La serva di Emmaus
(Un quadro di Velasquez)
Lei ascolta, ascolta, trattenendo
il fiato. Certamente quella
voce è la sua – lui che
una volta l’aveva guardata, tra la folla,
come nessuno mai.
L’aveva vista? Aveva parlato proprio a lei?
Erano certamente le sue mani, quelle
che avevano appena preso il vassoio del pane dalle sue?
Mani che aveva posato sui moribondi e li aveva guariti?
Quel volto certamente – ?
L’uomo crocifisso per sedizione e blasfemia.
L’uomo il cui corpo era scomparso dal sepolcro.
L’uomo che alcune donne, si diceva, avevano visto vivo
quel mattino?
Quelli che hanno accolto lo sconosciuto alla loro tavola,
ancora non sanno accanto a chi sono seduti.
Ma la giovane serva nera in cucina intenta ad ascoltare,
mentre distratta prende la brocca del vino da servire,
si volta e vede
la luce intorno a lui
ed è sicura.
(Denise Levertov, Alle isole via terra. Poesie 1946-1999, Traduzione e cura di Paola Splendore, Postfazione di Massimo Bacigalupo, Crocetti, Milano 2023)
Denise Levertov, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita (1923), è stata una poetessa di rara potenza. Soprattutto nel periodo della permanenza negli Stati Uniti, dove si trasferì dalla Gran Bretagna nel 1948 (e dove morì nel 1997), la sua poesia si modella su una lingua più immediata, su un’attenzione alla realtà, alla sua evidenza. Molti hanno notato che è in lei attiva l’influenza di William Carlos Williams, della sua lezione consistente nel dare parola alle cose.
Questo tipo di insegnamento si dispiega però nella Levertov con una serie di sfumature, di arricchimenti, di contrasti. Una sua celebre poesia, Salmo urbano (City Psalm), insegna che non basta guardare le cose nella loro superficie, ma che occorre attraversarle con uno sguardo di misericordia, di comprensione autentica. Allora esse dispiegano il loro senso più pieno, al di sotto del velo di polvere, di usualità o di bruttura che le ricopre.
Cento poesie tratte dall’opera di Denise Levertov (1923-1997), voce importante del canone poetico nordamericano del secondo Novecento. Una scelta che intende presentare la varietà di forme espressive e tematiche della sua opera, dal registro lirico-autobiografico a quello di ispirazione etico-religiosa, dalla testimonianza civile alla riflessione sul lavoro poetico.
Va in questa direzione la poesia La serva di Emmaus, che, come il sottotitolo chiarisce, è ispirata a un quadro di Velázquez. L’opera pittorica del maestro spagnolo cambia e anzi sovverte il modo di vedere l’avvenimento sacro: in essa infatti Gesù e i suoi compagni, quelli che di lì a poco lo riconosceranno allo spezzare del pane, sono visti in lontananza. A occupare il proscenio del quadro è invece un’umile serva mulatta, che sta attendendo alle sue faccende.
La donna è colta in un atteggiamento di concentrazione, come se qualcosa, dalla sala attigua dove si trova Gesù, la raggiungesse attraverso una specie di finestrella. Così è lei, la più umile delle creature in quel luogo, a sentire per prima la natura sovrannaturale di ciò che accade. È per lei che brilla la luce intorno a Gesù: lei, che dà le spalle alla scena e non ha la ventura di sedere a tavola con quell’uomo, lo riconosce, prima di quelli che lo hanno accompagnato lungo la strada e stanno parlando con lui.
Lei intuisce la verità che per gli altri è ancora sopita, coperta da uno strato di quotidianità opaca. La poesia di Levertov, che al quadro è dedicata, immagina il percorso dei pensieri della serva e l’attimo del riconoscimento che scocca in lei, a ritroso, attraverso il tocco casuale delle mani di Gesù, a cui aveva passato il pane. Come per una capacità di intendere e di vedere che è riconosciuta agli umili, ai semplici, lei intuisce che l’uomo che siede a quella tavola è colui che ha guarito, colui che ha patito la morte in croce. Levertov aggiunge un particolare: forse la serva era stata tra la folla che aveva guardato e ascoltato Gesù e aveva sentito le sue parole come se fossero rivolte personalmente a lei.
Questa donna separata dalla cena di Emmaus ne coglie in anticipo la natura miracolosa. E la poetessa ne fa materia di un canto dimesso, fedele ai particolari e insieme illuminato, la poetessa che rilegge Velázquez, Emmaus, il mistero di un Gesù risorto che ancora non si fa riconoscere, ma che si offre alla meditazione dei cuori puri. Quelli dei più piccoli, categoria a cui la poetessa medesima sente di appartenere.
Di
| Crocetti, 2023Di
| Le Lettere, 1998Scopri altri poeti
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