È ormai noto che condivido la vita con dei rumorosi e invadenti mostriciattoli di nome Insi (... curezza), Sindi (... rome dell’impostore), Giudi (... paura del giudizio). Ogni tanto - molto spesso in realtà - ospitiamo Mali (... nconia) che, più che un mostro, è una specie di gorilla affettuoso e stanco, e Pres (... sione) che sembra un gatto grasso che ti si addormenta addosso, contando sul fatto che non lo farai alzare a costo di perdere il respiro e consegnare il lavoro costantemente in ritardo.
Meno noto è il fatto che raramente mi lascino sola e quando lo fanno è sui dancefloor quando “cinque minuti e poi staffa”, al bar quando “l’ultimo e poi a casa”, a casa quando “una sigaretta poi tutti a nanna” .
In sostanza, mi lasciano sola le rare volte in cui riesco a fare più tardi delle 23.00 e senza attacchi di panico.
"Ci sono romanzi che non avrebbero bisogno di introduzioni. Appena iniziamo a leggerli, sin dalle prime pagine ci proiettano in una vita per noi impensabile pochi istanti prima, nella quale tuttavia ci orientiamo a meraviglia. [...] Delitto e castigo è uno di questi romanzi, un'opera di bruciante attualità, nella quale Dostoevskij ha saputo cogliere a partire dalla sua epoca l'eco di voci remote nella nostra cultura e oggi più che mai vibranti. Leggendo questo romanzo ti viene subito in mente lo sguardo vuoto e spento di tanti 'eroi' della nostra cronaca nera, ti risuona nella testa la voce minacciosa del Dio della Genesi che grida a Caino: Caino, che hai fatto? Ora tu sei maledetto dalla terra, sarai errante e vagabondo. E ti chiedi: e se fossi stato io?" (dalla prefazione di Damiano Rebecchini). Un romanzo decisivo per la successiva narrativa novecentesca, per lo scavo psicologico dei personaggi e la ferocia dell'analisi emotiva. In una nuova traduzione, l'immortale storia di sofferenza e salvazione diventata uno dei classici più amati e influenti di tutti i tempi (e di tutte le letterature).
A tredici anni un amore che sboccia può sembrare un plagio. Una ragazzina che assiste a una violenza può convincersi di aver riconosciuto il responsabile e far condannare un innocente, rovinandolo e rovinandosi. Perché tutta la vita sarà segnata dalle conseguenze. La ragazzina crescerà, diventerà una scrittrice, ma non si libererà del peso dell'ingiustizia inferta a un innocente, alla propria sorella innamorata e in fin dei conti anche a se stessa. «Un romanzo meraviglioso. Soltanto il geometrico, cristallino McEwan poteva trascinarci con tanta sapienza in tale vertiginoso labirinto» – la Repubblica All'età di tredici anni, in un caldo giorno d'estate del 1935, Briony Tallis sente di essere diventata una scrittrice. La sera stessa, accusando di un crimine odioso un innocente, commette l'errore che la segnerà per tutta la vita. Eppure la giornata era iniziata sotto i migliori auspici. C'era la commedia da mettere in scena, i cugini arrivati dal nord per trascorrere qualche tempo in casa Tallis, e da Londra era atteso l'amatissimo fratello Leon con un amico, industriale della cioccolata. Soltanto la sorella maggiore Cecilia impensieriva Briony, con quel suo misterioso rapporto che la legava a Robbie Turner, il figlio della loro donna di servizio. Tutti i personaggi entrano in scena ma, nella commedia della vita, non ci sono prove prima della recita e ogni gesto assume un carattere definitivo. Presto, sarà troppo tardi per fermare la macchina dell'ingiustizia e la guerra arriverà a spazzare via il vecchio mondo con le sue raffinate ipocrisie.
Martin Buber mostra in queste pagine come la colpa non sia riducibile alla dimensione psicologica del senso di colpa, ma abbia altre implicazioni, ben più importanti.
Le mattine seguenti, mi sveglio comunque entro le 9.00 e accanto a me trovo un’enorme bestia, pesante quanto Pres, spinosa come Insi.
Mi fissa e vuole la colazione.
Rivendica il suo spazio, come un adolescente. Forse è un mostro adolescente.
Sbatte le ciglia. Approfitta del suo essere ingombrante, ma con il muso di chi non sa fare del male.
E alla fine passiamo ogni volta la mattinata assieme, fino al rito della pasta in bianco del senso di colpa. Illuminazione!
“Ecco chi sei! sei il senso di colpa! Quello che mi si infila nei jeans appena mangio un fritto o la carbonara, che mi fissa mentre dormo poco perché ho fatto tardi e la sveglia è fissata troppo presto. Sei quello che mi ripete fino allo sfinimento e con qualsiasi mezzo ogni parola detta male!”
