Lavorare come editor, essere un editor, per molti (moltissimi!) potrebbe essere il lavoro più bello del mondo e ancor più quando si lavora per una casa editrici come Einaudi. Ma quando si ha la possibilità di pensare, sognare e poi realizzare una collana totalmente nuova, dare forma a qualcosa che prima non c’era, sembra impossibile. Eppure è quanto successo a Dalia Oggero, una figura che nel mondo editoriale non ha bisogno di presentazioni perché storica editor per la narrativa del gruppo torinese. Questo ‘sogno possibile’ si chiama gli Unici ed è la nuova collana Einaudi dedicata agli esordienti, esordienti molto speciali, tanto da meritare questo aggettivo, pieno di promesse e aspettative.
Buongiorno Dalia, prima di partire alla scoperta di questa nuova collana, gli Unici, ci racconti come è nato il tuo rapporto con Einaudi, da cui parte in fondo questo progetto?
Io lavoro con Einaudi praticamente da sempre, ho iniziato poco dopo la laurea facendo la lettrice, che vuol dire che leggevo dei manoscritti dei quali poi dovevo fare delle schede di lettura. Quello del lettore non è un mestiere molto pagato ma lo facevo come facevano e fanno ancora tanti neolaureati e così ho cominciato. I manoscritti che leggevo erano a volte bellissimi, a volte orrendi… ma dopo due anni finalmente mi hanno proposto di lavorare come editor alla narrativa italiana sotto la guida di Mauro Bersani. Sono passati tanti anni e sono ancora qui, mi occupo sempre di narrativa italiana ma…. oggi anche con un nuovo progetto, quello degli Unici appunto.
Parliamo di Unici allora, come è nata l'idea e come si posiziona questa collana, decisamente nuova, all'interno del panorama editoriale italiano?
L'idea è nata due anni fa dal mio direttore editoriale, Ernesto Franco. Poco prima della pandemia, mi ha convocato nel suo ufficio e mi ha chiesto, così a bruciapelo: ‘Dalia, se tu dovessi inventarti da zero una collana tutta tua, come la disegneresti? Ovviamente ho chiesto qualche giorno per pensarci… per me è stato come un sasso gettato nello stagno, una provocazione, bellissima, un sogno possibile che si è concretizzato nel disegno appunto degli Unici, una collana destinata agli esordienti. Questo infatti è stato l'unico paletto che mi aveva posto Ernesto Franco perché sentiva la necessità di pensare a una collana per voci nuove, come sono stati i famosi Gettoni, la collana ideata da Vittorini per Einaudi negli anni '50.
Ovviamente è un paragone che farebbe tremare chiunque perché i Gettoni di Vittorini sono stati una delle collane più significative del dopoguerra e hanno disegnato davvero la narrativa italiana degli anni a venire, da lì sono passati Rigoni Stern, Sciascia, Fenoglio, Lalla Romano, Anna Maria Ortese e tanti altri.
Il sogno di Vittorini era quello di intercettare delle voci nuove e soprattutto una nuova strada per la narrativa italiana che lui sentiva stretta tra due poli (quali poli?) e come impossibilitata a trovare una via di fuga, una via diversa e in questa direzione i Gettoni hanno fatto un grandissimo lavoro.
Io naturalmente guardo a quel modello come a un modello inarrivabile, un modello che però ho avuto e ho molto in testa nel pensare a questo nuovo progetto, vorrei avere lo stesso coraggio!
Gli Unici saranno tre uscite di libri di narrativa italiana all’anno, non moltissimi dunque, di esordienti, non in senso ‘assoluto’ ma esordienti in ambito narrativo, cioè autori che possono avere anche già pubblicato saggi o poesie ma non progetti narrativi.
E il punto non è che siano esordienti, questa è una cosa che capita a tutti al primo libro… ma che abbiano qualcosa di particolarissimo che li contraddistingue rendendoli appunto Unici. Sono libri che hanno alle spalle un'esperienza o un sentimento forte, in certi casi addirittura una tempesta, che però ha trovato una forma, non convenzionale, che arriva proprio perché è nata dentro l'esperienza, un’esperienza vera, non pensata a tavolino, ‘appiccicata’ come un paio di baffi finti. Negli Unici esperienza e forma nascono insieme e questa è la caratteristica che li accomuna.
Quali sono allora gli ‘Unici’ che avete sognato, cercato e alla fine trovato fino ad ora?
Il primo titolo, Nonostante tutte, è di Filippo Maria Battaglia ed è uscito nelle librerie a febbraio di quest’anno. E proprio in questo caso, come dicevo, l'autore non è un absolute beginner perché Battaglia aveva già scritto dei saggi per Bollati Boringhieri occupandosi di omofobia e maschilismo ma questo è il suo primo libro di narrativa ed è paradossale… perché di questo libro lui non ha scritto nemmeno una riga!
