La redazione segnala

Ripensare il 2 giugno

La repubblica in Italia è intesa più come un dato tecnico che non come un sistema di valori e di significati. Assumere una dimensione “repubblicana” dell’idea di patria implica fondarla non sul piano della forza militare, ma su quello del contratto tra cittadini.

L’origine sta nella formazione del cittadino moderno che si afferma con l’ideale della Rivoluzione francese, momento segnato non dalla presa della Bastiglia (14 luglio 1789) ma da Valmy, quando l’esercito popolare sconfigge l’alleanza delle monarchie che vorrebbero rimettere al centro del sistema la figura del re. Il significato di quella vittoria sul campo, nel settembre 1792, è la riaffermazione di chi sia il depositario della legittimità del potere. Ovvero, la risposa alla domanda su chi abbia ora in mano lo scettro.

Quella data non è mai entrata né nel calendario civile né in quello pubblico delle molte Repubbliche francesi. Anche in quel caso è stato più facile trovare un atto che ricordasse la “liberazione” più che uno che segnasse la “libertà”.

Richiamo questo aspetto perché il 2 giugno è una data che ha stentato – e ancora oggi stenta – a individuare una fisionomia propria e, dunque, anche un suo rituale.

A lungo schiacciata alternativamente o complementarmente sul rituale del 25 aprile (in nome di una condivisione del concetto di scelta, di frattura della società italiana da cui indubitabilmente trae origine la Repubblica) o sul 4 novembre come festa delle Forze Armate (in cui ritorna l’immagine e il ricordo della vittoria sul nemico caratterizzandosi per un aspetto di più accentuato nazionalismo), quella data sembra maggiormente legata all’immagine ultima di un ciclo che la precede (e dunque neutralizzandone il carattere di “scelta” conflittuale), più che segnare simbolicamente l’avvio di un nuovo ciclo.

Immagine tratta dal libro " L'Italia e la sua Costituzione. Una storia, di Raffaele Romanelli, Laterza, 2023 "

Anche per questo, a lungo, la festa del 2 giugno è stata una festa fredda nel panorama collettivo. La figura del Presidente della Repubblica è invece oggi un punto di equilibrio essenziale nel panorama politico italiano. C’è contraddizione in tutto ciò? Certamente sì.

Da due punti di vista: il primo, perché significa che affidiamo al Presidente della Repubblica un ruolo eccessivamente personalizzato; e il secondo perché denuncia il fatto che non si sia consolidata una cultura repubblicana.

Forse il primo punto ci sembra il più ricco di instabilità. In realtà è il secondo punto a esprimere un tasso più alto di problematicità. È l’aggettivo a fare la differenza. Quell’aggettivo, infatti, «repubblicana», non descrive un dato tecnico (chi sia il capo dello Stato), ma indica un valore.

Con “libertà repubblicana” non si intende una libertà generica distinta da quella liberale. Mentre per i liberali la libertà è garantirsi possibilità di azione senza una legge limitante e si definisce come assenza di interferenza da parte di qualcuno, per i repubblicani consiste nel non essere sottoposti alla volontà arbitraria di qualcun altro.

L’ideale repubblicano è predisporre un sistema di tutela in grado di eliminare, ora e domani, la possibilità di subire arbitrio. A differenza dei sostenitori dello slogan «meno Stato», la legge per l’ideale repubblicano non costituisce un’interferenza che limita la libertà.

Forse il 2 giugno è intravisto come la data che rende omaggio a una figura, il Presidente della Repubblica, anzi più precisamente a questo Presidente della Repubblica, avvertito come garante di un equilibrio in un’epoca molto incerta e turbolenta.

Ma anche così il problema anziché avviarsi verso una soluzione si complica, perché mostra che il problema che oggi noi abbiamo di fronte è che abbiamo un rapporto difficile con la politica, troppo dipendente dalle persone ma invece blando, o comunque tenue, con le istituzioni. Il che accentua il carattere di crisi della democrazia che noi attraversiamo.

Quella crisi provo a riassumerla così: al 2 giugno manca un oggetto che non può essere il tricolore o il richiamo all’idea di nazione. L’oggetto che manca al 2 giugno è semplicemente il dettato costituzionale così come esce dalla Costituente nel dicembre 1947.

Non c’è niente di nostalgico nel difendere la Costituzione. Forse anzi una rinnovata attenzione volta non tanto a ripetere, quanto ad ampliare e riempire di nuovi significati alcuni fondamenti – per esempio i temi connessi all’Articolo 3, quello sull’uguaglianza – non guasterebbe.

Libri per riflettere sul 2 giugno

La sinistra nell'Italia repubblicana. Dalla Resistenza al campo largo

Di Anna TonelliGianluca Scroccu | Carocci, 2023

L'Italia e la sua Costituzione. Una storia

Di Raffaele Romanelli | Laterza, 2023

Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua

Di Filippo Ceccarelli | Feltrinelli, 2021

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