A metà degli anni Novanta il rap in Italia, a parte qualche exploit isolato, non era popolare. Il pubblico e gli artisti costituivano una sorta di tribù intransigente che voleva salvaguardare la loro musica di riferimento e guardava con diffidenza il resto del mondo. L’industria discografica teneva d’occhio le produzioni rap italiane perché negli Stati Uniti il genere ormai spopolava, ma quando provava a puntare su qualche artista locale, regolarmente si tirava indietro: le grandi etichette e i rapper parlavano due lingue diverse, facevano parte di mondi con mentalità incompatibili. In questo scenario si è fatto vivo Mikimix, primo nome d'arte del molfettese Michele Salvemini (1973), oggi noto come Caparezza.
“Prisoner 709 Live” è la sintesi di un disco e un tour spettacolare: un dvd documentario (“Trip709”) che parla dell’esperienza di “prigionia” di Caparezza attraverso la sua realtà visionaria, le testimonianze dirette e le immagini
Mikimix fondeva rap e pop, la sua musica era frivola, e anche nelle sue apparizioni al Festival di Sanremo e a Videomusic si proponeva come un personaggio disimpegnato, con un’attitudine che ricordava il primo Jovanotti.
Insomma, non poteva che risultare inviso alla scena rap di quegli anni, che si prendeva molto sul serio e, per quanto piccola, aveva un pubblico di fedeli che poteva indirizzare la fortuna degli artisti hip hop.
Dopo due dischi con questo nome d'arte, però, approfittando del passaggio di secolo, nel 2000 è avvenuta una prima svolta: Mikimix si è trasformato in Caparezza, un cambiamento che ha coinvolto anche il look, visto che dai capelli rasati, il Nostro è passato a una folta chioma riccia in stile afro in sintonia con il nuovo nome d’arte scelto. Non a caso il video di Tutto ciò che c'è, il singolo più forte di ?!, primo album inciso dopo questo passaggio fondamentale, è girato nel negozio di un barbiere.
Ma è con il secondo album che è arrivata la vera svolta, il rilancio definitivo, nonostante la sentenza contenuta nel testo dell'ormai famoso brano d'apertura: «il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista». Questo Verità supposte, infatti, complici dei ritornelli azzeccati, dei testi curati, un flusso di parole incalzante e un mix di pop, rock, cantautorato ed elettronica, ha conquistato senza riserve il pubblico. Oltre a Il secondo secondo me, l’album si è fatto notare anche per altri singoli forti tra cui Vengo dalla luna, brano contro il razzismo, e soprattutto Fuori dal tunnel, che è diventato un vero e proprio “tormentone”, non solo estivo. Era il 2003, Caparezza aveva trent’anni e da questo exploit in poi è iniziata la fase più popolare della sua carriera.
La mia parte intollerante, il primo singolo del successivo album, Habemus Capa, uscito nel 2006 per una major, la EMI, ha rilanciato questo nuovo percorso parlando di bullismo: i testi di Caparezza sono diventati sempre più consapevoli proprio nel periodo in cui, ironia della sorte, il rap italiano, in generale, iniziava un percorso inverso, tralasciando l’impegno per sposare sempre di più la leggerezza, l’edonismo e flirtare con il pop più immediato.
E anche se questo album ha venduto un po’ meno del precedente, ha ottenuto più che buoni risultati e ha permesso all’artista di assestarsi su dei livelli di popolarità alti, come ha confermato il successivo Le dimensioni del mio caos (2008), disco che contiene un'altra hit nota a chiunque, Vieni a ballare in Puglia. Nello stesso tempo le esibizioni dal vivo hanno dato un ulteriore contributo a questo successo, non a caso nell’edizione speciale di questo album c’è un DVD con le riprese di alcuni concerti e nel 2012, un anno dopo l'uscita di un altro importante capitolo della discografia di Caparezza, Il sogno eretico (quello con Goodbye Malinconia, per intenderci), è arrivato anche il primo album dal vivo, Esecuzione pubblica.
In questi ultimi dieci anni, oltre a un secondo disco dal vivo – Prisoner 709 Live (2018) sono usciti altri tre album in studio: Museica (2014), Prisoner 709 (2017) ed Exuvia (2021). Con questi sono arrivati altri singoli di successo – come Mica Van Gogh e Ti fa stare bene – e collaborazioni con artisti sia italiani sia internazionali, per esempio quelle con Max Gazzè e Michael Franti. L’artista pugliese ha continuato a mischiare vari generi musicali, bagaglio che, con ogni probabilità, gli arriva dagli anni Novanta, periodo in cui è esploso il cosiddetto crossover, che vedeva il rap incontrarsi con molti altri suoni e stili. Anche grazie a questa inclinazione si è guadagnato la fedeltà di un pubblico sempre più trasversale, sia per età sia per gusti, composto solo in minima parte da chi segue per lo più il rap (che ha preso tutt’altra direzione).
Sapersi rivolgere a una tale varietà di persone conservando la propria reputazione artistica, senza dubbio è una qualità di Caparezza. E il fatto che questi riscontri siano arrivati quando ha dato un taglio netto al passato, ai suoi primi trascorsi artefatti con il nome di Mikimix, per lasciare spazio a questa sua inclinazione che pare naturale, non sembra un dettaglio da poco. A maggior ragione se si prende atto che questo successo è iniziato nell’epoca pre-social media e, dunque, precedente anche all’affermazione delle piattaforme streaming. In altre parole Caparezza si è affermato in un periodo piuttosto difficile per il mercato discografico, quando la “rivoluzione digitale” aveva messo in crisi l’intero sistema. Anche di questo gli va dato merito.
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