“Avevo 15 anni quando ho incominciato a leggere un libro di Tolstoj, Resurrezione, dove c'è la storia di una prostituta e quando mia mamma si è accorta che leggevo quel libro, me l'ha stracciato. Lì ho cominciato a domandarmi "... ma i libri si stracciano o si leggono?"
Il Professore ci esorta a restare in contatto con la nostra parte più profonda. E a pensare – sempre – con la nostra testa
La risposta che Umberto Galimberti dev’essersi dato alla domanda, nel corso dei sessantacinque anni seguiti al momento in cui se la pose per la prima volta, è che i libri si scrivono.
E lui, nel corso di un’attività intellettuale fervidissima e gratificante, di libri ne ha scritti tanti: belli, coraggiosi, importanti, dialogando con la Vienna di Freud e con la Grecia di Platone; dicendo parole nuove a proposito della dimensione simbolica nella quale tutti siamo immersi e raccontando del sacro, che abbiamo provato a escludere dalle nostre vite con risultati a volte catastrofici; raccontando della tecnica, delle sue promesse e dei pericoli che comporta; interrogando il concetto di tempo e il modo in cui le sue diverse interpretazioni influenzano la nostra vita interiore; chiedendosi, infine - e girando a noi la domanda – dove e quando si siano separate le strade fra la parola “psiche” (che per Platone significava “anima”) e quel significato incerto, sfocato e spesso viziato da un fondo equivocamente sentimentale che noi contemporanei occidentali alla parola anima attribuiamo.
Un libro profetico: scritto nel 1956, interpreta lucidamente il mondo di oggi
Galimberti compie 80 anni. Ottant’anni sono un traguardo significativo, nella vita di un uomo, ma – chissà perché? – siamo convinti che se facessimo gli auguri al Professore, lui farebbe spallucce e passerebbe oltre. Con uno dei suoi sorrisi bonari e sarcastici al tempo stesso, forse, ma senza indulgere in cerimonie e salamelecchi: ché anche a 80 anni Galimberti non ha tempo da perdere con l’autocelebrazione, e sa bene quanto sotto il piedistallo di ciascun monumento si possano celare le crepe più insidiose.
E se "filo-sofia" non volesse dire "amore della saggezza" ma "saggezza dell'amore"?
Fra le tante citazioni che avremmo potuto scegliere attingendo all’opera di Galimberti, eccone una che ci pare riassumere bene alcuni dei tratti distintivi del suo pensiero. Semplice e inaudito al tempo stesso.
Da una “piccola” inversione fra le parti del discorso, discende una proposta interpretativa che dice tanto dell’approccio del professore alla conoscenza. Saggezza dell’amore, sì: perché solo quando è mosso dall’autentica volontà di capire chi ci sta davanti il sapere mantiene la sua promessa originaria.
Ma il punto più forte, nel pensiero di Umberto Galimberti, è spesso quello interrogativo: quell’apertura al possibile e al dubbio che rilancia la palla nel campo di chi ascolta o di chi legge. La maieutica e la condivisione del sapere sono il modo migliore, da sempre, di far progredire il pensiero, tenerlo in movimento, suggerirgli indirizzi inaspettati, tanto nelle scuole quanto nelle strade e fra le pagine dei libri. Umberto Galimberti lo ha capito presto, nella vita, e ha dimostrato di saperlo tener bene a mente, sino ad oggi. Auguri, Professore!
Volete saperne di più del suo curioso e attento sguardo sulla contemporaneità? Ascoltate il suo appassionante intervento al Festivaletteratura 2018: parla di nichilismo, Occidente, cristianesimo, adolescenza, tecnologia, futuro... e molto altro.
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