raffinato, con una grandissima cura dei materiali, delle illustrazioni, di ogni dettaglio. È una vera chicca. Chiudo consigliando due albi per ragazzi: La regina nella grotta di Julia Sardà, artista catalana che qui racconta il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di tre sorelle, e La strana bottega di Viktor Kopek di Anne-Claire Lévêque e Nicolas Zouliamis, poetico racconto metaforico sulla la ricerca della nostra personalità e identità.
MM: Le chiedo anche se c’è una lettura, o rilettura, che l’ha appassionata di recente?
SN: Sì, due titoli molto diversi: Furore di John Steinbeck, e Paura, piccolo libro di Stefan Zweig che mi ha entusiasmato.
MM: Per concludere, un consiglio musicale?
SN: Domanda difficilissima… però consiglio il gruppo musicale francese La Femme, che in questi giorni sto ascoltando tanto.
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