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L'omaggio a trent'anni dalla morte di Rudolf Nureyev

Immagine tratta dal libro  "Nureyev. La vita" di Julie Kavanagh,  La nave di Teseo, 2019

Immagine tratta dal libro "Nureyev. La vita" di Julie Kavanagh, La nave di Teseo, 2019

Uno pensa sempre d'aver dato più di quel che ha ricevuto, ma per dare bisogna aver qualcosa dentro

Rudolf Nureyev

Dentro di sé, Rudol'f Chametovič Nureev, conosciuto al mondo come Rudolf Nureyev, aveva ben più di qualcosa, e lo ha dimostrato con i trent'anni di brillante carriera come miglior ballerino e coreografo del Novecento.
Per non dire di sempre.

La sua avventura è iniziata dove meno potremmo aspettarcelo: sul vagone di un treno della ferrovia Transiberiana in cui è stato dato alla luce, ma possiamo definirla come una precoce metafora della vita che lo stava aspettando, colma di viaggi e teatri in ogni parte del mondo.

La prima volta che capì di voler diventare un ballerino fu nel 1944, a soli 6 anni, quando ebbe l'occasione di veder ballare l'étoile Zajtuna Nazretdinova nel teatro di Ufa, il povero villaggio della Baschiria vicino al quale viveva insieme alla famiglia. 

Il suo impegno in gruppi amatoriali di danza e i primi saggi attirarono l'attenzione di importanti insegnanti del settore, ma sebbene il suo talento fosse più che evidente, a causa delle precarie condizioni economiche non riuscì a frequentare una vera scuola di danza fino al 1955.
L'Accademia di danza Vaganova a San Pietroburgo, una delle scuole di balletto più famose al mondo, gli spalancò le porte nonostante avesse già 17 anni, e in soli tre si diplomò come Maestro di Danza.

Dalla sua entrata nelle Compagnie di Balletto, prima fra tutte quella del Teatro Kirov che consacrò il suo esordio in Laurencia, diventò in breve tempo uno dei ballerini più conosciuti dell'Unione Sovietica. Da Il lago dei cigni a Giselle, lavorò con le migliori ballerine del momento, per poi approdare a Vienna e successivamente all'Opéra di Parigi.

Il suo carattere verrà descritto dai conoscenti, colleghi e amici, come difficile, irascibile e ribelle.
Un chiaro esempio è il modo in cui si oppose all'imposizione del KGB di lasciare Parigi e tornare in Russia, poiché giudicate riprovevoli le sue frequentazioni con gli occidentali: fuggì, chiedendo asilo politico al Governo francese
Tale comportamento gli costò la condanna per alto tradimento e l'impossibilità di rientrare nell'Unione Sovietica.

Dalla Francia all'Italia, esordì come coreografo per il Teatro alla Scala di Milano, interpretando inoltre Lo schiaccianoci a fianco di Carla Fracci e Liliana Cosi.

Nella lista di viaggi aggiunse gli Stati Uniti, che oltre a vederlo collaborare con la Metropolitan Opera House di New Yourk, lo consacrarono a divo e affascinante icona di stile.
Come tale, non restò di certo fuori dal giro di gossip: conosciute sono le sue relazioni con nomi del taglio di Freddie Mercury e le sue importanti amicizie con Maria Callas, Jackie Kennedy, Andy Warhol e Liza Minnelli. La più importante e duratura sarà quella con Margot Fonteyn, la miglior ballerina inglese di sempre, con la quale collaborò fino alla fine della sua carriera.

Il ritorno in patria di Nureyev fu solo nel 1987, per concessione del presidente Gorbacev. Qui ebbe la possibilità di salutare i familiari prima che l'AIDS facesse il suo triste ingresso nella vita del ballerino.

Nonostante la malattia, si esibì fino a che le forze glielo consentirono.
Il 6 gennaio 1993 morì nella sua Parigi e lì venne seppellito, sulle note di Giselle.

Oltre ad essere uno dei ballerini più talentuosi e conosciuti di tutti i tempi, egli fu anche il precursore di un nuovo approccio in grado di abbattere il confine tra balletto classico e danza moderna, garantendo che venisse riconosciuta nel balletto la giusta importanza anche ai ruoli maschili.
Un tributo, il nostro, ad una grande eredità.
La sua.

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Di Bertrand Meyer-Stabley | Lindau, 2017

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Di Roberta AlbanoElisabetta Testa | Gremese Editore, 2020

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