Sorride orgoglioso e mi mostra le sue spille: ognuna rappresenta la sua funzione e il suo grado: una specie di ministero.
Ma arriviamo al punto.
Stasera, all'aeroporto, lo sento correre goffo e rumoroso nel corridoio lunghissimo che separa la zona ristoro dal gate.
Al suo arrivo tira giù tutti come fossero birilli solo perché la fila somiglia ad un gregge, più che a una fila.
E io mi trovo a fare cinque passi indietro, come se avessi sparato col bazooka, perché ha finito la sua corsa saltando nella borsa piena di regali per la mia famiglia (... nonostante sia stata via meno di 48 ore).
Il quinto album in studio del cantautore statunitense naturalizzato canadese.
La favolosa ristampa di uno dei capolavori di Paul McCartney. Edizione in vinile nero.
Eccolo, è Sensodicolpa. Senza diminutivi. Senza soprannomi.
Pesante, ingombrante. Ma con il pelo morbidissimo. La buona notizia è che non ha le squame.
Volevo interrogarmi sul perché gli aeroporti - come le grandi città - presentino incredibili differenze tra le aree comuni e la solitudine degli imbarchi.
Avrei voluto raccontare di confini ritrovati tra Brexit e Covid o raccontare distacco e nostalgia ma se i miei mostri sono già a bordo e Sensodicolpa è accovacciato nella borsa, è in realtà per un motivo più semplice.
Malika: "Lo sguardo di quella donna, vero?"
Sensodicolpa: "L’hai mollata lì, al gate. Non l’hai difesa. Aveva i doni nei sacchetti, come te. Rideva del gregge al controllo documenti e del fatto che il controllo fosse fatto a mano su un tavolo di legno. Più sportivamente di quanto abbia fatto tu"
Malika: "... ma quando si è messa a urlare che se non hanno uno scanner per controllare il tampone non è un suo problema, ha generato un meccanismo malato. Chi non era in regola ha iniziato a urlare a sua volta e il signore della sicurezza, che invitava ad aspettare il supervisore, mi ha detto che una madre preoccupata per i suoi figli a casa non aggredisce due persone che devono controllare 400 documenti all’ora. Che lui deve difendere loro"
Sensodicolpa: "Carina, se tu fossi preoccupata per qualcuno sapresti fare di peggio. L’hai già fatto"
Malika: "... In effetti ho abbandonato una persona che aveva un diritto ma lo ha rivendicato nel modo sbagliato"
Sensodicolpa: "Ecco, appunto"
Toccava a me intervenire?
Quando sembrava che fossi io a essere rimbalzata, lei ha proseguito per la sua strada ed è tornata a rivolgermi la parola solo quando ha temuto per la sua libertà di ritornare a casa.
Ha senso spendersi per qualcuno che considera la tua esistenza solo quando condivide lo stesso problema?
Sarei forse dovuta essere io a fermare l'addetto alla sicurezza, provando con calma a convincerlo, spiegandogli che era la paura a parlare, in quella donna, e non l’arroganza, diversamente dal gregge che continuava ad appellarsi all'isolamento fiduciario.
Jenny Davin è una giovane dottoressa molto stimata al punto che un importante ospedale ha deciso di offrirle un incarico di rilievo. Intanto conduce il suo ambulatorio di medico condotto dove va a fare pratica Julien, uno studente in medicina. Una sera, un'ora dopo la chiusura, qualcuno suona al campanello e Jenny decide di non aprire. Il giorno dopo la polizia chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza dello studio perché una giovane donna è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta.
Sensodicolpa: "... e quindi? cosa hai fatto, alla fine?"
Malika: "Le ho detto che una volta mi hanno messa su una blacklist e non c’era niente che si potesse fare, una volta che la compagnia aveva deciso..."
Sensodicolpa: "Ci pensi a quei bambini che stasera aspetteranno la mamma invano?"
Malika: "Da ragazza ero sovrappeso a forza di mangiare per tutti i bambini che muoiono di fame"
Sensodicolpa: "Ricordo. La nonna era molto soddisfatta allora."
Malika: "Che faccio? ci riprovo?"
Sensodicolpa: "Se non vuoi rimanere qui anche tu, fatti i fatti tuoi. Sorridi sotto la mascherina e offrimi un’aranciata."
Malika: "Sono una persona orribile, vero?"
Sensodicolpa: "Sì. Ma solo perché te lo domandi"
Malika: "In che senso, scusa?"
Sensodicolpa: "Non è più la storia della signora a essere importante per te. Piuttosto, conta la “te” eroina mancata, diplomatica di livello base, animo sensibile distrutto. Ti senti campionessa di sensibilità... ma forse sei solo vanitosa"
Malika: "Forse sì. E forse l’aranciata te la offre il signore della sicurezza"
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