Scelti per voi

Cose che non voglio sapere di Deborah Levy

Quando mi accingo a scrivere un libro io non mi dico «Voglio produrre un'opera d'arte». Lo scrivo perché c'è qualche bugia che voglio smascherare, qualche fatto su cui voglio attirare l'attenzione, e il mio primo pensiero è quello di farmi ascoltare.

George Orwell, Perché scrivo

In Perché scrivo, il primo della sua serie di saggi sulla letteratura, George Orwell racconta il proprio viaggio per diventare un autore e il percorso che lo ha portato dallo scrivere poesie e racconti, ai saggi e romanzi per cui lo ricordiamo. Lo scrittore ritiene che siano quattro le grandi motivazioni che inducono a scrivere in prosa: puro semplice egoismo, entusiasmo estetico, impulso storico e intento politico.

Questa famosa lista nel 2013 è diventata per Deborah Levy il punto di partenza per una sequenza di riflessioni sulla vita di chi scrive.

Cose che non voglio sapere è il primo capitolo della sua “Autobiografia in movimento” e si snoda al tempo delle motivazioni Orwell.

4 capitoli, tre luoghi del mondo e tre diverse fasi della vita.

Cose che «non» voglio sapere

In un momento difficile della sua vita, Deborah Levy si mette in viaggio. Si sente in balìa di forze ineluttabili che l’hanno spinta verso destinazioni non scelte, e così decide di stabilirsi a Maiorca per intraprendere, nell’intimità che solo un paese straniero può offrirle, un cammino intellettuale ed emotivo nel solco tracciato da Virginia Woolf, Simone de Beauvoir e Marguerite Duras.

1. Finalità politica

La vita è complicata, Deborah lotta con il proprio destino, piange soprattutto sulle scale mobili delle stazioni. Non riesce a vedere dove può andare, allora fugge a Maiorca - paese straniero, già percorso da Virginia Woolf, Simone de Beauvoir e Marguerite Duras - per scrivere il suo nuovo libro e indagare le ragioni profonde della propria identità di donna

 2. Impulso storico

Molti anni prima, nel Sudafrica dell’apartheid, Deborah ancora bambina vede intorno a se le ingiustizie, le vive sulla propria pelle, le conosce, anche se non vorrebbe e non sa come raccontarle. 

Mi era stato detto di esprimere i miei pensieri ad alta voce e di non tenerli solo nella testa, ma io decisi di scriverli. Erano le cinque di mattina e sentivo Rory abbaiare alle rane dello stagno. Presi una biro e provai a scrivere i miei pensieri. Le parole che uscivano dalla biro e finivano sulla pagina erano più o meno tutte le cose che non volevo sapere.

3. Puro egoismo

Lasciato il Sudafrica per ragioni politiche, Deborah si trova a vivere in Inghilterra, dove, adolescente, scarabocchia sui tovaglioli nei caffè di Londra, inventando tutto man mano che procede, desiderando con tutto il proprio cuore di diventare una scrittrice.

Scrivere mi faceva sentire più saggia di quanto non fossi in realtà. Saggia e triste. Era così che pensavo dovessero essere gli scrittori. E comunque, triste ero triste, molto più triste delle frasi che scrivevo. Ero una ragazza triste che impersonava una ragazza triste

4. Entusiasmo estetico

Torniamo a Maiorca e facciamo chiarezza. La Levy racconta la ricerca della propria voce, un percorso in salita dove l’amore è un appiglio labile e transitorio, e gli ostacoli si chiamano casa, società, patriarcato. Scopre che le scale mobili erano state descritte per la prima volta al mondo moderno come un “trasportatore infinito”.

Forse quando Orwell descriveva l’egoismo puro come una qualità necessaria per uno scrittore, non pensava all’egoismo puro di una scrittrice. Anche la scrittrice più arrogante deve sforzarsi costantemente per costruire un ego abbastanza robusto da permetterle di superare gennaio, per non parlare di dicembre.

La Levy non è in disaccordo con Orwell: lo cita e gli rende omaggio con molta meno razionalità, come d’altronde è la sua volontà di scrivere.
Per lei infatti la scrittura è uno strumento fondamentale di ricerca e ricognizione: nell’avventura che Levy, con una scrittura fluida e bellissima, da bere poco a poco, percorre a ritroso alla ricerca dell’autenticità e del desiderio. Diventa sempre più chiaro che quello stesso atto - la scrittura - che per Orwell nasceva dal desiderio di farsi ascoltare, per Deborah Levy è invece il posto sicuro, il luogo dove la voce abita e dove bisogna recarsi per ricordarsi chi si è, un trasportare infinito, appunto, per ritrovare le cose che vogliamo, ma soprattutto quelle che non vogliamo sapere.

Per diventare scrittrice avevo dovuto imparare a interrompere, ad alzare la voce, a parlare un po’ più forte, e poi ancora più forte, e poi a parlare semplicemente con la mia voce, che non è affatto forte.

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autore

Deborah Levy (1959) è una scrittrice, poetessa e drammaturga. Nata in Sudafrica, ma si è poi trasferita vive in Inghilterra. È autrice di romanzi molto apprezzati dalla critica e dal pubblico, come A nuoto verso casa (2014), romanzo finalista al Man Booker Prize, e Come l'acqua che spezza la polvere (2018), entrambi editi in Italia da Garzanti.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente