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Spira un vento, e si chiama Daniela Pes

Spira
Spira Di Daniela Pes

Tra elegante e oscura elettronica dai beat a tratti galoppanti e ambient dal respiro cosmico, sette tracce avvolte dal canto di un’artista dal talento multiforme, votata alla destrutturazione della forma canzone e alla decostruzione della lingua per creare un mondo sonoro esoterico in cui l’arcaico, il contemporaneo e il futuribile si avviluppano l’un l’altro.

Che si parli di libri o dischi, quando ci si avvicina alla fine dell’anno è tutto un profluvio di classifiche. In ambito musicale, una certezza c’è e non ce la toglie nessuno: uno dei migliori dischi (se non il migliore in assoluto) del 2023 porta la firma di Daniela Pes, trentunenne musicista e cantautrice sarda di Tempio Pausania
Un’esagerazione? Niente affatto. Prova ne sia che Spira, così s’intitola l’album di debutto, pubblicato da Tanca Records, la sotto etichetta di Trovarobato diretta da Iosonouncane, è stato insignito della targa Tenco come migliore opera prima del 2023.

Daniela Pes © ph Piera Masala

Luca Testoni: Ti sei resa protagonista di tanti piccoli miracoli. Il primo è stato quello di aver conquistato il Tenco, il massimo riconoscimento per i cantautori, grazie a Spira, un lavoro bellissimo e inaspettato, dove non ci sono testi compiuti, bensì un linguaggio immaginario, e in cui la voce è funzionale al suono.

Daniela Pes: Ho provato grandissima gioia e senso di stupore. Non era affatto scontato questo premio, tanto più considerando che nel mio disco la lingua non è trattata in modo convenzionale. Sono orgogliosa del fatto che la commissione dei giurati, pur in assenza di testi analitici o descrittivi, ha colto la forza di parole che affiorano come se fossero secche in mezzo al mare. Parole apparentemente insignificanti, che credo abbiano una forma e un senso, a seconda della sensibilità di chi le ascolta. Parole come mezzo, che evocano un significato, una storia, un immaginario ampio, interpretabile, sconfinato. 

LT: Secondo miracolo: avere ottimi riscontri, nonostante Spira sia un album complesso, che ha avuto una lunga gestazione e che suona quasi strumentale. Un’eresia in un’epoca in cui i trapper sfornano singoli in quattro e quattr’otto e investendoci di parole in rima e in cui, più in generale, la musica intesa come prodotto la si fa in serie, tutta uguale e a misura di algoritmo.

DP: Vuol dire che, per fortuna, c’è ancora spazio per un pubblico diverso. Un pubblico che ha voglia di dedicare tempo per ascoltare un disco diverso. Per riflettere, comprendere, capirlo, dargli una seconda, una terza possibilità, superando magari lo scetticismo iniziale. Il fatto che ci siano persone che concedano questo tempo prezioso in tempi frenetici come questi diventa fondamentale per musicisti che, come me, sperimentano, cercando nel profondo di sé stessi il proprio flusso creativo.

LT: Terzo miracolo: sembri essere riuscita a coniugare un approccio profondo alla musica, diciamo pure quasi novecentesco, con quello delle nuove tecnologie, specie in ambito elettronico. 

DP: Al di là di tutto, credo che, qualunque cosa tu faccia, sia importantissimo metterci tanto impegno, cura, attenzione e onestà. Chi sale sul palco dovrebbe essere arrivato lì tramite un percorso fatto di amore e sudore, in cui ci si è messi in gioco con fatica, coraggio e verità senza rincorrere nessuna formula prestabilita.

Daniela Pes © ph Piera Masala

LT: Cantautorato, musica elettronica, improvvisazione jazz, tradizione corale sarda, poesia. Qual è stato lo spunto di Spira?

DP: Di sicuro è entrata tutta la mia vita: la mia adolescenza a stretto contatto con le armonie e le voci della Sardegna; il cantautorato di De André, Fossati, De Gregori, Dalla, Battisti; e dai 13 anni in avanti tanto, tantissimo jazz. Grazie ai seminari che organizzava Paolo Fresu a Nuoro, per tante estati ho avuto modo di respirare la grande libertà di questa musica e, grazie all’incontro con musicisti incredibili, ho toccato con mano per la prima volta le tecniche di improvvisazione e l’approccio strumentale con la voce. Ci sono stati poi anche gli ascolti di Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Billie Holiday, Esperanza Spalding, John ColtraneCharlie Parker.

LT: Spira è giunto al termine di tre anni di lavoro e di un incontro decisivo, quello con Iosonuncane, all’anagrafe Jacopo Incani, cantautore ed elettronicista, tra i nomi di riferimento della scena della musica d’autore contemporanea.

DP: In questo primo lavoro da solista, la musica è stata scritta da me, gli arrangiamenti sono stati lavorati assieme a Jacopo e la produzione è stata di Jacopo, che ha tradotto con il suo straordinario “parco suoni” nello studio di Bologna quello che avevo messo giù in fase di preproduzione su Ableton Live. Premesso che per me fare musica è una ricerca prima di tutto personale e per arrivare a scrivere una linea melodica devo scavare dentro me stessa, mai come in questo caso ispirazione, fase scrittura, arrangiamento e produzione hanno viaggiato assieme. Quella di Spira è stata una scrittura in evoluzione - ho finito di comporre un paio di giorni prima di entrare in studio - e molto libera. Ci sono arpeggi di chitarra trasformati in arpeggi synth, ma ho anche utilizzato campionamenti della voce di un amico o di un suonatore di ghironda. Improvvisazioni di linee melodiche su sample vocali e composizione nate al piano. Non ho mai immaginato di lavorare con nessuno altro tranne che con Iosonouncane. Nessun piano B, dunque. Anche perché nessuno lavora con questa sensibilità e cura della musica. È vero, abbiamo approcci diversi – lui più compositore e musicista da studio; io più donna da palco, più improvvisatrice -, ma questa collaborazione, sintesi tra forma e istinto, si è rivelata davvero appagante.

LT: Sei nel pieno del tour live. Un tour che sta avendo un notevole riscontro di pubblico e che a novembre ti ha portato, tra l’altro, a Milano (Daniela Pes si è esibita nell’ambito del Linecheck Festival negli spazi di Base) e a Torino (presso OGR); a dicembre ti aspettano ancora Mestre, Ravenna, Bari, Taranto, Lecce; e a gennaio Catania e a Palermo.

DP: Il mio live è un flusso continuo di musica che però non può non avere spazio per slarghi che consentano di improvvisare e modificare strutture, melodie e armonie. Con me sul palco ci sono altre due donne: Maria Giulia Degli Amori (percussioni e voce) e Marù Barucco (sintetizzatori, basso ed elettronica). Sta andando al di là di qualsiasi tipo di aspettativa. Vedere che tra il pubblico c’è anche chi canta i testi del disco mi ha stupita. Pensare che quando mi sono lanciata nell’avventura della scrittura del disco ho avuto grandi momenti di sconforto, mi facevo tante domande e avevo tante paure…

LT: Vivere di musica in Sardegna. È possibile o bisogna emigrare?

DP: Detto che io provengo da questo luogo, e questo luogo continua a parlare in me, è indubbio che potersi perdere e vivere il tempo, lo spazio e i silenzi dell’isola hanno agevolato il mio processo creativo. So perfettamente che la Sardegna è il mio porto sicuro, ma se devi fare tanti concerti è impensabile rimanere lì. Gli spostamenti da e per la Sardegna non sono per niente semplici. Per questo ora mi sono trasferita a Bologna.

Daniela Pes © ph Piera Masala

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