Filippo Maria Battaglia è partito da un'esperienza di lettore, proprio come avevo fatto io quando muovevo i miei primi passi in campo editoriale, e ha passato cinque anni leggendo un numero incredibile di memorie, mille e trecento, scritti privati di donne italiane del novecento e alla fine, ne ha selezionate centodiciannove per questo progetto. Sono centodiciannove memorie, voci di donne che nel libro si passano la parola l'una all'altra, ma che messe insieme prendono la forma di un'unica donna, Nina la protagonista, che racconta questa ‘sua’ vita, dall'infanzia alla vecchiaia. Nina è una donna immaginaria ma è anche più vera del vero perché parla con la voce di tutte.
Il libro inizia con la frase: 'Nacqui leggerissima' e finisce con una frase (che ovviamente non dirò adesso per non rovinare il finale) dove la leggerezza si rovescia nel suo opposto, e dentro c'è tutto l'arco di una vita che Filippo Maria Battaglia racconta, inventandosi questa struttura originalissima, inedita. E si ha proprio l'idea di leggere la storia di una donna vera perché la verità e la vita di queste donne si sono attaccate a questo personaggio e sono donne vere, che hanno sentito il bisogno di raccontare la loro storia e di farlo senza filtri, in centinaia, migliaia di pagine, in memoria private che pensavano destinata solo a sé stesse.
Il secondo libro è di un’autrice, Francesca Valente, e s’intitola: Altro nulla da segnalare ed è il libro che ha vinto all'unanimità il Premio Calvino nel 2021. È un libro che mi ha colpito subito per la qualità letteraria e per l'immaginario che racchiude. Per certi versi potrebbe avere qualcosa in comune con quello di Filippo Maria Battaglia perché anche dietro a questo ci sono dei documenti, c'è della ‘carta’ ma, come nell'altro caso, della carta che ha a che fare con la vita, anzi direi che questa carta contiene moltissima vita.
Le fonti per questo libro sono state due, le conversazioni private fatte dall’autrice con l'amico Luciano Sorrentino, psichiatra che lavorava nei primi anni ottanta in un grande ospedale italiano, e i 'rapportini' cioè tutte quelle annotazioni, informazioni, non ufficiali, scritte su dei fogli a volte casuali, che gli infermieri scrivevano a fine turno per quelli che sarebbero venuti dopo, raccontando quello che era successo nel reparto. Ed erano episodi comici, tragici, feroci, tutto mescolato insieme. Ad esempio si diceva: ‘La signora Tale ha urlato in mezzo al corridoio, il signor Tizio ha rotto una bottiglia in testa al signor Tal’altro e finivano sempre, quasi sempre, con la frase di rito: 'Altro nulla da segnalare' e così è diventata il titolo di questo libro.
Chiacchierate con il Prof Sorrentino e ‘rapportini’ sono le radici da cui è partita Francesca Valente, ma l'albero che poi è divento il suo libro è qualche cosa che ha a che fare solo con il suo immaginario, con la sua idea di scrittura, con la sua idea di mondo, anzi con la sua idea di 'mondo migliore'. Infatti da qui parte per ricostruire le storie struggenti dei 'paz' (nella doppia accezione di pazienti ma anche di ‘pazzi’) in un modo che veramente mi ha colpito, perché non c'è mai l'idea di creare un ritratto a tutto tondo, di ricostruire una vita a partire dai documenti, non c'è niente di voyeuristico ma c'è invece il desiderio, a partire da queste tracce, di ricostruire il cuore pulsante di queste vite dimenticate. E quindi, proprio per questo, i ritratti che vengono fuori, di Salvatore, Libera, Carlo e tanti altri sono dei ritratti folgoranti.
I "rapportini" che il personale di una struttura psichiatrica torinese si scambiava negli anni Ottanta, messi su carta, intessono un arazzo vivo e coinvolgente di voci
Unicità di contenuto e di forma ma anche da un punto di vista visivo gli Unici si distinguono: ritroviamo naturalmente il famoso bianco Einaudi ma interpretato in spazio e forma nuove, come è nata l'identità grafica di questa collana?
