Diario di bordo

Crotone, strage di Stato?

Giovedì 2 marzo 2023

Sicuramente sarà ricordato, il titolo di prima pagina de La Stampa di lunedi primo marzo 2023.
Gridava, a grandi caratteri “UNA STRAGE DI STATO” ed era posto sopra le firme dei due autori, Laura Anello e Niccolò Zancan e l’impressionante foto del palazzetto dello sport di Crotone dagli spalti vuoti e con le sue bare – quelle piccole e bianche in prima fila – sul parquet su cui in genere si gioca a basket
Per chi ha pratica di come funzionano i giornali, quella del direttore Massimo Giannini non deve essere stata una decisione facile da prendere: quattro parole che non lasciano margine al dubbio. Sarà ricordato perché sulla prima pagina di un giornale mainstream, che io ricordi, non sono mai state usate quelle parole nella storia dell’Italia moderna.
E sarà ricordato perché, come sanno i più vecchi, usare il termine “strage di Stato” esponeva chi la pronunciava, o peggio ancora la scriveva, ad essere equiparato a un terrorista o comunque a un asociale, un teppista, un anarchico, un poco di buono, un nemico della patria; e la lista potrebbe essere più lunga.

“Questa è una Strage di Stato”, furono le parole che uno dei pochi anarchici milanesi scampati alla grande retata, pronunciò a proposito della bomba di Piazza Fontana e alla notizia della morte di Giuseppe Pinelli. Era il dicembre del 1969 – più di mezzo secolo fa - , c’erano diciotto morti sul terreno. Ma furono parole isolate; c’era un’altra verità per tutto il resto d’Italia: sono stati gli anarchici Valpreda e Pinelli, perché questa è “la loro natura”.
Non ci fu nessuna crepa, in quel muro; nessun dubbio nella verità ufficiale. Un anno dopo, un piccolo libro, intitolato appunto La strage di Stato contestò la verità ufficiale, dando origine alla “controinformazione”. Cinquant’anni dopo si raggiunse la verità su quella bomba: l’aveva effettivamente messa lo Stato.
Ma era troppo tardi per correggere i libri di storia.

Come tutti, sono rimasto colpito dalla performance dell’attuale ministro degli Interni, il prefetto Matteo Piantedosi.
Più che le sue parole – oscene – mi hanno colpito l’arroganza appena velata, la sua sicurezza di impunità, il suo approccio da questurino, il suo linguaggio, la sua postura. E mi sono ricordato di aver rivisto recentemente, in un materiale di repertorio del tempo che fu, un suo sosia: il questore di Milano Marcello Guida che la notte della morte di Pinelli, intratteneva i giornalisti sulla psicologia degli anarchici (lui li conosceva bene, era stato il direttore del carcere fascista di Ventotene).

Credo che il prefetto Piantedosi pensi che l’Italia sia rimasta ferma a 50 anni fa. Ma, per fortuna, siamo un paese migliore di quanto il ministro degli Interni si immagina.

Libri per approfondire

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