Rileggere Benito Mussolini significa indagare come si sia costruita l'Italia di oggi, per comprendere le origini denostro paese e fare i conti col passato, che non è chiuso, non è sterile e, soprattutto, non è definitivamente alle nostre spalle.
Nel centenario della marcia su Roma, è giusto tornare sul fascismo delle origini, quello che ha informato l'epica mussoliniana e ne ha definito il linguaggio.
Leggendo il libro curato da David Bidussa, Benito Mussolini. Scritti e discorsi. 1904-1945, ripercorriamo attraverso un lavoro di grande rigore filologico le evoluzioni linguistiche di quello che fu un modello di comunicazione politica e sociale straordinariamente efficace. Ma Bidussa, da storico attento qual è, sa che un lavoro del genere acquista spessore documentaristico soprattutto se il compilatore di un antologia di scritti riesce a non sovrapporvi la propria voce, operando in primo luogo sulla giustapposizione dei materiali cui ha accesso e disponendoli in un disegno che faccia percepire chiaramente l'evolvere, il mutare delle forme di comunicazione analizzate.
La parola mussoliniana è stata soprattutto una "parola di voce", un tono, verrebbe da dire: la consumata perizia da attore con la quale il duce interpreta sé stesso davanti alle folle radunate sotto i balconi o in favore dell'obbiettivo che riprende la trebbiatura del grano, sono il risultato di una comprensione profonda - per quanto in parte "animale" - dei meccanismi sui quali opera e attraverso i quali funziona la comunicazione di sé, in ambito politico.
Benito Mussolini non nasce "già fatto" così, ma sta dentro un secolo col quale si confronta e dal quale apprende
"Mussolini inizia a dialogare con la folla che ha davanti: gli chiede delle cose e da quella folla vuole risposte. Vuole che gli diano ragione, che gli chiedano di più, che si identifichino con lui. Ebbene, quella è una tecnica che noi associamo al Mussolini dittatore compiuto", sostiene Bidussa. Per poi evidenziare l'errore: "No! è il presupposto per diventarlo".
Ecco, da un passaggio come questo si capisce l'importanza del lavoro compiuto da Bidussa, un lavoro di analisi e decostruzione che solo può portare a disinnescare certi meccanismi di comunicazione che sono premessa all'instaurazione, la coltivazione e il mantenimento di un potere autocratico com'è quello che Mussolini ha esercitato per oltre vent'anni.
Ecco: il libro curato da Bidussa è un libro al quale attingere per individuare temi e toni che corrono in filigrana nella retorica populista che informa tanta parte del discorso politico attuale.
E così facendo, scoprire che in quella retorica non c'è alcuna novità: è una canzone già sentita e sono chiarissime le ragioni per cui non ci è piaciuta.
Non c'è alcuna ragione per farla suonare di nuovo.
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