Conchiglia, orecchio di mare.
Posare l'orecchio nell'involucro lucido di una conchiglia raccolta sulla spiaggia e immaginare di sentire - o sentire davvero - il suono di pianoforte, violoncelli e contrabbassi.
Il tempo che s'accartoccia e collega il passato con il presente.
Matteo Corradini torna in libreria con un nuovo, potente volume che riprende il filone della didattica della memoria (trovate qui la nostra selezione di libri per bambini per non dimenticare): e questa volta le protagoniste sono le ragazze che fecero parte dell'orchestra femminile di Auschwitz.
Eravamo il suono (Lapis) parla di loro, delle quarantasette donne di diversa età, nazionalità e religione, accumunate da un unico, preciso desiderio: sopravvivere alle brutture del campo, e per farlo le loro mani si aggrapperanno a uno strumento musicale.
Sotto la guida di un’enigmatica insegnante, un gruppo di ragazze sta preparando uno spettacolo-concerto per ricordare l’orchestra femminile di Auschwitz. L’insegnante ha chiesto a due di loro raccogliere conchiglie sulla spiaggia «per prepararsi al meglio.
La prof. Turritella sta organizzando per la fine dell'anno una recita: le ragazze della classe interpreteranno i membri femminili dell'orchestra di Auschwitz, un gruppo formato dalla terribile Maria Mandel - soprannominata la bestia - per intrattenere gli ufficiali e alzare l'umore generale del lager.
La professoressa invita Anita e Alma, migliori amiche e protagoniste della recita, a fare una passeggiata sulla spiaggia per raccogliere delle conchiglie; è questa, infatti, la chiave che assottiglia la distanza fra passato e presente. La narrazione piomba nel passato e a prendere parola sono proprio loro, otto fra le quarantasette ragazze che fecero parte dell'orchestra.
Così conosciamo Anita, Fania, Esther, Claire, Zippi, Helena, Violette e Alma.
Fra di loro sono poche ad essere delle vere professioniste - Anita, che è sopravvissuta al lager e di cognome fa Lasker, ha fondato la English Chamber Orchestra, mentre Fania Fénelon è stata cantante e compositrice; la maggior parte della musica ne fa una necessità, l'espediente per sopravvivere qualche giorno in più, fingendo di essere violoncelliste, pianiste, di avere orecchio e mani abbastanza abili da stare al passo con la perfetta - e temibile - direttrice dell'orchestra, Alma Rosé.
I miei occhi sono solo per le ragazze dell’orchestra femminile di Auschwitz,“l’orchestrina” come la chiamano, per Anita, Fania, Esther, Claire, Zippi, Helena, Violette e tutte le altre. Insieme.
Alma è stata una violoncellista austriaca - figlia del violinista Arnold Rosé e nipote del compositore Gustav Mahler -. Alma ha girato l'Europa portando in giro la sua musica e la musica è ciò che la fa sopravvivere nel lager, fino a che i gerarchi vorranno.
L'odio non fa differenze fra chi è povero e chi è ricco; i membri dell'orchestra di Auschwitz hanno origini diverse, diverse estrazioni sociali e, soprattutto, diverse religioni. Non tutte sono infatti ebree - vi sono comuniste, collaboratrici della Resistenza, dissidenti.
Non c'è niente che, in realtà, le accumuna: ed è questo che da' loro la possibilità di essere loro stesse, di sentirsi libere nella cattività del filo spinato, di godere insieme di un pasto - leggermente - caldo, di gioire di un cuscino, di una coperta. Mentre fuori dalla loro baracca si consumano le vite di quelli che la musica non la sanno suonare e sono destinati a scomparire, molto più velocemente di loro.
L’orchestra femminile di Birkenau è una conchiglia sulla spiaggia. Puoi chinarti a raccoglierla.
Portarla all’orecchio. Ascoltarla.
Ascoltare le voci delle ragazze dell'orchestra è un modo per le ragazze di oggi - per Anita e Alma, sotto consiglio della prof. Turritella - di cogliere la bellezza nelle piccole cose e sentire - davvero - quella loro voce interiore che le spinge all'accoglienza, alla diversità; a perseguire i loro sogni e a non mollare anche se tutto intorno sta crollando.
Perché ci sarà sempre una ragione per resistere, uno stagno in cui bagnarsi in un pomeriggio caldo, al limitare del lager. Una nuvola di felicità, l'irreale nel surreale.
E tutto ciò grazie alla musica - amica, compagna, àncora di salvezza nei momenti più bui; lo sa Anita, lo sa Alma, entrambe ne hanno avuto bisogno e se la sono portata dietro nei momenti oscuri dell'adolescenza: uno spartito pulito su cui scrivere le nota della propria esistenza.
Di
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25 gennaio - Catania, ore 18:00: Giuseppa Di Gregorio, Stefania Mazzone e Giuseppe Speciale in un dialogo su I dieci. Chi erano i professori che firmarono il “Manifesto della razza” (Bonanno) di Franco Cuomo
26 gennaio- Bologna piazza Ravegnana, ore 18:00: Frediano Sessi presenta Oltre Auschwitz (Marsilio)
26 gennaio - Napoli piazza Martiri, ore 18:00: Gabriella Gribaudi autrice di Terra bruciata (Guida) con Giovanni Cerchia e Paolo Pezzino
26 gennaio - Firenze piazza della Repubblica, ore 18:00: Elisabetta Rasy, autrice di Dio ci vuole felici (HarperCollins) con gli interventi di Margherita Ghilardi e Letizia Fuochi
26 gennaio - Genova via Ceccardi, ore 18:00: dibattito sulla deflagrazione nazi-fascista nel contesto LGBT, con gli interventi di Claudio Tosi e Luana Rigolli
27 gennaio - Torino piazza C.L.N, ore 16:00: presentazione delle Letture dal Diario di Etty Hillesum (Adelphi) a cura di Valter Carignano, Marina Di Paola, Roberta Pastorin
28 gennaio - Società Letteraria di Verona, ore 17:00: Matteo Corradini presenta Eravamo il suono (Lapis), con Roberto Israel e l'Associazione Figli della Shoah
30 gennaio - Parma via Farini, ore 18:00: Una bella Resistenza (Mondadori) di e con Daniele Aristarco in un incontro rivolto agli studenti dell’ISISS Giordani di Parma, nell’ambito della programmazione OFF della prima edizione di “Mi Prendo il Mondo”,
31 gennaio - Appia di Roma, ore 10:30: Storia di Emanuele che sfuggì al razzismo (Mondadori), con Emanuele di Porto e Marco Caviglia
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