Passato di letture

Schiacciare, omologare, distruggere: la grammatica di Daes

Illustrazione digitale di Tommaso Spadaro, 2022, studente del Triennio in Graphic Design e Art Direction, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Illustrazione digitale di Tommaso Spadaro, 2022, studente del Triennio in Graphic Design e Art Direction, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

I fenomeni mediatici sono spesso “esplosioni di presente”: temi che occupano a mano armata l’attualità ma di cui spesso si ignorano le origini. Meteore che monopolizzano l’attenzione per un periodo e poi scompaiono senza lasciare il tempo di comprenderne il prima e di poterne quindi immaginare il dopo. Prendiamo il cosiddetto o sedicente “Stato Islamico”. In principio fu I.S.I.S. (Islamic State of Iraq and Syria), una sigla, ma anche una dichiarazione di intenti. Oscura ai più, serviva a definire quello che veniva dipinto dai media come l’ennesimo pianeta della galassia antioccidentale: una specie di Al Qaeda 2.0. Non si comprese che in quel nome c’era già la ricerca  di legittimazione per quell’ammasso di interessi criminali e fanatismo che stava sconvolgendo il Medio Oriente. “Stato islamico” era quello che i terroristi volevano essere. Per questo la prima importante svolta mediatica arrivò quando si diffuse il nome con cui, spregiativamente, gli avversari definivano il “califfato”, cioè Daeş, (lett. “calpestare”, “distruggere”).
Dare i “nomi giusti” alle cose è un primo importante passo per comprenderle. 

E proprio  Daeş, viaggio nella banalità del male (Meltemi 2020) si intitola il bel libro di Sara Montinaro, attivista politica e dei diritti umani, che vuole colmare la lacuna di conoscenza riguardante uno dei fenomeni di maggior impatto degli ultimi anni, di cui però si conosce pochissimo. La storia di un tentativo di strutturarsi come entità politica e statale e - al tempo stesso - una panoramica sulla nascita dei movimenti eccentrici rispetto alle grandi correnti dell’Islam e alla loro crescente influenza all’interno delle lotte per il potere dei vari stati a maggioranza musulmana nel XX secolo. 

Una ricostruzione storica veloce ma puntuale, cui fa seguito il racconto analitico della struttura che cercò di darsi, all’apice della sua potenza a metà anni 2010, il sedicente califfato: giochi di potere, scontri interni e rapporti esterni, ma anche amministrazione, controllo del territorio, politiche culturali e perfino un accenno di welfare state.
Una visione approfondita di un fenomeno di cui tanto si è parlato ma di cui si conosce ancora oggi troppo poco.
Una visione ancor più interessante perché presentata nella prospettiva della più grande fra le minoranze oppresse da
Daeş, vale a dire quella delle donne. 

NON LEGGETELO se siete appassionati di “scontri di civiltà”: Daeş è, soprattutto una piaga aperta all’interno dello stesso mondo islamico. 

NON LEGGETELO se cercate il sensazionalismo del terrore: questo libro presenta una più realtà complessa di quella che possono raccontare due minuti di servizio TV. 

NON LEGGETELO se siete affezionati alla visione eurocentrica della storia: In questo testo troverete un mondo altro, con un proprio passato, e che combatte per il proprio futuro. 

 

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