Mercoledì 8 marzo 2023
È con molto piacere che vi segnalo un libro che ho appena finito di leggere (a rotta di collo).
Si intitola Un uomo di poche parole e l’autore è il giovane storico torinese Carlo Greppi.
Di cosa si tratta? È una storia fantastica, adatta a tirar su il morale in tempi difficili come quelli odierni.
Dunque si tratta di Primo Levi, il più grande scrittore italiano della seconda metà del Novecento, l’autore di Se questo è un uomo, libro sulle sue esperienze di deportato nel campo di sterminio di Auschwitz. Non mi dilungo sulla profondità filosofica del libro, che è la descrizione dell’abisso cui può giungere la condizione umana, perché credo che tutti la conoscano. Ma il lavoro di Greppi aggiunge a quella storia un nuovo tassello, approfondendo un episodio che compare in poche righe del libro di Levi e ha sempre rappresentato per gli studiosi un piccolo grande enigma.
Primo Levi, infatti, racconta di dovere la vita a un uomo che casualmente (e pericolosamente) era venuto a conoscere durante la sua detenzione, un operaio piemontese che lavorava appena al di là del perimetro del campo di Auschwitz come “operaio militarizzato”.
Quest’uomo “di poche parole” gli diede da mangiare per mesi – sfidando la fucilazione - attraverso il filo spinato.
Gli diede, in sostanza, le calorie necessarie per sopravvivere. Si chiamava Lorenzo Perrone, era un muratore di Fossano, in provincia di Cuneo, senza educazione o cultura, senza particolari convinzioni politiche o religiose.
Perone era arrivato, per il destino che perseguita gli umili, a guadagnarsi il pane all’ombra della più grande macchina di morte che la storia abbia mai costruito.
Carlo Greppi è andato alla ricerca di quest’uomo che con Primo Levi scambiò nei lunghi mesi della prigionia solo poche parole, ma che era rimasto nel cuore dello scrittore tanto da fargli decidere di chiamare con il suo nome i suoi due figli, Renzo e Lisa Lorenza.
Greppi l’ha seguito nella sua giovinezza violenta di operaio migrante in Francia, in Germania, fino in Polonia; poi nel suo ritorno dalla guerra, certo non da vincitore, nella povera e breve vita vissuta prima di morire di tubercolosi e, infine, nel riconoscimento postumo che gli venne conferito come Giusto tra le Nazioni al memoriale israeliano di Yad Vashem.
Non voglio svelarvi molto di più, perché questo libro non solo è un piccolo gioiello nella storiografia della deportazione e dell’Olocausto, ma è anche un giallo, da cui non riuscirete a staccarvi. Alla fine, non scoprirete l’assassino, ma il più inaspettato dei Giusti. Non scoprirete il Male, ma il Bene.
Di
| Laterza, 2023Di
| Einaudi, 2014Di
| Einaudi, 2014Di
| Feltrinelli, 2013Potrebbero interessarti anche
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