Sapore di sala

50 anni di Happy Days  

© Mymovies

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Cinquant’anni fa erano giorni felici per la televisione. Il 15 gennaio 1974 andava in onda negli Stati Uniti sulla rete ABC la prima puntata della serie Happy Days, destinata a durare undici stagioni e a imporsi come un fenomeno di costume globale.

Ambientata negli anni '50 e '60, per l’esattezza dal 1954 al 1964, nella tranquilla città di Milwaukee in Wisconsin, la sitcom creata da Garry Marshall (sì, quel Garry Marshall che avrebbe poi diretto Pretty Woman) racconta le divertenti vicende che ruotano attorno alla famiglia Cunningham, una versione idealizzata del modello familiare borghese della provincia americana: il padre Howard (Tom Bosley), proprietario di un negozio di ferramenta, e la madre casalinga Marion (Marion Ross) sono genitori dolci e comprensivi; il figlio Richie (Ron Howard, in seguito affermatosi come importante regista), studente di liceo dalla faccia pulita, è educato e un po’ timido con le ragazze; la sorellina Joanie Louise (Erin Moran) è la piccola di casa, che sarebbe cresciuta col passare del tempo. E poi naturalmente gli amici, da "Potsie" a Ralph Malph, e soprattutto lui, il mitico "Fonzie", nomignolo di Arthur Fonzarelli (Henry Winkler), esperto di motori e latin lover irresistibile, divenuto il personaggio simbolo della serie, con l’iconico giubbotto di pelle e il sorriso smagliante.

In un periodo storico difficile per gli Stati Uniti come gli anni Settanta, tra guerra nel Vietnam, crisi energetica, turbolente lotte politico-sociali, Happy Days guarda con nostalgia ai favolosi Cinquanta, il decennio d’oro del sogno americano, per ritrovare l’innocenza perduta facendo un tuffo nel passato recente tra fast food, drive-in, juke-box e rock’n roll — la soundtrack della serie va da Elvis Presley ai The Platters, da Fats Domino a Nat King Cole, da Sam Cooke a Paul Anka.

Il successo di Happy Days superò le più rosee aspettative, allargandosi presto agli altri Paesi (in Italia a partire dal 1977). E pensare che inizialmente l’episodio pilota era stato bocciato dalla ABC, andando in onda nel 1972 con il titolo A New Family In Town all’interno della serie Love, American Style che raccoglieva molti episodi pilota di serie TV abortite.

Ma nel 1973 il clamoroso exploit al botteghino di American Graffiti di George Lucas cambiò tutto e diede una spinta decisiva pure al progetto di Happy days. Attraverso il racconto di una notte tirata fino all’alba nell’estate del ’62 in una cittadina della California, il capolavoro di Lucas aveva rievocato e fissato per sempre l’immaginario di un’epoca, lasciandone anche intravedere la fine in alcuni momenti di struggente inquietudine.

In Happy Days, che con American Graffiti condivide la presenza di Ron Howard tra i protagonisti in un ruolo molto simile da tipico bravo ragazzo, e buona parte della colonna sonora (tra cui Rock Around the Clock di Bill Haley & The Comets, usata in apertura del film e nelle prime due stagioni della serie come sigla, poi sostituita da quella originale), non c’è invece spazio per elementi drammatici, e tutti i problemi sono risolti con leggerezza e ironia.

Lo stesso Fonzie incarna solo apparentemente la figura del ribelle sulle orme di James Dean. In realtà vive in pace con sé stesso, in fondo legato ai valori della famiglia Cunningham. Un ribelle imborghesito, incapace di chiedere scusa ma in grado di entrare con il suo fascino simpatico e rassicurante nel cuore di intere generazioni. Citando una delle sue battute migliori: "Fra cent’anni non ci saremo più… Voi sarete morti, io mi trasferisco in California!”.

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