Giovedì 21 aprile
A tirare il sasso – e con mira precisa – è stato pochi giorni fa Paul Krugman, premio Nobel nel 2008, editorialista del New York Times e il più apprezzato economista “liberal” del mondo occidentale. Ha scritto: “La Germania è oggi il maggior enabler (facilitatore, alleato, quasi complice) di Vladimir Putin”. E spiega: la Germania è il paese che oggi rifiuta di sospendere le forniture di gas e petrolio dalla Russia, spiegando che così facendo andrebbe incontro a una paurosa recessione, secondo le stime della sua Confindustria.
Questo – dice Krugman – “semplicemente non è vero” e cita importanti centri di ricerca economici tedeschi che limitano il calo del PIL a un tollerabile meno 2.1 per cento. Krugman paragona questo atteggiamento a quello che ebbero gli industriali americani una trentina di anni fa, quando cercarono di opporsi alle prime misure ecologiche per fronteggiare l’enorme problema dei danni ambientali provocati dalle “piogge acide”. A quel tempo, dissero, il costo delle misure di “desolforazione” degli scarichi delle centrali carbonifere, avrebbero portato alla distruzione “l’intera economia del Midwest”. Non fu così, anzi: a fronte di un costo contenuto, i vantaggi per l’ambiente furono eccezionali. Ma poi Krugman entra nella carne viva di oggi, quando ricorda che fu la Germania, dieci anni fa, ad imporre – dall’alto di una superiorità morale – sanzioni poco umane alla Grecia che, a suo parere, si era comportata incautamente con il denaro che aveva ricevuto in prestito. L’economia greca si contrasse del 20 per cento, la disoccupazione salì al 27 per cento e solo per merito del “whatever it takes” di Draghi, l’euro fu salvato. Dice Krugman: il problema è che ora la Germania (così lesta nel dare giudizi morali) si è legata mani e piedi alle forniture energetiche russe, dimostrando peraltro una particolare miopia strategica oltreché politica. E non da oggi: in particolare la SPD ha funzionato negli ultimi dieci anni come una succursale del sistema finanziario che tiene Putin al potere.
Riuscirà la Germania a cambiare linea? Non è così semplice, i legami sono particolarmente profondi.
Ma, se lo facesse, sarebbe la vera svolta. Per l’Europa.
Sempre pensando ai temi della prossima maturità, segnalo la famosa poesia di Heinrich Heine (“I tessitori della Slesia”, 1844), di cui vi propongo qualche verso, nella traduzione di Giosuè Carducci
Non han negli sbarrati occhi una lacrima,
Ma digrignano i denti e a' telai stanno.
Tessiam, Germania, il tuo lenzuolo funebre,
E tre maledizion l'ordito fanno -
Tessiam, tessiam, tessiamo!
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Paul Krugman, i libri di un grande economista liberal
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