Qualche giorno fa, mentre ero a tagliarmi (poco) i capelli, l'aria è stata attraversata da una canzone che mi pareva proprio di conoscere. "Ma sì, certo, è... è... che cos'è?!"
Va detto che il mio parrucchiere è abbastanza speciale.
A volte, c'è perfino un deejay che mette su i dischi. Come se si potesse ballare sulla poltrona, mentre ti sforbiciano. Sui Navigli va così, ci sono posti così.
A ogni modo, quel pezzo ero sicuro di conoscerlo, e avevo ragione, ma ci ho messo quella manciata di secondi in più del dovuto, per rendermi conto che era Trasmission dei Joy Division.
Ma come è stato possibile? Una delle canzoni della mia vita, di uno dei gruppi della mia vita. Non fosse che era arduo armeggiare con il telefono, in quel frangente, avrei googlato "problemi di memoria". E, conoscendomi, avrei saltato le prime righe, quelle con scritto "Niente paura, quasi sempre si tratta soltanto di...", per andare a spaventarmi con le eventualità più tremende, elencate in fondo.
Fatto sta che più tardi ci ho riflettuto su bene, rasserenato da una nuova (si fa per dire: ho lo stesso taglio di capelli da circa un decennio) e quasi giovanile immagine di me stesso, e ho compreso che non era successo nulla di straordinario. Era solo un caso di musica fuori contesto.
E la memoria - per dimostrarmi la sua efficienza e, insieme, sorprendermi alle spalle - è tornata a una sera di tanto tempo prima. Quando, in una puntata di ER, una ventina di anni fa, sentii Clocks dei Coldplay impazzendo nel non capire che arrivava da uno dei CD che sentivo come se me l'avesse ordinato il medico (verrebbe da aprire una parentesi su quanto i primi Coldplay fossero debitori nei confronti dei Joy Division, ma invece la chiudo).
Oggi è normale, in una serie televisiva, sentire musica di qualità, anche parecchio indie, ma all'epoca non era così.
E non c'era Shazam. Tant'è che, ricordo, mi resi conto di quale canzone era soltanto giorni dopo, riascoltandola nel contesto giusto.
E siamo arrivati al nocciolo della questione. La musica fuori contesto, appunto, che diventa improvvisamente estranea, quasi sbagliata. Come un'ostrica nel menu di un fast food. Come Bill Gates davanti a te, alla cassa del supermercato, che cerca le monetine nel portafogli dicendo "un attimo, ce li ho giusti".
Non perché una canzone diventi meno bella, con un giro meno azzeccato o un ritornello più moscio, ma perché - ascoltata nel posto "sbagliato" - perde agganci culturali e sentimentali.
È una canzone spaesata, sperduta.
A ripensarci, mi fa quasi tenerezza, quella Trasmission in mezzo agli sciampi. "Ehi! che cosa ci fai qui? Non avere paura. Adesso ti ho riconosciuta."
Lo so che c'è qualcosa di sbagliato, di ingiusto e perfino ingrato, in tutta questa riflessione. Una bella canzone è una bella canzone, anche quando viaggia in incognito e fuori sede.
Però è pure bello pensare al profondo, intimo e indissolubile legame fra il flusso della musica e quello della propria vita, dei propri ricordi. Che è anche il motivo, e adesso lo capisco, per cui da quando ho sistemato faticosamente la collezione di dischi in ordine alfabetico, invece che di arrivo, mi è più facile trovare un album, ma più difficile ritrovare me stesso.
Altre tracce di Tito
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente