Diario di bordo

Angelo Guglielmi, in memoria di un genio

Martedì 8 luglio

Ieri ho messo sulla mia pagina Facebook questo post:

“Mando, attraverso Facebook - mezzo più semplice per chi vive lontano - le mie condoglianze per la morte di Angelo Guglielmi. Devo a lui un periodo molto bello della mia vita di giornalista.
Di Guglielmi non c'è bisogno di ricordare i programmi, l'inventiva, i format; durano ancora oggi, in qualche modo. Ma c'era qualcosa di più: la sua capacità di divertirsi, di sperimentare, di dirigere i dettagli, vedere cose che altri non vedevano. Aveva più del cinema, che della televisione. E infatti trasformò la televisione in cinema, nelle due correnti che lo hanno reso famoso e unico: il neorealismo e la commedia all'italiana; mischiandoli, ricostruì il romanzo popolare, che entrava di soppiatto nelle case per fare come Chaplin, che quando piangeva ti faceva ridere, e quando rideva ti faceva piangere”.

Aggiungo qui alcune altre cose, per ricordarne meglio la grandezza.
Guglielmi si accollò la direzione dai RAI3 nel 1987; nella spartizione politica, toccava al PCI ed era condannata a restare sull’1 per cento di share, meno di tante tv locali, per il semplice motivo che “i comunisti non sanno fare la televisione”. Ma Guglielmi non era un funzionario comunista e tantomeno un intellettuale allineato. Era piuttosto un libertario e un uomo di libri, fin da piccolo; e il suo interesse principale era parlare di libri, di letteratura, di teatro. Fece parte di un piccolo, in seguito famoso gruppo culturale italiano, il “Gruppo 63”, alla ricerca dell’avanguardia letteraria, in polemica con il romanzo classico, l’ipertrofia dell’ego degli scrittori, la troppo facile divisione tra buoni e cattivi. Per questa sua impostazione – la ricerca della giusta drammaturgia – ebbe l’idea temeraria – nessuno lo aveva mai fatto prima – di usare la televisione per “mettere in scena la realtà”, quella quotidiana, quella a cui la visibilità era negata: tribunali e partite di pallone, voci dialettali, crimini e misfatti di tutti i giorni, la politica vista dalla parte delle radici, le notizie dal mondo, il tutto in un grande rullo che durava le intere ventiquattrore, con la notte che riservava le sorprese più impensabili. Tutto questo avveniva una trentina di anni fa e le cose buone della televisione italiana di oggi vivono ancora di quell’impostazione.

Un genio, per dirla in breve. E anche un grande manager, che ha avuto una lunga vita felice e ha lasciato tanti buoni ricordi.      

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