Bassa marea

Sessant'anni con James Bond

Imperniato su uno dei servizi di spionaggio migliori del mondo, è diventato la riprova dell’importanza del soft power in un pianeta culturalmente globalizzato

Ha compiuto ieri sessant’anni e li porta benissimo.
Il 5 ottobre 1962 nei cinema d’Inghilterra uscì un film intitolato Dr. No. Era costato relativamente poco e aveva come protagonista un giovane attore scozzese di nome Sean Connery, non un divo di Hollywood. In Italia arrivò tre mesi dopo con il titolo Licenza di uccidere e rimase in programmazione nelle sale fino all’estate, un fenomeno raro per quei tempi.
Da allora James Bond è diventato un brand, un’icona e una macchina per fare soldi. Venticinque pellicole, tra cui alcuni titoli diventati proverbiali come Dalla Russia con amore e Si vive solo due volte (più due prodotti fuori dal canone classico), ormai mezza dozzina di interpreti, da Connery a Roger Moore, da Pierce Brosnan a Daniel Craig.

I primi film erano tratti dai romanzi di Ian Fleming, che nel nostro Paese stanno avendo nuova vita, e una collocazione più letteraria, meno fumettistica, ripubblicati da Adelphi.
Poi gli sceneggiatori hanno inventato nuove trame. Gli inglesi vantano anche altri fenomeni culturali globali: Sherlock Holmes, Poirot, Robin Hood, Harry Potter. Ma nessuno si è dimostrato in grado di riciclarsi come l’agente 007. Che nacque come nostalgico omaggio a un potere in declino, quello dell’Impero britannico, surclassato dall’America dopo la Seconda guerra mondiale, imperniato su uno dei servizi di spionaggio migliori del mondo, l’Mi6; ma è diventato la riprova dell’importanza del soft power in un pianeta culturalmente globalizzato.

Adesso Bond, James Bond, la spia in Aston Martin e smoking che beve Martini “agitato, non mescolato” ("shaken, not stirred", nella versione originale), ha un duplice problema.
Primo, è totalmente sconnessa dalle spie della realtà, che sono donne, minoranze etniche, nerd o hacker, con la faccia e il corpo dell’individuo anonimo, perché il loro compito è non dare nell’occhio. Secondo, dopo il finale dell’ultimo film No time to die, i produttori hanno bisogno di un guizzo di fantasia per riprendere la serie: tornare nel passato, fare apparire un figlio di 007, spiegare che quel finale era ingannevole. Ah, e poi c’è il terzo problema, che forse è il principale: trovare un erede a Craig, tra i vari candidati in pista: Tom Hiddleston? Idris Elba? Tom Hardy? O piuttosto un’attrice? Non sarà facile risolverli. Ma si può scommettere che Bond alla fine ci riuscirà.

Thunderball
Thunderball Di Ian Fleming;

Dopo aver scritto Goldfinger - e molto prima che Broccoli e Saltzman, a Hollywood, cominciassero a darsi da fare - Ian Fleming aveva capito che la sua creatura era pronta per il cinema, e aveva lavorato a una sceneggiatura.

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