Sappiamo ancora viaggiare? Lo sanno fare i nostri ragazzi? Viaggiatori non ci si inventa ma ci si può allenare a esserlo. E tanto vale farlo con i migliori: Erodoto e Indiana Jones. L’archeologo creato da Lucas e Spielberg è ora nelle sale di mezzo mondo con Il quadrante del destino, mentre In viaggio con Erodoto di Ryszard Kapuściński è un reportage che dovrebbe stare dentro ogni zaino.
Quando il reporter polacco Ryszard Kapuściński, a metà degli anni ’50, aveva chiesto alla sua caporedattrice di essere mandato in missione all’estero non aveva in testa paesi esotici e panorami sconfinati. Il desiderio che lo attraeva e turbava al tempo stesso era un sogno molto piccolo: la pura e semplice azione di varcare la frontiera. A lui sarebbe bastato arrivare a Praga, non in India o in Cina. Tutto lì. Certo, per un giovane che viveva in un paese appena uscito dallo stalinismo, il superamento del confine era di per sé una sfida, ma forse il reporter aveva già messo a fuoco che, in assoluto, il senso del viaggio era in quel gesto essenziale, in quell’andare oltre.
Germania, Stati Uniti, Grecia, Italia, Marocco… Indiana Jones invece balza da una frontiera all’altra senza sforzo, non c’è conquista nell’attraversamento ma la naturalezza del videogioco. Forse perché per Indy l’esplorazione vera è quella che travalica il tempo e non lo spazio. Perché un archeologo, se vuole scoprire qualcosa non può che muoversi sull’asse temporale, immergersi negli studi fino a diventare parte del mondo antico in modo da riuscire a incontrare Archimede e mettersi finalmente a fare indagini con lui.
Ma in questo Jones e Kapuściński sono simili più di quanto verrebbe da pensare, usano le fessure spazio-temporali come nei film di Christopher Nolan, perché il reporter, nel suo rigore e nella sua serietà, ha come unico e vero compagno di viaggio un signore nato ad Alicarnasso tra il 490 e il 480 a.C., Erodoto appunto. Il tomo delle Storie di varie centinaia di pagine lo accompagnerà in Asia e in Africa, gli insegnerà come un buon maestro a raccogliere i dati, a confrontarli e metterli poi in discussione, a fare quello insomma che devono fare i giornalisti ma anche i viaggiatori veri.
In questa estate c’è una gran voglia di tornare a viaggiare sul serio dopo l’astinenza degli anni scorsi, ma siamo sicuri di ricordarci come si fa? Lo sa fare davvero questa generazione cresciuta a sushi e a voli low cost? La frontiera per i giovani di sicuro si è spostata o quantomeno ha cambiato faccia.
Nel suo primo viaggio in India Kapuściński raccontava meraviglia pura ma anche senso di inadeguatezza: non parlando inglese, né tantomeno un dialetto indiano, sentiva di non avere il grimaldello per conoscere quelle popolazioni. Non dare un nome alle cose voleva dire non afferrale.
Adesso i ragazzi vanno dappertutto senza neanche immaginarsi la lingua come una barriera, non solo perché la generazione Erasmus padroneggia l’inglese da quando si è tolta il biberon ma anche perché viaggia con l’app di traduzione che gli consente di ordinare in un ristorante turco o di avvicinare un ragazzo o una ragazza con le frasi scritte in lituano sullo smartphone. Ma non è solo questo. Tutto pare già visto. Tra le serie TV su ogni piattaforma con location riprese in ogni angolo di mondo e Google Earth che ti consente di anticipare l’incontro con ogni territorio, questi ragazzi hanno la funzione preview piantata in testa. Quello che noi della generazione precedente provavamo arrivando a New York ̶ l’idea di un posto già visto per quante immagini lo avevano preceduto nel nostro immaginario ̶ per loro si estende a mezzo pianeta.
Nessuna nostalgia, ogni generazione, ogni epoca ha trovato il suo modo di mettersi in viaggio, se l’uomo ha superato l’avvento della TV, supererà anche questo. Solo che la frontiera oggi è proprio un’altra rispetto al passato e attraversarla richiede un altro passo.
Ci vogliono attrezzi giusti e personal trainer all’altezza, proprio come In viaggio con Erodoto. Kapuściński, per esempio, ci invita ad afferrare le storie, le origini, i miti perché fanno parte del kit del viaggiatore tanto quanto la geografia e la lingua. Ci dice un’altra cosa, che sta agli antipodi dei soggiorni usa e getta: il viaggio si espande. Comincia con la preparazione e prosegue all’infinito nei ricordi, si moltiplica in ogni libro, in ogni guida che leggiamo e che leggeremo per perpetuare l’esplorazione di città, montagne, deserti e popolazioni che ci sono rimasti dentro. Questo è il cambiamento, questo è attraversare la frontiera davvero per incontrare chi è diverso da noi e rimanerci in contatto al di là di ogni folklore.
Di
| Feltrinelli, 2013Di
| Adelphi, 2003Di
| Corbaccio, 2022Di
| Einaudi, 2019Di
| Edizioni Clichy, 2022Ti potrebbero interessare
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