Il progetto grafico è stato assegnato allo studio milanese di Marco Pennisi, sulla base di nostre indicazioni naturalmente. Loro ci hanno sottoposto diversi progetti, tutti molto belli, ma alla fine ha vinto l’idea che potete vedere nel libro di Battaglia e di Francesca Valente dove l'immagine domina i tre quarti della copertina ed è inserita in una mezza 'U', che è la 'u' di Unici naturalmente. A lato, c’è uno 'strillo' verticale e questo posizionamento è volutamente diverso da come siamo abituati, è anche un po' più difficile da leggere perché bisogna rovesciare il libro, fisicamente. In questo senso il lettore diventa subito parte attiva di questo processo di comunicazione. E poi nello strillo abbiamo deciso di raccontate in breve, in due o tre righe, le ragioni dell'unicità di quel libro. Aver chiamato una collana ‘Unici’ è una promessa importante e dunque abbiamo pensato di dichiarare subito quali sono per noi le ragioni di questa unicità. È un richiamo, un coinvolgimento forte al lettore che non deve neanche girare il libro per leggere la quarta di copertina ma trova subito (quasi!) tutto quello che deve sapere.
Attraverso quali canali si esprime lo scouting per trovare gli esordienti?
Avviene nei modi più disparati, per gli Unici come per le altre collane, perché naturalmente Einaudi continuerà a fare libri di esordienti nei Supercoralli, nei Coralli, nell'Arcipelago e io continuerò a cercarli perché questo è la parte centrale del mio lavoro. Nel caso degli Unici però devo dire che il lavoro di scouting, di ricerca di nuovi autori, è stato elettrizzante ma anche molto complicato perché è stato fatto durante questi ultimi due anni di pandemia che ha condizionato anche l’editoria naturalmente.
Il caso di Francesca Valente è stato semplice perché il suo libro 'Altro nulla da segnalare' aveva vinto quel premio meraviglioso che è il Premio Italo Calvino che da anni screma, legge e premia libri di esordienti, uno più bello dell'altro e quindi mi sono limitata semplicemente, come faccio ogni anno, a leggere subito il libro vincitore e a muovermi in tempo! Naturalmente non tutti gli anni faccio un'offerta al libro del vincitore ma di questo mi sono innamorata subito. Nel caso di Filippo Maria Battaglia invece è stato proprio lui a mandare questo progetto, questa sua idea di libro, molto dettagliata e l'ha fatto nel più semplice dei modi, scrivendo alla 'Spettabile casa editrice Einaudi', direi che è stata proprio una pesca miracolosa! In altri casi possono essere dei libri suggeriti da autori vicini alla nostra casa editrice o anche altre, che semplicemente hanno letto dei testi interessanti e li segnalano. Alcuni autori ad esempio mi sono stati segnalati da Andrea Pomella, autore Einaudi, che ha intercettato dei libri molto interessanti, legati prevalentemente al racconto di sé, al racconto di un’esperienza e mi riferisco ad esempio al libro di Marco Annicchiarico, 'I cura-cari' che uscirà a settembre di quest’anno e sarà il terzo libro degli Unici di quest’anno. Si tratta della storia di un ‘care giver, un 'cura- caro' in italiano, come preferisce dire l’autore, un figlio che assiste la madre malata di Alzheimer, una madre che perde la memoria giorno dopo giorno ma non la sua ironia e così la protagonista resta sé stessa nonostante la malattia, in un modo testardo e bellissimo.
Prima di salutarti Dalia abbiamo un’ultima domanda un po’ curiosa: spesso gli scrittori nel comporre i propri romanzi, si formano l'idea, l'immagine ideale, di un lettore, un ragionamento del genere può valere anche per chi come te dà vita a una nuova collana?
Sì, credo di aver pensato ad un lettore che un po’ mi assomigliasse, un lettore alla ricerca delle stesse cose che cerco io, con la voglia di smarrirsi in un'esperienza diversa, di lasciarsi ‘frastornare’ e forse anche modificare nel profondo da quello che legge.
Negli Unici troveremo allora carne e vita, tante vite, percorsi tragici, drammatici, spiazzanti e che a volte ci faranno sorridere per la loro disarmante umanità, per il resto, ‘altro nulla da segnalare’
Dalla grafica passiamo a un aspetto del quale si parla raramente, come si arriva a definire il prezzo di un libro, di un progetto editoriale del genere?
È un lavoro complicatissimo, in cui ognuno esprime chiaramente il suo punto di vista, dall'editoriale al commerciale al direttore editoriale, al marketing, e poi naturalmente si discute! Generalmente l'editoriale tende a chiedere, a insistere per tenere il prezzo più basso possibile, altri uffici invece tendono a ragionare sulla base dei conti economici. Perché a questo non si pensa mai, ma alla fine anche i libri hanno alle spalle un conto economico che è il risultato di quanto si paga l'autore, della proiezione del venduto, del costo della carta, del costo redazionale, e tutte queste voci di spesa fanno sì che quel costo possa aumentare.
Nel caso degli Unici l'idea era che dovesse essere una collana che si potesse situare in una posizione mediana tra le collane più costose, come i Supercoralli, e quella dei tascabili, più economica
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| Einaudi, 2022Gli altri sotto le copertine
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