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Misericordia di Emma Dante

©MasiarPasquali

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È sempre una speciale e bella occasione assistere agli spettacoli di Emma Dante, che stavolta ritorna al Teatro Mercadante con Misericordia, in scena fino al 30 aprile. L’acclamata regista e drammaturga che spazia tra teatro, lirica e cinema “dalla poetica militante” ritorna a Napoli nel teatro della città che, nel corso degli anni, ha prodotto e presentato molti suoi lavori.

A partire dalla Medea nel 2004 a Le Pulle nel 2009, La trilogia degli occhiali nel 2011, Le sorelle Macaluso nel 2015, fino a Pupo di Zucchero nel 2022. 

Con Misericordia, scritto e diretto da Emma Dante, sono in scena tre storiche attrici della regista, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, Italia Carroccio e il giovane danzatore Simone Zambelli, rispettivamente nei ruoli di Nuzza, Anna, Bettina e Arturo.

È una produzione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Biondo di Palermo, Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale, Carnezzeria. Le luci sono di Cristian Zucaro, l’assistente di produzione è Daniela Gusmano, il coordinamento e la distribuzione sono affidati a Aldo Miguel Grompone, Roma.

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Il sipario si apre su una scenografia minimalista dove uno sfondo scuro fa risaltare quattro sedie allineate dove siedono tre donne che sferruzzano la lana, Nuzza, Anna, Bettina, e tra di loro c’è Arturo, un ragazzo disabile dalle evidenti difficoltà motorie. Il ritmo dello sferruzzare è incalzante e frenetico accompagnato dall’ondeggiamento continuo e compulsivo del ragazzo che sembra intrecciarsi ai loro movimenti. E già qui si crea il primo stupore per una drammaturgia che si esprime solo attraverso i suoni e la fisicità delle tre donne che sferruzzano in modo sincronico, dando una speciale partitura al testo e unendo sguardi e parole.

Durante il giorno le tre donne, Nuzza, Anna e Bettina, che vivono insieme in un precario monovano, confezionano sciallette. Accanto a loro c’è Arturo che non perde un solo movimento, riproducendo le azioni delle donne usando l’irrefrenabile e armoniosa plasticità del suo corpo. Le tre donne litigano, si azzuffano per il cibo, ma insieme, come altrettante madri, si sono prese cura del giovane Arturo, picciutteddu ipercinetico. Ogni sera alla stessa ora, Arturo va alla finestra per vedere passare la banda e sogna di suonare la grancassa.

Si ama la drammaturgia di Emma Dante per la sua capacità di traferire nei suoi spettacoli così “fisici e ritmici” la lotta contro ogni forma di pregiudizio e di moralismo, nulla è mai scontato, ogni ritualità acquista significato e imprime al testo ricchezza e riflessione, per non dire “scossone”.  Quando al tramonto, sulla soglia di casa, le tre donne smettono di avere gli abiti consunti e si esibiscono in abili performance offrendo ai passanti i loro corpi cadenti, restituiscono allo spettatore il senso pieno della rappresentazione.

Le tre bravissime attrici Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, Italia Carroccio, in questo repentino passaggio di tenerezza e fragilità, raccontano che la madre di Arturo si chiamava Lucia, «era secca come una acciuga e teneva sempre accesa una vecchia radiolina. La casa era china ’i musica e Lucia abballava p’i masculi!». E qui entra in gioco la favola di Pinocchio. «Ballava soprattutto per un falegname che si presentava a casa tutti i giovedì. L’uomo era proprietario di una segheria dove si fabbricano cassette della frutta, guadagnava bene ma se ne andava in giro con un berretto di lana e i guanti bucati. Lo chiamavano “Geppetto”. Alzava le mani. Dalle legnate del padre nasce Arturo, mentre Lucia muore due ore dopo averlo dato alla luce».

Nonostante quella condizione di degrado terribile, Anna, Nuzza e Bettina accolgono e crescono Arturo come se fosse figlio loro. Arturo, il pezzo di legno, accudito da tre madri, diventa un bambino. E qui il messaggio d’amore che arriva al pubblico è esplicito: si ama un figlio come Arturo anche se non è stato concepito da nessuna delle tre donne.

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In questo spaccato di vita miserevole le tre donne restituiscono morbidezza, tenerezza e dignità a questo figlio che, nonostante la sua condizione, esprime il sogno di entrare a far parte della banda. Bellissima la scena in cui Arturo inizia a vestirsi perché è giunto il momento di raggiungere i suoi amati musicisti e le tre donne si ritrovano con la scatoletta dei ricordi e i loro soldi da consegnare al ragazzo.

Il bravissimo giovane danzatore Simone Zambelli nei panni di Arturo è un miracolo di espressività e di plastico movimento che scandisce in ogni punto la bellezza e la vitalità dello spettacolo.

«Misericordia – dichiara Emma Dante – è un lavoro sulla capacità profonda e inesauribile di amare». E sulla nascita e le ragioni di questo suo lavoro la regista spiega: «Avevo bisogno di parlare di maternità. Forse perché sono diventata madre in tarda età di un figlio adottivo, e questa esperienza mi ha cambiato la vita. Poi il lavoro ha preso corpo con l’improvvisazione, con gli attori, ma soprattutto con il danzatore Simone Zambelli, straordinario, che ne è diventato il centro pulsante. Lo spettacolo infatti gira attorno a lui, al ragazzino “difettoso” nato come “legnificato” grazie ai pugni del padre. Di qui l’assonanza con Collodi: ho pensato che Pinocchio potesse essere un personaggio interessante da associare a un bambino che nasce dalla violenza. Pinocchio comincia la sua vita quando si sveglia bambino grazie al dono della fata. Prima era un “non essere”. Così anche Arturo. In questo senso il titolo per me è importantissimo perché racconta già tutto: Misericordia, inteso in senso laico, contiene due cose, la miseria e il cuore, elementi che possono stare insieme generando qualcosa di straordinario».

(…) Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

Edoardo SanguinetiLa ballata delle donne

©MasiarPasquali

Per scoprire l'arte di Emma Dante

Le sorelle Macaluso. Liturgia familiare

Di Emma Dante | Glifo, 2016

Anticorpi. Dialoghi con Emma Dante e Rosella Postorino

Di Luisa CavaliereEmma DanteRosella Postorino | Liguori, 2010

Bestiario teatrale

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E tutte vissero felici e contente

Di Emma Dante | La nave di Teseo O, 2020

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