Non c’è bisogno di essere anticapitalisti (parafrasando quel che Churchill disse della democrazia, io penso che il capitalismo sia il peggior sistema economico, a eccezione di tutti gli altri) per accorgersi della crescente diseguaglianza
Ecco un modo per tornare a parlare della regina Elisabetta, una decina di giorni dopo il funerale che ha catalizzato l’attenzione del Regno Unito e in verità anche del resto del mondo: la valutazione dell’evento televisivo in base agli indici di ascolto.
Le autorità britanniche informano che 29 milioni di persone hanno guardato le esequie sul territorio nazionale: tante, indubbiamente, ma meno di quanto ci si aspettava in un Paese di 67 milioni di abitanti. La previsione della vigilia era che il funerale della sovrana sarebbe stato il programma con più spettatori nella storia della tivù: invece lo ha guardato meno della metà della popolazione.
Meno della finale degli Europei di calcio nel 2020, persa dall’Inghilterra ai rigori contro l’Italia, che fu guardata da 31 milioni di persone.
E meno del funerale della principessa Diana, venticinque anni or sono, che ebbe 32 milioni di telespettatori.
Queste cifre non significano, naturalmente, che gli inglesi non amassero abbastanza Elisabetta II.
Il funerale è stato effettivamente un momento di grande cordoglio collettivo. Ma è sempre bene riportare le cose alle loro dimensioni reali. Più di metà dei britannici, mentre gli altri si commuovevano incollati al video, stavano facendo altro, cosicché le esequie non sono state un avvenimento da record, come hanno continuato a dire e scrivere quasi tutti.
Altrettanto probabile che non sia stata raggiunta l’audience globale dei funerali strombazzata dai giornali, quattro miliardi e mezzo di persone, più di metà dell’umanità: una stima peraltro molto difficile, se non impossibile, da calcolare con assoluta precisione.
Del resto anche le cifre sul numero di persone che si sono messe in coda per dare l’estremo saluto alla sovrana, sfilando accanto al feretro nella grande sala del parlamento di Westminster, ora sono state ridotte dal conteggio ufficiale o ufficioso: si era parlato di un milione di persone, poi di 750 mila, quindi di mezzo milione, adesso Michelle Doneland, ministra della Cultura britannica, indica che si è trattato probabilmente di “250 mila persone”. Nemmeno questo smentisce l’ampia emozione per la scomparsa di una regina che, questo sì, era da record, poiché nessuno in Gran Bretagna e in pratica nessuno al mondo (tranne il Re Sole, che però salì al trono a 5 anni, con la madre a fargli da reggente fino alla maggiore età) ha regnato più a lungo di lei.
Ma dieci giorni dopo è giusto riportare quello che è accaduto nelle sue proporzioni – è il caso di dire – reali.
E adesso vedremo quanti saranno gli spettatori in tivù, la primavera prossima, per l’incoronazione di re Carlo III.
"Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto." (Karl R. Popper) Un classico che ha suscitato un dibattito inesauribile e oggi è più che mai attuale, un una nuova edizione arricchita da un saggio introduttivo di Giancarlo Bosetti e dai testi di John Condry, Karol Woytila, Raimondo Cubeddu e Jean Baudoin.
Altre riflessioni di Enrico Franceschini
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