Tacere e parlare

Martedì 4 gennaio

Mi è venuto in mente questo parallelo (ma non so dove porterà) tra la democrazia italiana e quella americana.

Il 6 gennaio scorso a Washington, come tutti ricordano, il presidente sconfitto Donald Trump cercò con la violenza di sovvertire il risultato elettorale; l’assalto al Campidoglio è ancora negli occhi di tutti, memoria e storia. Si apprende che per l’anniversario parleranno i difensori della democrazia (Joe Biden, Kamala Harris, Nancy Pelosi, Chuck Schumer i principali oratori), ma parlerà anche, dalla sua residenza-esilio di Mar a Lago in Florida, lo sconfitto Donald Trump. E si sa anche quello che dirà: tornerò, con la violenza, se necessario.

Alla fine di gennaio, eleggeremo il nostro prossimo presidente della Repubblica.
Sergio Mattarella se ne va dopo sette anni gestiti con sapienza, onestà e un sottile sense of humour. Era il gennaio del 2015, la rissa per il Quirinale era serrata e confusa. Matteo Renzi, all’epoca all’apice del suo successo politico, mandò un tweet: “La lotta alla mafia, le dimissioni per un ideale, i collegi per i parlamentari, l’abolizione della naja. Un politico per bene: Mattarella”. Sergio Mattarella fu eletto alla quarta votazione, con largo margine.

Il più grande sconfitto all’epoca, fu il movimento di Beppe Grillo, che minacciava “marce su Roma”.

Come è curiosa la vita politica: in America il partito repubblicano, dopo la sconfitta, non sa far altro che riproporre Donald Trump. In Italia, tra i tanti candidati a succedere a Mattarella, non è mai comparso il nome di Beppe Grillo.

Conclusione: siamo un paese che comunque mantiene il senso del pudore. Tutti apprezzano, di questi giorni di strepito sguaiato e di ego colossali, il silenzio di Beppe Grillo.