È un libro incredibile, emozionante, a suo modo storico, ma che mette la storia da parte per raccontare la vita di alcune persone. E poi ha l'amore, anche quello, al centro del suo cuore
Avevamo già capito dalla nostra imperdibile intervista in occasione dell'uscita del suo Scheletro femmina, che per Francesco Cicconetti l'amore – per sé e per gli altri – occupa il primo posto nella lista delle priorità.
Consigliandoci Il giardino dei Finzi-Contini del grande Giorgio Bassani, non fa che riconfermarcelo.
Pochi romanzi italiani del Novecento sono entrati così profondamente nel cuore dei lettori come Il giardino dei Finzi-Contini, un libro che è riuscito a unire emozioni private e storia pubblica, convogliandole verso un assoluto coinvolgimento narrativo. Un narratore senza nome ci guida fra i suoi ricordi d'infanzia, nei suoi primi incontri con i figli dei Finzi-Contini, Alberto e Micòl, suoi coetanei resi irraggiungibili da un profondo divario sociale.
Pubblicato nel 1962 dal politico e scrittore Bassani, da cui è stato tratto il film diretto da Vittorio De Sica, il libro è ambientato nella sua città d'origine, Ferrara, dove vi ha trascorso gran parte della giovinezza.
La storia è difatti ispirata a vicende reali, legata a doppio nodo alla vita di Silvio Magrini, presidente della comunità ebraica ferrarese negli anni '30, e a quella della sua famiglia. Ebrei dell'alta borghesia, vivevano nella villa descritta nel romanzo, prima che l'arrivo della Seconda Guerra Mondiale li conducesse verso un triste destino.
Protagonista del romanzo è un io narrante di cui non ci è dato sapere l'identità, ma con il quale il lettore entra in confidenza attraverso le sue parole, filo conduttore dell'intera vicenda.
All'inizio del romanzo scopriamo un uomo che nel 1957 si trova in gita domenicale con degli amici e, ritrovatosi di fronte alla tomba dei Finzi-Contini, ripercorre parte della sua vita vissuta con loro.
Con un tuffo nel passato, veniamo a conoscenza dalla ricca famiglia Finzi-Contini, il cui capostipite è il professor Ermanno, che con la moglie Olga è genitore di Alberto e Micòl.
A popolare la loro villa, un gran numero di domestici, giardinieri e contadini, tra cui il fedele Perotti, tuttofare di casa.
Come il protagonista entra in contatto con questa famiglia? Tramite la religione. Ebreo della media borghesia, conosce i figli dei Finzi-Contini, suoi coetanei, solo di vista, durante le festività ebraiche, poiché costretti dalla famiglia ad un isolamento forzato che li vede intraprendere gli studi in casa.
Solo nel 1929, quando il narratore scopre di essere stato rimandato in matematica al ginnasio, incontrerà Micòl: in preda alla disperazione e senza alcuna intenzione di tornare a casa ad affrontare i suoi genitori, si ritrova di fronte al muro di cinta che racchiude l'imponente giardino dei Finzi-Contini. Lì a cavalcioni, una bellissima tredicenne lo aiuta a scavalcare e lo consola, scatenando in lui un forte sentimento che tuttavia non riesce a coronare con un bacio.
Dovrà aspettare quasi dieci anni per rincontrare Micòl, quando - in seguito all'emanazione delle leggi razziali - viene allontanato dal club di tennis e accolto da Alberto e la sorella, che lo includono nel loro gruppo di amici e gli permettono di usufruire del campo da tennis all'interno dei confini della loro proprietà.
Finalmente, l'io narrante ha l'occasione di conoscere ogni anfratto dell'imponente villa e passare diverso tempo con la ragazza di cui è innamorato, mentre fa la conoscenza di altri personaggi. Il più importante fra tutti è Giampiero Malnate, attivista politico milanese e grande amico di Alberto.
Micòl si rivela una donna forte, indipendente, stranamente nostalgica del passato e per nulla interessata al suo futuro. Il protagonista porta con sé l'amore che prova per lei, ma non si decide a comunicarglielo, finché la ragazza parte improvvisamente per frequentare l'università a Venezia, lasciandolo tra le pareti di casa Finzi-Contini che continua a frequentare, come se così possa mantenere un legame con la giovane.
In occasione della Pasqua ebraica, Micòl fa ritorno a casa e il ragazzo si precipita da lei, baciandola in uno slancio di entusiasmo, che lei però non ricambia. Da lì, il loro rapporto si incrina terribilmente e il protagonista precipiterà in una spirale di tristezza che tenterà di colmare con le serate in compagnia di Giampiero, a discorrere di politica e a lasciarsi convincere a frequentare posti poco raccomandabili.
Solo quando si convincerà a porre fine alle proprie illusioni, riuscirà a trovare la forza di andare avanti, ma la Guerra è ormai alle porte.
La deportazione verso i campi di concentramento sarà forse il triste epilogo?
Ciò che è certo, è che che i sentimenti di malinconia e di perdita dominano il romanzo tanto quanto le disilluse speranze giovanili. Eppure l'amore, come ci ricorda Cicconetti, è il miglior filtro attraverso cui narrare una storia.
Anche la più difficile.
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