BookCity ha permesso, anche quest’anno, di riempire Milano di autori nazionali e internazionali che altrimenti non avremmo avuto l’occasione di incontrare.
Noi ne abbiamo approfittato subito, invitando un grande nome della scrittura nordica: Jón Kalman Stefánsson, giunto in Italia per parlarci del suo ultimo romanzo, La tua assenza è tenebra, edito da Iperborea.
Islanda, Fiordi occidentali, un uomo si ritrova nella chiesetta di un villaggio sperduto senza sapere come ci è arrivato né perché. Nell’unico albergo della zona, tutti sembrano conoscerlo, mentre lui non ricorda neppure il proprio nome. Sa solo che quando scrive sente di uscire dalla gabbia del tempo, e così dalla sua penna riaffiora impetuosa una saga che spazia tra gli ultimi due secoli e da un capo all’altro dell’isola
Come tutti i suoi ritratti di un’Islanda presente e passata, anche La tua assenza è tenebra è ambientata tra i suggestivi fiordi occidentali.
Il titolo evocativo del romanzo riprende l’epitaffio di una lapide in un piccolo cimitero di un villaggio sperduto, letto da un uomo che non ricorda nulla di sé o di come sia finito lì.
Riportato all’unico albergo della zona, tutti i personaggi che incontra sembrano conoscerlo e avere un legame più o meno profondo con lui.
Per esorcizzare l’angosciante sensazione di non ricordare nemmeno il proprio nome, l'uomo inizia a scrivere.
Scrive la storia dell’isola attraverso gli ultimi due secoli, raccogliendo ricordi che non sono suoi, facendo sua una nuova linea di tempo e memoria.
Credo che tutti noi portiamo la storia o i ricordi dei nostri genitori e avi. Per me è una specie di dovere: quando inizio a scrivere non decido mai di viaggiare indietro nel passato, eppure succede. È come se ci fosse qualcosa che mi chiama. Vado alla ricerca di tutti i ricordi che mi scorrono nelle vene
Come il protagonista, Stefánsson ci mostra quanto sia delicato il concetto di tempo, che per lui è una vera e propria «invenzione», poiché come esseri umani ricerchiamo il controllo e la razionalità, quando in realtà «sono i nostri sentimenti che ci controllano».
Proprio come dimostra il suo personaggio, la scrittura diventa un mezzo per tuffarsi in quei sentimenti, per «cogliere proprio le cose che non comprendiamo».
Insieme ad essa, fedele compagna è la musica: alla fine del suo romanzo, possiamo trovare infatti una “Playlist della Morte”, selezione di canzoni che l'autore reputa essere state scelte dai suoi personaggi stessi.
Per me musica e letteratura o musica e parole vanno di pari passo, perché c’è una musica nelle parole, nella lingua, nello stile, quindi la uso sia senza dirlo oppure citando alcune canzoni o alcuni testi e di solito fanno parte del flusso dei pensieri del personaggio e talvolta allargano quello che sto cercando di scrivere
Queste canzoni che troviamo nelle ultime pagine, che vi invitiamo ad ascoltare, sono frutto dell’idea di uno dei personaggi, il quale riconosce nel lavoro della morte un mestiere difficile, solitario, senza pause né festività. Il narratore cerca quindi di consolare la morte, esattamente come noi ricerchiamo conforto nelle note di una canzone.
Per le anime smarrite, per quelle che hanno bisogno di ritrovarsi, per coloro che ricercano il senso nell’amore, nella vita e nella morte, questo libro proclama che non è alla propria memoria che bisogna appellarsi, ma semplicemente alle radici più intime e profonde della propria anima.
È pericoloso stare con gli scrittori, perché rubano costantemente la vita: le facce, i nasi, le mani, i movimenti, quindi fate attenzione agli scrittori. Se vedete uno scrittore, andate via, scappate, okay?
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