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11 febbraio 1929: Mussolini e Gasparri firmano i Patti Lateranensi

Illustrazione di Anna Claudia Dionne, 2024

Illustrazione di Anna Claudia Dionne, 2024

È una delle sue ultime immagini ufficiali vestito da politico dell’era liberale.

Cravatta, fazzoletto al taschino, capello corto a incoronare la calvizie di uomo di mezza età, sguardo compito, serio, che osserva la firma del cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato Vaticano. Probabilmente una delle ultime fotografie ufficiali di Mussolini ripreso in veste di “semplice” capo del governo e non di Duce del Fascismo e guida della Nazione.

L' interesse superiore. Il Vaticano e l'Italia di Mussolini

Contravvenendo alle periodizzazioni classiche, questo libro racconta la storia dell'incontro tra la Chiesa cattolica e il fascismo partendo dall'infanzia di Benito Mussolini, alla fine del lungo Ottocento, e arrivando al crollo della Repubblica sociale.

Non certo un errore di comunicazione, ma una sorta di presa d’atto del momento storico a cui si sta dando corpo e una concessione al cerimoniale papale che riconosce in Mussolini, in quel momento, “solo” il rappresentante di Vittorio Emanuele III, re per grazia di Dio e volontà della Nazione.

Ripreso dalla prima pagina de La domenica del Corriere che ne fa una vera e propria icona, questo fermo immagine della normalizzazione dei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica dell’11 febbraio 1929 è il primo successo “estero” vantato dal regime fascista; contemporaneamente segna l’atto di nascita del nuovo Stato della Chiesa come realtà geopolitica con una propria, seppur minima, consistenza territoriale, e una volontà di essere soggetto attivo negli affari di politica internazionale. È l’entrata nella modernità della più antica e simbolica istituzione occidentale.

Il Concordato tra Santa Sede e Stato italiano, i Patti Lateranensi, nome del palazzo in cui vengono sottoscritti, segna una svolta nell’assetto della politica di entrambe le realtà coinvolte. Per quanto riguarda l’Italia, come la storiografia ha più volte attentamente sottolineato, si tratta della ricomposizione di una frattura storica tra il regno d’Italia e uno Stato della Chiesa che da esso viene letteralmente fagocitato durante il Risorgimento.

Un allontanamento forzoso, sottolineato dal regime di cattività dichiarato alla presa di Roma, nel 1870, dallo stesso papa, allora Pio IX, e che apre un cinquantennio di tensioni, difficoltà e scontri tra la componente cattolica della società e il nascente stato liberale italiano. Situazione che si trascina fino appunto all’11 febbraio 1929, momento che sancisce la riapertura dei rapporti con un Paese che però ormai liberale non è più.

Seduzione fascista. La Chiesa cattolica e Mussolini 1919-1923

l libro è incentrato sul rapporto iniziale tra la Chiesa cattolica e il fascismo. Ricostruisce il clima sociale e politico dell'Italia tra la Grande Guerra e il dopoguerra, per rintracciare le origini culturali del fascismo, inizialmente molto legato alla cultura combattentistica e al mito della guerra rigeneratrice.

Il regime mussoliniano concede alla Santa Sede spazi e corsie preferenziali in ambito sociale, scolastico e culturale in cambio di un trattamento di favore che fa nascere uno strano connubio, tra Stato e Chiesa. Un’anomalia tutta italiana che rimarrà ambiguamente incistata nella società fino ai giorni nostri.

Alcuni senatori del regno tra cui, ed è una opposizione di peso, il filosofo Benedetto Croce, votano contro la ratifica dei Patti; perfino nello stesso partito fascista, benché già ampiamente “normalizzato”, si levano voci di dissenso al lavoro del duce, ricordando come lo stesso Mussolini si sia vantato di essere, negli anni più barricadieri, un vero e proprio mangiapreti. Ma nonostante le flebili proteste interne il Concordato viene salutato sui giornali come un atto conciliativo e di ripristino della pace nazionale, spianando la strada alla costruzione dell’immagine di Mussolini, già uomo della Provvidenza, e ora Padre della Patria.

In Italia, per ovvi motivi, si è molto discusso degli effetti del Concordato sulla politica e società della Penisola, mentre il dibattito storiografico di livello internazionale ha invece spesso posto l’accento sull’altra riva del Tevere, inserendo i patti lateranensi nella più generale azione di politica estera papale.

La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei

Pio XII è una figura controversa. Da un lato protagonista di azioni riconosciute a tutela delle vittime del nazifascismo, in particolare nei mesi drammatici dell’occupazione di Roma; dall’altro accusato per i troppi ‘silenzi’ a fronte delle notizie drammatiche che arrivavano in Vaticano, già dal 1939, dai territori occupati da Hitler, a partire dalla Polonia.

Quello con l’Italia non è il primo accordo che la Chiesa stipula con stati sovrani dai tempi della presa di Roma del 1870 e la conseguente fine del potere temporale: nel 1922 un trattato di reciproco riconoscimento e di rapporto preferenziale viene stipulato tra Vaticano e Lettonia (1922), poi con le cattolicissime Baviera (1924) e Polonia (1925), nonché con Lituania e Romania (1927).

Ma l’importanza di questo specifico patto risiede in alcune caratteristiche fondamentali che non mancano di generare attenzione tra i contemporanei: prima di tutto con i patti del Laterano la Chiesa cattolica stabilizza il proprio status internazionale, fino a quel momento garantito da delle concessioni unilaterali da parte del Regno d’Italia contenute nella legge delle guarentigie (1871), di fatto mai concordate col papa. Nel 1929, in qualche modo, il Vaticano rientra a far parte del consesso degli Stati sovrani dopo essere rimasto per sessant’anni in una sorta di limbo giuridico.

