Il rave era una forma estremamente inclusiva di intrattenimento e di azione politica.
Chi non ha mai girato a notte fonda nelle periferie, a bordo di un'automobile, assieme agli amici più fidati, in cerca di un segnale di luce o di suono verso il quale dirigersi, difficilmente potrà capire perché il dibattito acceso in questi giorni a seguito dello sgombero dei capannoni destinati a ospitare rave party (e il seguente decreto cosiddetto anti-rave varato dal governo Meloni nel suo primo consiglio dei Ministri) polarizzi tanto l'opinione pubblica.
Quella dei rave è una cultura che affonda le sue radici negli anni Novanta e che ha saputo diffondersi a macchia d'olio in tutta Europa, aggregando attorno a sé culture e controculture giovanili che hanno a volte saputo raccontarsi.
Per questo pensiamo di fare cosa gradita riproponendo ai nostri lettori l'intervista realizzata qualche tempo fa con Roberto Grossi, architetto e fumettista che col suo Cassadritta, graphic novel uscito per Coconino poco più di un anno fa, è riuscito a comunicare molto bene quella irrequietezza che spinge tanti giovani a cercare spazi di aggregazione "oltre i limiti": limti non solo geografici ma spesso ideologici, com'è ideologico - a detta di molti - l'impianto culturale che ha informato il decreto anti-rave (che è già stato messo in discussione anche all'interno della maggioranza, a dire il vero). Accanto all'intervista, una bibliografia per ripercorrere le tappe di una storia che - ne siamo certi - è ben lontana dal potersi dire conclusa e le cui vicende restituiscono il sentire dell'epoca in cui si esprimono.
Buona visione, dunque. E buone letture!
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