70 volte Ron Howard!

All’alba dei suoi 70 anni, che festeggia il 1° marzo, Ron Howard può affermare orgogliosamente di essere nel mondo dello spettacolo praticamente da sempre, dal momento che la sua prima apparizione su un palcoscenico avviene quando lui ha solo 18 mesi, ma in modo particolare dall’età di 19 anni con l’enorme successo di Happy Days. 

Quella del cineasta è una professione in qualche modo scritta nel destino del regista statunitense, dal momento che la madre Jean era un’attrice teatrale e il padre Rance sia attore che regista. Due genitori che hanno sicuramente incoraggiato il figlio a seguire le loro orme, tanto da portarlo a iscriversi alla scuola di cinema della University of Southern California, che però il giovane Ron non riesce a terminare perché viene scelto per il ruolo di Steve Bolander nel film American Graffiti di George Lucas, omaggio alla gioventù dei ragazzi degli anni ’50-’60.
E se questo ruolo viene inizialmente scelto da lui per staccarsi dai personaggi più “infantili” che gli avevano assegnato nelle sue prime apparizioni nel mondo dello spettacolo, in realtà diventerà il suo vero e proprio trampolino di lancio nel mondo del cinema (e della televisione). Subito dopo, Ron viene scelto infatti per vestire i panni di Richie Cunningham, adolescente protagonista della serie Happy Days, che ruota attorno alla famiglia di quest’ultimo e al suo migliore amico Fonzie, ospitato nel garage dei Cunningham. 

Ma i suoi “happy days” come attore finiscono quando decide di appendere il volto di Richie al chiodo e concentrarsi sulla regia (e la produzione). 

Il debutto arriva negli anni ’80 con Grand Theft Auto e a seguire con Night Shift e Splash (che, tra le tante cose, segna l’esordio della carriera di Tom Hanks). A questi fanno seguito Cocoon – L’energia dell’universo, commedia fantascientifica sul tema dell’eterna giovinezza, che ottiene due premi Oscar come miglior attore non protagonista a Don Ameche e come migliori effetti speciali, e il Premio Giovani al Festival di Venezia; il dramma sentimentale Cuori ribelli con Tom Cruise e Nicole Kidman e la commedia The Paper.  

Passando per Apollo 13, sull’omonima missione spaziale fallita, e Il Grinch, l’ “odiatore” per eccellenza del Natale, si arriva al 2002, l’anno della consacrazione, con la vittoria dell’Oscar come miglior regista e miglior film che ottiene grazie al suo A Beautiful Mind. Nel film il protagonista è Russell Crowe che torna a collaborare col regista anche tre anni dopo nel lungometraggio Cinderella Man – Una ragione per lottare, titolo che fa fare incetta di nomination e premi al regista statunitense, così come, nel 2006, anche Il Codice da Vinci, basato sull’omonimo romanzo di Dan Brown. Un successo incredibile che ha portato il regista a dirigere anche i sequel Angeli e demoni nel 2009 e Inferno nel 2016, anche se non con lo stesso riscontro di pubblico e critica. 

E prima dei titoli più recenti e di raggiungere il traguardo dei 70 anni, Ron Howard, grazie a un matrimonio che va avanti dal 1975, trova anche il tempo di diventare nonno con la sua prima figlia Bryce che gli regala un nipotino nel 2007. 

È tempo poi di raccontare la rivalità tra i piloti di Formula 1 James Hunt e Niki Lauda con Rush nel 2013 e di dire la sua a proposito del mondo “stellare” con Solo: A Star Wars Story nel 2018 per poi dedicarsi a Elegia americana nel 2020, che mette sullo schermo Amy Adams e Glenn Close, e a Tredici vite nel 2022. Senza dimenticare che, nonostante l’alba dei 70 anni, Ron Howard è ancora pieno di energie e idee che trasporta anche fuori dai suoi standard, e che gli permettono di realizzare, tra le tante cose, anche documentari sul mondo della musica, da Made in America a Pavarotti, passando per i Beatles.