Giovedì 4 novembre
Dal nostro inviato a San Francisco, Enrico Deaglio
Sta facendo scalpore – e siamo solo agli inizi, probabilmente – la poderosa inchiesta del New York Times sul “Russiagate” che portò imprevedibilmente il palazzinaro Trump a vincere le elezioni presidenziali americane nel 2016. Firmata da Jim Rutenberg, giornalista veterano e vincitore di un Pulitzer, l’indagine può essere riassunta in breve così: Putin aveva deciso l’invasione e lo smembramento dell’Ucraina almeno dal 2016; per ottenerla aveva bisogno dell’acquiescenza della NATO, di un amico alla Casa Bianca e di un certo appoggio da parte delle cancellerie europee. C’era quasi riuscito, se non avesse incontrato prima Biden, poi lo sconosciuto Zelensky sulla sua strada.
Oggi il mondo si gioca la pelle a causa della scommessa criminale di Vladimir Putin e della delinquenza politica di Donald Trump.
L’inchiesta ha un fondamentale pregio: la retrodatazione dei fatti; racconta, infatti, di quando la storia fu concepita: luglio 2016, nella suite “Grand Havana” della Trump Tower di New York, pochi giorni dopo la vittoria alle primarie democratiche di Hillary Clinton su Bernie Sanders. La vittoria di Clinton a novembre era data per sicura, le sue posizioni anti-Putin erano note: l’America non avrebbe permesso, specie dopo l’annessione della Crimea, l’attacco frontale a Kiev.
Rutenberg racconta in dettaglio i protagonisti del grande accordo: un certo Kostantin Kilminik, agente speciale di Putin, Paul Manafort e Roger Stone, potentissismi lobbisti e direttori della campagna elettorale di Trump; l’accordo, in breve, era questo: Putin metteva i suoi servizi segreti al servizio di Trump per screditare la Clinton; Trump prometteva che l’America avrebbe avuto un occhio distratto per quanto succedeva nel Donbass e avrebbe condotto una politica di “superamento” della NATO.
Tutto funzionò secondo i piani, ma non avevano previsto la vittoria di Biden nel 2020, né la sconfitta nel tentato colpo di stato del 6 gennaio.
Ma Putin procedette ugualmente, convinto che Biden fosse troppo debole e troppo vecchio per osare intralciare il suo piano.
Se questa ricostruzione vi “intriga”, come si dice adesso, naturalmente “retrodaterete” l’amicizia tra Berlusconi e Putin, i legami non recenti tra Salvini e Putin, tra la SPD tedesca e Putin, tra Le Pen e Putin, la presa di possesso del putinismo nei media italiani, e in particolare nella televisione di Stato e anche la nostra ultima campagna elettorale…
E adesso il canovaccio si ripete con le elezioni del Midterm americano, in cui la sorte dell’Ucraina si agita come un fantasma di Halloween….
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