Nessun uomo politico statunitense ha avuto tante copertine, foto e servizi su quotidiani e settimanali quanto John Fitzgerald Kennedy, a partire dagli anni della sua presenza nel Congresso (1947-53 e in Senato, 1953-60), poi alla Casa Bianca (1961-63) e ancora dopo la sua morte tragica avvenuta il 22 novembre 1963 a Dallas.
Il suo assassinio lo ha consegnato al martirologio nazionale. Ma la mediatizzazione che in vita ne ha fissato l’immagine pubblica ha fatto velo sulla sua vicenda più propriamente politica. Non sono solo le opere che fanno la storia, lo sono anche i miti e le leggende. E nella vicenda umana e pubblica di Kennedy, nell’intreccio tra fatti e leggenda, la leggenda ha prevalso a lungo. Ci sono voluti anni perché la fantasia di “Camelot” e di JFK come Re Artù lasciasse spazio alle valutazioni critiche del suo operato di politico.
I proiettili che il 22 novembre 1963 assassinarono a Dallas John F. Kennedy colpirono al cuore l'America e sconvolsero il mondo intero. Nel settembre 1964, al termine di dieci mesi di indagini, la commissione governativa istituita per far luce sulla morte di JFK giunse alla conclusione che Lee Harvey Oswald, l'uomo che aveva sparato a Kennedy, era un individuo «disturbato» e che l'omicidio non poteva in alcun modo essere l'esito di un complotto ordito da potenze straniere. È andata davvero così?
La costruzione mediatica aveva preceduto la sua elezione alla presidenza. Nel 1946, il ventinovenne Kennedy era stato eletto alla Camera dei rappresentanti. Nel 1953, il matrimonio tra la giovane ricca aspirante giornalista Jackie Bouvier e il giovane ricchissimo uomo politico fu celebrato in gran pompa a Boston (e fece epoca la festa di nozze con più di mille invitati).
Allora, a trentaquattro anni, “Jack” era già senatore da un anno. Nel 1956 pubblicò un libro (in realtà scritto in gran parte da Ted Sorensen, come emerse in seguito) che sarebbe diventato un bestseller e l’anno successivo avrebbe vinto il Premio Pulitzer. Nel ’58 fu rieletto al Senato e nel 1960 la sua predestinazione politica raggiunse il traguardo finale, la Presidenza.
È stato il più giovane presidente eletto della storia nazionale (e anche il primo cattolico). A posteriori, dopo che anche il fratello minore e senatore Robert fu ucciso nel ’68 durante la campagna per le presidenziali, furono in molti a vedere anche la morte violenta nella predestinazione (per approfondire il rapporto fra i Kennedy, puoi leggere la recensione del libro I fratelli che volevano cambiare il mondo). E forse è stato anche per questo che l’ultimo dei fratelli, Ted, evitò sempre la candidatura presidenziale nel corso della sua lunghissima carriera di senatore.
La fisionomia politica di Kennedy si era formata nel contesto della Guerra fredda e dell’anticomunismo. In questo, nel 1960, non era molto diverso dal suo antagonista Nixon. Ma JFK portava sulla scena pubblica una spigliatezza da giovane ricco e sicuro di sé che mancava al rivale. Nixon impersonava la continuità con il conservatore Eisenhower, di cui era stato vice; invece Kennedy, con il suo slogan della «Nuova frontiera», fece appello allo spirito con cui i «giovani nel cuore» esprimevano volontà e speranza di rinnovamento. Vinse di poco. E nei suoi “mille giorni” la sua politica interna non fu all’altezza delle aperture promesse.
Due fratelli uniti dalla stessa passione politica e dalla spinta verso la libertà. L’ambizione di cambiare l’America e il mondo intero. La storia di un sogno che sembra infranto, ma non lo è.
Furono due, tuttavia, le iniziative che indussero molti a pensare che il moderato Kennedy si sarebbe potuto spostare su posizioni liberal. La prima fu l’istituzione nel 1961 di una Commissione sulla condizione delle donne, presieduta da Eleanor Roosevelt, che nel suo rapporto finale del ’63 descriveva le molte forme della subalternità sociale femminile e conteneva l’esplicito “invito ad agire” per annullarne ne cause. La seconda fu l’annuncio di una legge sui diritti civili, intesa a cancellare la vergogna della segregazione razziale e del razzismo. Dopo la sua morte, fu Lyndon Johnson a vararla, come parte dei suoi progetti di riforma della Great Society.
Sul terreno dei rapporti internazionali le prove a cui Kennedy fu chiamato non furono agevoli e le scelte non sempre felici. Nel 1961 fece lo sbaglio di sostenere l’invasione, fallita miseramente, della Cuba castrista. Recuperò credibilità un anno dopo nella “crisi dei missili”. Per fermare l’installazione di basi missilistiche a Cuba, Kennedy istituì un blocco attorno all’isola per impedire l’arrivo delle navi sovietiche che portavano i missili. Lo scontro appariva inevitabile, ma fu evitato in extremis. Lo scambio negoziale Kennedy-Krusciov portò da un lato al ritiro dei missili e dall’altro all’impegno a rispettare l’indipendenza di Cuba (e nel ‘63, in una sorta di corollario dilazionato, Stati Uniti e URSS firmarono il primo accordo per la limitazione degli esperimenti nucleari).
Nello stesso anno, però, Kennedy incrementò gli aiuti politico-militari ai governi sudvietnamiti, in guerra contro i partigiani locali e il Vietnam del Nord comunista. Sono state molte le ipotesi sui passi ulteriori che avrebbe fatto se fosse rimasto in vita. Nei fatti, la strada da lui imboccata fu quella che Johnson percorse poi fino in fondo, con la escalation e il disastroso intervento militare diretto.
Che cosa rimane di JFK? Lo stile, il sorriso e l’informalità dei modi, naturalmente. Un’attenzione per le immagini “domestiche” di sé, della propria cerchia familiare e della Casa Bianca come luogo di lavoro al servizio del paese che gli fecero conquistare la fiducia dei cittadini. Non uscì dall’alveo moderato della politica statunitense (Johnson se ne allontanò molto di più, nel bene e nel male, in patria e fuori), ma la sua apertura mentale gli fece vedere come positive le brecce che i giovani, neri e bianchi, avevano aperto nelle mura del conformismo degli anni Cinquanta, troppo spesso segnato da ipocrisia e moralismo. E in risposta alle loro inquietudini socchiuse aprì porte verso un futuro possibile di giustizia sociale. Verso il “dopo” che gli fu precluso.
Di
| Nutrimenti, 2022Di
| Rai Libri, 2023Di
| Mondadori, 2023Di
| Baldini + Castoldi, 2023Di
| Mattioli 1885, 2017Di
| Donzelli, 2009Di
| Oaks Editrice, 2023Di
| Castelvecchi, 2013Di
| Carthago, 2020Di
| Oaks Editrice, 2017Di
| Feltrinelli, 2022Di
| Sperling & Kupfer, 2014Di
| Einaudi, 2016Di
| Marsilio, 2021Di
| EL, 2017Di
| Feltrinelli, 2023Di
| Feltrinelli, 2020Di
| Giunti Editore, 2010Di
| DeriveApprodi, 2020Di
| ShaKe, 2005Gli altri approfondimenti
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