La redazione segnala

La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo

© Karim El Maktafi/Zona

© Karim El Maktafi/Zona

C’è una macchina giocattolo in questi giorni al Memoriale della Shoah. È rossa, con segni di usura, la pittura in parte staccata e qualche botta. Si trova in una teca, conservata come un corpo di reato. Apparteneva a un bambino, Esrom, morto dieci anni fa nelle acque del Mediterraneo, a pochi chilometri dalla costa. Il 3 ottobre 2013 su una barca con almeno 500 persone – almeno, perché conoscere il numero esatto è impossibile – moriranno in 368, sopravviveranno 155.

Non è il primo naufragio, purtroppo non sarà l’ultimo, ma per qualche motivo quel giorno l’opinione pubblica viene scossa abbastanza da far sì che quell’episodio lanci un dibattito pubblico sui temi dell’accoglienza, e nel 2016 viene quindi stabilita il 3 ottobre come Giornata della Memoria e dell’Accoglienza.

Oggetto appartenuto ai naufraghi © Karim El Maktafi/Zona

Il secolo mobile. Storia dell'immigrazione illegale in Europa

Una storia che spazia dallo sbarco delle truppe africane a Marsiglia nel 1914 fino alla crisi delle ONG a Lampedusa, passando per una lunga serie di tappe drammatiche e significative.

Fotografie appartenute ai naufraghi © Karim El Maktafi/Zona

A Milano questo tema entra nel dibattito pubblico in maniera forte quando nel 2015 dalla Stazione Centrale transitano i migranti provenienti dalla Siria, in quella che viene chiamata “emergenza migranti”, per quanto il termine emergenza andrebbe seriamente messo in discussione. Tra il 2015 e il 2017 il Memoriale della Shoah di Milano ospiterà circa 8500 rifugiati, offrendo nei propri spazi posti letto, docce e tre pasti al giorno, grazie alla collaborazione di Comunità di Sant’Egidio e Betè Avon.

La Fondazione Memoriale non lo fa a caso: parte da quella scritta che si trova all’ingresso e voluta da Liliana Segre, Indifferenza: un muro solido, inamovibile. Spesso diciamo ai visitatori che per visitare il Memoriale è necessario superare, anche fisicamente, il muro dell’indifferenza, compiendo quindi un’azione, una scelta, in direzione uguale e contraria a quella indicata sul muro. Quella parola non è limitata al 1922, 1938 o 1943, tutte date del percorso che porta alla deportazione ebraica e politica sotto il nazifascismo. È una parola che parla all’oggi, a noi, alla nostra di indifferenza. Ed è quindi partendo da questo presupposto che nel pieno dell’esigenza accoglienza la Fondazione decide di muoversi.

Oggetti appartenuti ai naufraghi © Karim El Maktafi/Zona

Storia della Shoah. La crisi dell'Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo. Vol. 2: La memoria del XX secolo.

La percezione e la stessa conoscenza dell'insieme di eventi che va sotto il nome di Shoah sono "come tutti gli eventi storici, ma qui con una portata e con conseguenze eccezionali" il frutto di un insieme articolato e molteplice di rappresentazioni legate alle trasformazioni della memoria, dei quadri culturali e politici di riferimento, delle espressioni artistiche, dei mezzi di comunicazione.

Torniamo a oggi e a quella macchinetta ammaccata: la macchinetta giocattolo di Esrom è uno dei reperti contenuti nella mostra ne “La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo”. Sono oggetti che richiamano una speranza di futuro: documenti e fototessere per una nuova vita, cellulari per parlare con chi è rimasto a casa, giochi per i bambini e santini da tenere in tasca. Recuperati dalla barca naufragata quel giorno di 10 anni fa, non sono stati reclamati da nessuno, e destinati quindi a essere utilizzati a memoria di quella tragedia, e di quelle che sarebbero venute dopo. Questa “collezione” rimane una suggestione delicata, un modo per dare a chi non ha una tomba o una lapide un momento di ricordo, riflettendo sulle condizioni che hanno portato alla loro morte.

La mostra unisce i disegni di Adal Neguse, rifugiato eritreo e fratello di una delle vittime, le fotografie di Karim El Maktafi con protagonisti l’isola e i suoi abitanti – un nome fra tutti quello di Giusi Nicolini, ex sindaca di Lampedusa –una serie di still life degli oggetti recuperati, i corpi di reato, le video interviste di Valerio Cataldi e gli audio dei soccorritori. Ci sono le storie delle vittime e delle loro famiglie, ma anche quella comunità di supporto e aiuto che si è formata per necessità e per spinta puramente umana, al di là delle Istituzioni: gli abitanti di Lampedusa, i pescatori, e chi negli anni ha formato quella prima rete di sostegno che ha significato la differenza tra vita e morte, tra sofferenza e accoglienza.

Gli oggetti, le foto, i disegni, gli audio e i video vivono in un rapporto di botta e risposta con i nomi delle persone deportate tra il 1943 e il 1945 proiettati al Memoriale: due fenomeni profondamenti diversi, ma che allora come oggi sono resi possibili dalla scelta di chi sta attorno e sceglie di non agire, non tendere una mano. Sceglie di non chiedere, non informarsi, non guardare. Perché l’indifferenza è una scelta. Come aiutare è una scelta, salvare è una scelta, supportare è una scelta. E ogni giorno che passa ci dovremmo chiedere da che parte della storia vogliamo stare.

Lampedusa, 2023 © Karim El Maktafi/Zona

I DETTAGLI DELLA MOSTRA


Fino al 31 ottobre | Memoriale della Shoah | Milano
Da lunedì a domenica | 10.00 - 16.00 | Chiuso il venerdì

La mostra, nata da un’idea di Valerio Cataldi, giornalista Rai che da anni si occupa di immigrazione, e di Giulia Tornari, Presidente di Zona, è un progetto di Carta di Roma e Zona, curato da Paola Barretta, Imma Carpiniello, Valerio Cataldi, Adal Neguse e Giulia Tornari, con le fotografie di Karim El Maktafi.

Gli oggetti conservati sotto le teche provengono dall’Università degli Studi di Milano, che ne segue la conservazione e la catalogazione, con Cristina Cattaneo.

© Memoriale Shoah Milano

Per approfondire il tema dell'immigrazione

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