Passato alla storia come il padre del fotogiornalismo, Robert Capa è stato il modello di ispirazione per molti giovani reporter, incarnando l'immagine del fotografo coraggioso e senza paura.
Non è un caso che l'Overseas Press Club of America assegni annualmente il Robert Capa Gold Medal Award in suo onore, riconoscendo il miglior reportage fotografico che richiede doti eccezionali di coraggio e intraprendenza.
Il leggendario diario delle memorie di guerra di Robert Capa "con foto dell'autore", come amava che si scrivesse. Il libro mutua il titolo dalle didascalie che su Life accompagnavano le sue foto dello sbarco in Normandia, rovinate da un tecnico di laboratorio in fase di sviluppo
Nato a Budapest nel 1913 con il nome di Endre Erno Friedmann, Capa si avvicinò alla fotografia nello stesso anno di Cartier-Bresson, ossia nel 1931, ma a Berlino. A causa della sua opposizione al sempre più potente partito nazista tedesco e data la sua militanza comunista e soprattutto l'origine ebraica, nel 1933, con l'ascesa di Hitler, si trovò costretto a fuggire verso Parigi.
Rappresentato dall'agenzia fotografica di spicco Alliance Photo, conobbe in quegli anni l'esule tedesca di origine ebraica Gerta Pohorylle (alias Gerda Taro), che coniò lo pseudonimo artistico Robert Capa.
Questo “cambio di identità” prendeva ispirazione dal nome del famosissimo regista italoamericano Frank Capra, che i due conoscevano e ammiravano, essendo grandi amanti del cinema.
Fu una geniale scelta di marketing, con Gerda Taro che passava in rassegna le redazioni per cercare di vendere le foto di Robert Capa, facendolo passare per un affermato fotografo americano. La sua fama vera e propria arrivò poco dopo, documentando gli orrori della Guerra civile spagnola tra il 1936 e il 1939, in collaborazione con Gerda Taro e l'amico David Seymour.
Durante il periodo spagnolo, Capa ebbe l'opportunità di incontrare (e fotografare) anche Ernest Hemingway, che come lui si dedicava a raccontare la guerra da una prospettiva antifascista.
Il 3 dicembre 1938, la prestigiosa rivista inglese Picture Post pubblicò ventisei delle foto spagnole di Capa, definendolo «il miglior fotoreporter di guerra del mondo». Questa fama lo accompagnò per tutta la vita, anche se in modo paradossale, poiché Capa detestava la guerra. Questo però non gli impedì di fotografarla in ogni angolo del mondo, sempre in prima fila sul campo di battaglia. La sua celebre massima era:
Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino
Fotografò brevemente in Cina nel 1938, documentando la resistenza all'invasione giapponese, e successivamente si rifugiò negli Stati Uniti all'inizio della Seconda guerra mondiale, diventando un inviato per le riviste Collier's Weekly e Life.
Tra il 1942 e il 1945 seguì le battaglie in Nordafrica, lo sbarco americano in Sicilia, la campagna degli Alleati in Italia, il D-Day in Normandia, la liberazione di Parigi e l'offensiva delle Ardenne. Nel 1947 fu tra i fondatori della celeberrima agenzia Magnum Photos. Nel 1954, durante la Prima guerra d'Indocina, perse la vita in azione, saltando su una mina a Tây Ninh, in Vietnam.
Quando all'alba del 6 giugno 1944 le truppe americane sbarcarono a Omaha Beach, in Normandia, Capa si trovava tra di loro, pronto a documentare l'evento che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.
Omaha Beach e Juno Beach furono le zone che ospitarono le battaglie più aspre, dove le forze alleate subirono il maggior numero di perdite. Tuttavia, Capa rifiutò di utilizzare un teleobiettivo che gli avrebbe garantito maggiore sicurezza, perché gli avrebbe dato la possibilità di fotografare da lontano. Optò invece per un approccio più diretto, immergendosi tra le onde come un comune soldato e scattando senza sosta. Alla fine, realizzò quattro rullini da trentasei pose ciascuno, che consegnò a una staffetta per la loro salvezza e li fece arrivare a Londra.
Nella redazione londinese di Life in tumulto era tutto pronto per pubblicare le fotografie, ma accadde qualcosa di imponderabile. Pare che il tecnico incaricato dello sviluppo commise degli errori tecnici, rovinando irrimediabilmente le emulsioni e rendendo quasi tutte le foto inutilizzabili.
Tra le 144 foto originali, sopravvissero solo The Magnificent Eleven, come furono chiamate dagli americani, e furono pubblicate su sette pagine, sebbene non in copertina come originariamente previsto. La didascalia recitava: «A causa dell'agitazione del momento, Capa mosse la sua fotocamera e le foto risultarono leggermente sfocate». Ecco che l’espressione inglese "Slightly out of focus" divenne un motto, e Capa la utilizzò come titolo per il suo diario-biografia del 1947, in cui raccontava la sua esperienza come fotoreporter durante la Seconda guerra mondiale.
Queste immagini "leggermente sfocate" non intaccarono il carisma di Capa, anzi lo resero un mito.
Nel genere del reportage, ciò che conta è la capacità di catturare un punto di vista e di documentare la storia. Come scrive Ferdinando Scianna nel suo libro Obiettivo ambiguo, Cartier-Bresson affermava spesso:
Capa indossava l'abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore combatteva generosamente per se stesso e per gli altri, in un turbine
A cent’anni dalla nascita di Capa, oggi sappiamo che per ottenere immagini che trasmettano la semplice e incontrovertibile verità degli orrori della guerra è necessario amare intensamente e disperatamente la vita, andando oltre l'odio per la guerra e la morte.
Di
| Giunti Editore, 2018Di
| Contrasto, 2022Di
| Bompiani, 2018Di
| Contrasto, 2019Gli altri approfondimenti
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