Il secondo aspetto da valutare è che la Chiesa di Pio XI si accorda con un’Italia che è già compiutamente fascista, di fatto riconoscendola come modello sociale con cui è lecito rapportarsi. Il papa prende atto di un nuovo modo di intendere la società che si stacca dal modello laico liberale, quest’ultimo, peraltro, più volte criticato dalla stessa Chiesa. In più il modello fascista si pone in conflitto antitetico con quello che nel 1929 è ormai da un decennio il nemico giurato delle Chiese, non solo quella cattolica: l’ateismo di Stato bolscevico.

I Patti lateranensi in questo contesto non possono essere letti come la semplice risoluzione dell’annosa questione romana, ma rappresentano una dichiarazione di intenti più vasta a livello di politica internazionale che ha implicazioni che peseranno su tutto il Novecento e oltre.

La firma del cardinal Gasparri è una delle tappe fondamentali per la costruzione del muro di contenimento anticomunista che la Curia cattolica immagina di erigere dal momento in cui le grandi ideologie di massa prendono piede nella società europea divenendo concorrenziali rispetto alla posizione di dominanza culturale della Chiesa.

Come ricorda lo storico David Bidussa nel suo La misura del potere, non è possibile comprendere la politica della Santa Sede rinchiudendola in una prospettiva italocentrica: quello che avviene anche attraverso i Patti Lateranensi è un chiaro posizionamento dell’istituzione cattolica contro il possibile propagarsi del bolscevismo. In questa ottica è ancora più chiara la strategia di riconoscimento e sostegno dei paesi alla frontiera sovietica, come Lituania, Lettonia, Polonia e Romania, o il consolidamento di un rapporto privilegiato con una terra, la Baviera, che nel 1919 aveva visto la nascita di una effimera Repubblica dei Consigli (Soviet) nel cuore cattolico d’Europa.

La misura del potere. Pio XII e i totalitarismi tra il 1932 e il 1948

I decenni più neri dell'Europa: tra gli anni Trenta e l'inizio della guerra fredda. Un tempo in cui tutto cambia e anche la Chiesa deve confrontarsi con i nuovi poteri via via emergenti: prima i totalitarismi europei, poi le due superpotenze del mondo bipolare.

Il fascismo italiano, così apertamente antibolscevico – ma non abbastanza dal non mantenere contatti diplomatici con l’URSS, ufficialmente riconosciuta dall’Italia già nel 1921 – sembra un ottimo baluardo attorno a cui costruire una trincea di contenimento e riscossa nei confronti di un regime che vede la religione come oppio dei popoli. Il culmine di questa strategia sarà la firma di un concordato analogo a quello italiano con la Germania hitleriana il 20 luglio 1933, nemmeno sei mesi dopo l’insediamento di Hitler nella carica di cancelliere (e quando già il campo di concentramento di Dachau era in funzione da quattro mesi).

La Chiesa cattolica di Pio XI e ancora più quella di Pio XII, il cardinal Pacelli che di Pio XI era stato segretario di Stato, ha una visione chiara delle proprie necessità di sopravvivenza secolare e il fatto che esse vengano a coincidere con alcune politiche dei totalitarismi europei non sembra d’intralcio all’azione diplomatica della Chiesa.

Lo si vede bene durante la guerra civile spagnola, quando solo le fasciste Italia e Germania si schierano apertamente dalla parte degli insorti di Francisco Franco che combattono al grido di Arriba España y Viva Cristo Rey!, mentre l’URSS appoggia la repubblica atea e le democrazie mature del continente rimangono sostanzialmente paralizzate da una politica di non intervento.

Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell'epoca dei fascismi

L'ascesa al potere in Europa dopo la Grande Guerra dei regimi totalitari, portatori di concezioni dell'uomo e della vita contrarie alla dottrina e all'etica cristiane, obbligò le Chiese e i credenti ad affrontare il problema della compatibilità tra totalitarismo e cristianesimo.

Certo, l’evoluzione brutale dei regimi totalitari è vista con imbarazzo se non con repulsione dalle gerarchie ecclesiastiche: Pio XI si rifiuta platealmente di incontrare Hitler in visita a Roma nel 1938. Ma al di là di questi atti espliciti le alte gerarchie ecclesiastiche mantengono il loro mirino puntato non contro i fascismi, bensì contro quello che ritengono il loro nemico giurato per tutta la durata della guerra e oltre, il comunismo. Gli autoritarismi europei sembrano una realtà complessa da gestire ma a volte funzionale ai progetti geopolitici papali. Quando la Seconda guerra mondiale spazza via i principali regimi di destra dal continente europeo, la Chiesa mantiene i propri rapporti con le dittature rimaste in piedi, come quelle spagnola e portoghese, proseguendo al contempo la propria politica anticomunista.

Il primo luglio 1949 Pio XII, pontefice la cui posizione nei confronti dell’Olocausto è tutt’ora al vaglio degli storici, approva il decreto del sant’Uffizio che scomunica i comunisti italiani e chi li appoggia, con una chiara ingerenza negli affari interni alla politica italiana. Un atteggiamento chiaro che viene mantenuto per tutta la Guerra fredda, in Italia e fuori, attraverso l’azione diplomatica e non solo. Basti ricordare l’acceso e attivo anticomunismo di Giovanni Paolo II, che però dimostra atteggiamenti ben più indulgenti con figure dell’autoritarismo di estrema destra come Augusto Pinochet.

I Patti lateranensi possono oggi essere letti come il simbolo del difficile rapporto tra un’istituzione che vede se stessa come universale, la Chiesa cattolica, e realtà secolari contingenti che però detengono un potere di fatto. Un compromesso, non sempre indolore, con cui chi ha l’ambizione di sopravvivere ai secoli pare spesso costretto ad avere a che fare.

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