Stiamo quasi sempre zitti, ora, insieme. Ce ne stiamo quasi sempre zitti, perché abbiamo cominciato a sotterrare i nostri pensieri, bene in fondo, bene in fondo dentro di noi. Poi, quando riprenderemo a parlare, diremo solo delle cose inutili
Questo è un libro per chi non ha più le parole da dire.
Pagine per chi risponde niente quando viene chiesto a cosa si pensi, cosa si faccia, cosa si abbia dentro. Niente.
Perché sembra niente quello che succede in queste centinaia di pagine: persone qualsiasi, in vite qualsiasi. Ma ci sono famiglie che vengono allattate con quel niente – un latte infido, fatto di silenzi e logorii sottili, che si insinuano nel ventre, nel seno.
In questo romanzo, scritto durante il soggiorno di Natalia Ginzburg a Londra e uscito per la prima volta nel 1961, è racchiuso il senso delle storie di famiglia: la presenza degli anziani e il venir su dei giovani, quel loro crescere diversi da quanto ci si sarebbe aspettato, l'allacciarsi e il mutare degli amori, delle amicizie e delle antipatie, tutte cose che l'autrice esprime con un ardore senza uguali e un'assorta caparbietà, quasi per sottrarle alla devastazione e alla perdita.
Ginzburg sa bene che niente è tutto e che a volte, per capire una storia, una scelta – e ancor di più la non scelta di una persona – bisogna scendere nel passato: si è minatori e non c’è scampo. Le voci della sera sono litanie di paese, impasti con il luogo in cui nasciamo, le dicerie che pesano: per quanto ripudiata, lasciata, rinnegata, quell’aria non sguscia di dosso. Voci che tornano e non danno tregua: sono le determinazioni nelle risposte di nostro fratello, sono le congiunzioni con un albero genealogico che continua a mettere radici nello stesso terreno – quello che altri con lo stesso sangue sono, e noi no.
E io? che effetto ti ho fatto, nella tua cornice, io?
Anche l’amore deve pagare il conto, diventando una voce della sera.
Risente degli spazi che non vengono esplorati, del bene che non si riconosce e di quello di cui ci accontentiamo, del suo esistere a singhiozzi. Ginzburg delinea i percorsi di una famiglia, passando tra i suoi amori e le sue cadute, per arrivare a toccare una persona – una soltanto – il cui stare al mondo sarebbe inspiegabile senza le storie degli altri: ma in quale misura? E se la misura c’è, qual è il suo limite?
La dinamica di questo libro è scandita dalla difficoltà di inserirsi in un quadro famigliare che non è quello di appartenenza, sperando che l’amore, o qualcosa di simile, possa sciogliere i nodi.
Vai via, così, senza piangere, senza versare nemmeno una lacrima. Vai via con gli occhi asciutti, bene aperti, calmi. Perché non vale la pena di versar lacrime. E io voglio ricordarti così
Ricordare così: guardare chi si sarebbe potuti essere senza i ricatti del sangue, della terra, dello scorrere degli altri – la valanga.
Le voci della sera: l’eco perso nel vuoto, il bisbiglio per un’opportunità di salvezza.
La voce della sera: il niente da cui veniamo.
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