Cult!

Vargas Llosa, O'Brien, Salinger: gli autori cult di Giovanni Veronesi

Quando abbiamo chiesto a Giovanni Veronesi il suo libro del cuore, quella lettura che ti cambia la vita, non si è limitato a un titolo, ne aveva in mente ben tre differenti.

Il regista di Romeo è Giulietta, il nuovo film da poco al cinema con protagonista Pilar Fogliati non sapeva da quale titolo cominciare al termine della nostra intervista sulla pellicola. E mentre l’attrice, incalzata dalla stessa domanda, si è soffermata su Gente di Dublino, la raccolta di racconti di James Joyce (non perdetevi l’articolo), Veronesi ha consigliato La zia Julia e lo scribacchino, Una pinta d’inchiostro irlandese e Il giovane Holden.

La zia Julia e lo scribacchino
La zia Julia e lo scribacchino Di Mario Vargas Llosa;

Pedro Camacho, detto il «Balzac creolo», è uno strano e fecondissimo inventore di trame melodrammatiche e truculente per un programma feuilleton di Radio Lima. In parallelo scorre la storia di Mario – pallidamente autobiografica – giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell'immaginario.

Sul capolavoro di J. D. Salinger non ci soffermiamo ulteriormente, ne abbiamo parlato in occasione dell'incontro con Enrico Deaglio, anche lui grande fan del romanzo dello scrittore americano.

Le altre due opere citate da Veronesi, invece, sono un exploit di mondi caleidoscopici, frutto di due brillanti e innovative immaginazioni, quali quella dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa e del giornalista irlandese Flann O’Brien.

Il primo è stato un prolifico autore di romanzi, saggi, piece teatrali e molto altro, una carriera fortunata e acclamata, consacrata nel 2010 dal Premio Nobel per la Letteratura.

La zia Jiulia e lo scribacchino si inscrive nella fase più comica e sottile di Vargas Llosa, quinta pubblicazione (1977) a distanza di tredici anni da La città e i cani, romanzo d’esordio dissacrante che finì addirittura bruciato in piazza dai militari. Il romanzo mette in scena l’amore insospettabile di Mario, personaggio in parte autobiografico, per sua zia Julia che dalla Bolivia ha appena raggiunto la capitale peruviana in cerca di marito. Tra i due corrono diversi anni (Mario ne ha appena diciotto, ancora minorenne per il suo stato, Julia invece 32) ma nonostante questo, tra mille difficoltà e l’opposizione dei genitori, si sposeranno.

La vita di Mario si intreccia a quella di Pedro Camacho, un fecondissimo scrittore di radiodrammi che gode di enorme successo a Lima: nel suo programma si mescolano storie di incesti, passioni amorose, uccisioni truculente e tradimenti, che tengono gli ascoltatori col fiato sospeso. La forza del romanzo di Vargas Llosa sta nell’ironia e nell’intricato ingranaggio narrativo che alterna un capitolo all’altro, dando vita a un colorato mondo fatto di assurdità e storie rocambolesche; si avverte l’eco dei grandi romanzi ottocenteschi, a cui Vargas Llosa ha ammesso di ispirarsi, con quel tocco di follia sudamericana e un’elegante musicalità nella scrittura.

Una pinta d'inchiostro irlandese
Una pinta d'inchiostro irlandese Di Flann J. O'Brien;

Un singolare, allarmante humour nero, surreale e iperreale, imperturbabile nella sua capacità di sconvolgere a ogni passo le carte dell’immaginazione. Non sarebbe urbano chiedere a qualcuno di raccontare la trama di un romanzo di Flann O’Brien. Basterà quindi dire che si tratta di un romanzo-dentro-un-romanzo-dentro-un-romanzo, che è esilarante, che contiene parodie di un vasto numero di generi letterari

Dal Perù prendiamo un aereo per tornare in Europa, precisamente in Irlanda, a Dublino. Qui Flann O’Brien ha tentato la carriera dello scrittore al tempo in cui James Joyce pubblicava il Finnegans Wake, senza però trovare un successo minimamente paragonabile a quello del connazionale. E dire che lo stesso Joyce, insieme ad altri pochi ma grandissimi scrittori del tempo, come Graham Greene e Samuel Beckett, avevano riconosciuto e acclamato la genialità di O’Brien.

Il giornalista dell’«Irish Times», conosciuto con lo pseudonimo di Myles na Gopaleen, ha esordito proprio con Una pinta d’inchiostro irlandese nel 1939. Sarebbe riduttivo tentare di raccontare la trama di un romanzo-nel romanzo-nel romanzo, che allo stesso tempo è un antiromanzo dove i personaggi si ribellano ai capricci del proprio scrittore. Tre storie che prendono spunto dalle saghe gaeliche, dalla mitologia irlandese e dai peggiori pub dei bassifondi dublinesi che Flann O’Brien si divertiva a raccontare anche nei suoi articoli fortemente satirici: ritratti tesi a colpire proprio il provincialismo, i pregiudizi, le furberie e i falsi moralismi dei suoi concittadini.

L’opera fu un insuccesso commerciale e dopo il rifiuto de Il terzo poliziotto (pubblicato solo postumo) lo scrittore irlandese si chiuse nel silenzio. Allora il mondo non era ancora pronto per quel genio sperimentale; oggi rileggiamo Una pinta d’inchiostro irlandese e restiamo affascinati da quel flusso narrativo travolgente che ci trasporta in una dimensione mitica e reale, fantastica e quotidiana allo stesso tempo, condito con umorismo e straripante immaginazione. Una parodia dei generi letterari, un trionfo dell’assurdo, che nella sua imprevedibilità nasconde una fine conoscenza letteraria.

Buona lettura!

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Conosci l'autore

Scrittore, critico e giornalista peruviano. Figura centrale della rinascita della narrativa ispanoamericana, fine polemista, è vissuto a lungo in Europa. Attivo nelle battaglie civili e politiche, si è candidato alle elezioni presidenziali del Perù nel 1990 (resoconto di quell’esperienza è Il pesce nell’acqua, El pez en el agua, 1993). Collaboratore di diversi giornali europei, conferenziere in molte università del mondo, nel 1994 ha assunto la cittadinanza spagnola; ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti tra cui i premi Principe di Asturias, Cervantes, Grinzane-Cavour alla carriera e la presidenza del Pen Club International. Autore molto prolifico, ha pubblicato articoli, saggi (su García Marquez e Flaubert), pièces teatrali e narrativa di vario genere. La città e i cani (1963) è il dissacrante romanzo d’esordio: bruciato in piazza in Perù, ottiene larghi consensi in Europa. Gli fanno seguito La casa verde (1966) e il romanzo politico Conversazione nella cattedrale (1969). Pantaleón e le visitatrici (1973) inaugura un registro di sottile, a volte comico, ironico, cui appartiene anche La zia Julia e lo scribacchino (1977). Ha sperimentato il genere giallo dal risvolto sociale (Chi ha ucciso Palomino Molero?, 1986). Tra le ultime opere: La festa del caprone (2000), Il paradiso è altrove (2003), Avventure della ragazza cattiva (2006), struggente storia d’amore e di fuga, Il sogno del celta (Einaudi 2011) la biografia romanzata di Roger Casement, La civiltà dello spettacolo (Einaudi, 2013), Crocevia (Einaudi, 2016), Il richiamo della tribù (Einaudi, 2019) e Tempi duri (Einaudi, 2020).Ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 2010.Articoli e recensioni su Wuz.

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