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Cosa si intende per "resistenza climatica"

Se avete letto qualche articolo o testo riguardante la crisi climatica negli ultimi anni, vi sarà capitato di incontrare più volte il termine “resilienza”. Secondo il Vocabolario Treccani, in psicologia la resilienza è la “capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, etc.” La parola può essere interpretata come un’alternativa a “resistenza”, che è invece un termine che fa riferimento più a un’opposizione o quasi un’ostinazione. Diversamente, la resilienza è interpretabile come una capacità di sopravvivere e vivere bene adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente circostante. Il termine è facilmente applicabile alle riforme richieste per far fronte alla crisi climatica, siano esse su piccola scala, dall’individuo ai gruppi o anche alle politiche aziendali, o larga scala, come le politiche nazionali.

L’esempio più noto in Italia dell’utilizzo del termine è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ovvero il piano per utilizzare il fondo europeo NextGeneration EU, stanziato dopo i lockdown per il Covid 19. Sebbene fosse stato pensato in risposta alla pandemia, aveva assunto un’importanza simbolica e, sulla carta, anche pratica per la risposta alla crisi climatica. Già nelle prime stesure il Piano non era granché ambizioso dal punto di vista del clima e dell’ambiente, sicuramente non quanto la scienza del clima richiede ai Paesi industrializzati. Ma il governo Meloni ha dato il colpo di grazia alle poche misure decenti sulle problematiche ambientali e sociali: adducendo come scusa l’impossibilità di riuscire a utilizzare i fondi europei entro la data di scadenza posta dall’Unione Europea, il governo ha tagliato progetti su clima e ambiente per un totale di 16 miliardi di euro di finanziamento. Paradossalmente tra le misure tagliate c’erano anche quelle per la gestione del rischio di alluvione, che, dopo le inondazioni di maggio in Emilia Romagna, dovrebbe essere tra le priorità del governo.

I tagli al PNRR sono solo un esempio di come il governo attuale si sta muovendo per quanto riguarda la crisi climatica. La risposta dei movimenti per il clima non si è fatta attendere. Mentre Extinction Rebellion e Ultima Generazione hanno intensificato le loro azioni di disobbedienza civile dal punto di vista pratico, il movimento Fridays For Future ha indetto uno sciopero nazionale per il 6 ottobre 2023 con lo slogan “Resistenza Climatica”. L’utilizzo del termine resistenza assume diverse connotazioni e risponde in primo luogo all’abuso della parola resilienza da parte di aziende, amministrazioni e governi che, in fin dei conti, hanno utilizzato l’espressione per fare greenwashing.

La resistenza di cui parlano le attiviste e gli attivisti fa riferimento soprattutto alla coesione necessaria per pretendere dei cambiamenti radicali e seri da chi è al potere. Richiama indubbiamente la resistenza partigiana, nata dall’unione di persone che avevano diverse visioni politiche ma una lotta unica: quella contro un regime che aveva portato a ingiustizia, morte e distruzione. I movimenti per il clima in questo momento stanno rispondendo a un’altra crisi che sta causando ingiustizia, morte e distruzione. E la lezione storica che prendono guardando al passato è che la risposta nasce dal basso e che dai territori deve creare una risposta spontanea di comunità che si indignano e si oppongono.

Forse sono proprio l’indignazione e la rabbia che mancano alla popolazione italiana in questo momento. Sicuramente la mancanza di informazioni affidabili sulla crisi climatica e il crescente spazio dato a negazionisti e dilazionisti (coloro che non negano apertamente la crisi climatica, ma che cercano di ritardare le misure necessarie ad affrontarla) sui media non aiutano.

Sempre dal punto di vista mediatico, la polarizzazione tra persone “normali” e attivisti (spesso denominati vandali, teppisti o addirittura terroristi) ha giustificato una repressione sempre più intensa da parte delle forze dell’ordine, nonostante l’attivista non sia altro che una persona “normale” preoccupata per l’inazione delle istituzioni. La resistenza invocata da Fridays For Future per lo sciopero del 6 ottobre 2023 risponde a questi tentativi di spostare l’attenzione e spazzare la polvere sotto il tappeto.

La sfida della nuova resistenza climatica sarà quindi di dare una scossa all’opinione pubblica e alla cittadinanza e creare coesione laddove c’è disinteresse e individualismo.

 

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