L'Homo Sapiens, nostro comune progenitore, faceva sesso con i Neanderthal e aveva da loro dei figli, dopo essere migrato dall’Africa 70 mila anni or sono
Quando avevo quattordici anni, nel 1970, ascoltavo una canzonetta che andò in testa alla hit parade in tutta Europa, Neanderthal Man, brano del gruppo pop inglese Hotlegs, il cui ritornello diventò un tormentone anche in Italia, così semplice da non avere bisogno di traduzione: “I am a Neanderthal man, you are a Neanderthal girl, let’s make Neanderthal love, in this Neanderthal world”, un coro ripetuto dall’inizio alla fine sempre nello stesso tono.
Chissà se negli stessi giorni, in Svezia, la ascoltava anche Svante Paabo, allora quindicenne, destinato a diventare un biologo e genetista di fama mondiale, vincitore questa settimana del Premio Nobel per la Medicina grazie alla scoperta del DNA dell’uomo di Neanderthal.
Per la precisione, nel 2009 lo scienziato svedese e i suoi ricercatori ricostruirono la prima versione del genoma dei Neanderthal attraverso un osso vecchio di 40 mila anni, un’impresa fino a quel momento giudicata impossibile dalla maggioranza degli studiosi.
I suoi risultati dimostrarono che quella specie di uomini primitivi, che abitava per lo più in Europa e in Asia occidentale, era geneticamente differente sia dai moderni umani, sia dagli scimpanzé.
Ulteriori esami rivelarono che il DNA dei Neanderthal era più vicino a quello degli esseri umani odierni provenienti da Europa ed Asia che da altre regioni del globo: oggi si è stabilito che tra l’1 e il 4 per cento del DNA dell’uomo moderno viene da quei nostri lontani parenti.
Questo significa che l’Homo Sapiens (o la donna Sapiens), nostro comune progenitore, faceva sesso con i Neanderthal e aveva da loro dei figli, dopo essere migrato dall’Africa 70 mila anni or sono. Insomma, la canzoncina del 1970 era giusta, ma solo fino a un certo punto.
La versione corretta avrebbe potuto recitare: “Io sono un uomo di Neanderthal, tu sei una donna di Neanderthal, ma qualche volta andiamo a letto anche con la donna e con l’uomo Sapiens”.
Un libro che porta il lettore a riconsiderare in modo nuovo i termini della grande domanda: cosa significa essere umani?
Altre riflessioni di Enrico Franceschini
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