Verrà il tramonto, mia rosa
E al di là della notte
Mi aspetterà
Spero
Il sapore di un nuovo azzurro
Nazım Hikmet nasce a Salonicco nel 1902. In casa c’è già aria di poesia, suo nonno paterno scriveva prosa e lirica in lingua ottomana e sua madre, che aveva studiato a Parigi, amava la poesia francese. Ma la lingua del nonno è troppo astrusa, piene di parole persiane e arabe, Lamartine e Baudelaire sono troppo lontani e Hikmet decide di dire le cose che ha da dire in turco, sostenuto dal suo maestro Yaya Kemal. Scrive di un amore che si declina in patria, in rivoluzione e in carne.
Nel 1921 scopre Marx e la rivoluzione sovietica, parte e va a Mosca e ci resta fino al 1928. Incontra Lenin e conosce Esenin e Majakovskij, il quale diventerà uno dei suoi maestri inconsapevoli.
Torna in Turchia nel 1928 come clandestino a causa del governo anticomunista e dieci anni dopo, viene condannato a ventotto anni di carcere con l’accusa di propaganda comunista e di complotto contro il governo.
Lo so
Quando si è presi da questa passione
E il cuore ha un peso rispettabile
Non c’è niente da fare, Don Chisciotte,
niente da fare
è necessario battersi
contro i mulini a vento
Ne scontò dodici in una prigione dell’Anatolia nel corso dei quali fu colpito da un primo infarto. Venne scarcerato nel 1950 grazie a Tristan Tzara, a capo di un gruppo di artisti e intellettuali.
Oltre agli anni difficili della detenzione, l’altro grande male nella vita di Hikmet fu il cuore, troppo fragile per reggere tutti quei battiti, troppo vulnerabile alla bellezza femminile. Si innamorò Nazim Hikmet, molte volte, di molte donne, ma ci fu un solo grande Amore.
Durante la prigionia per non crollare immaginava una ragazza di diciassette anni, biondissima e con le labbra carnose. A Mosca nel 1955 incontrò Vera Tulyakova, trent’anni più giovane, più bella della ragazza che aveva sognato, è folgorato, è amore a prima vista.
Ma è anche inaccessibile perché lui è sposato e lei non se la sente.
Si ritrovano una seconda volta, due anni dopo e questa volta è lei ad avere un marito e un figlio e lui continua dirle «Prima di amarti non sapevo nemmeno amare il mondo».
Scorrono anni e inchiostro, versi sciolti in turco, ci sono chiamate improvvise, fiori e cioccolatini spediti e un vaso di cetriolini sottaceto, per cui Vera andava pazza, recapitato sopra la scrivania di lei.
Più sottile di un capello più affilato di una spada
L’assenza è un ponte fra noi
Anche quando
Di fronte l’uno all’altra i nostri ginocchi si toccano
Il 18 novembre 1960 Nazim Hikmet e Vera Tulyakova si sposano. Sono anni felici e vissuti intensamente, come se in fondo sapessero che sarebbero stati appena tre. Infatti il 3 giugno 1963 Hikmet si spegne a Mosca. Infarto. Quel cuore talmente forte da reggere anni di prigionia, talmente caparbio da inseguire un amore apparentemente impossibile, quel cuore in grado di partorire le poesie più belle di quel secolo lo coglie in fallo e d’improvviso smette di battere.
Serve un documento da fornire all’ospedale, Vera apre il portafogli e trova una sua fotografia, sul retro l’ultima poesia.
Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
Ciò che ho scritto di noi è tutta verità
Di
| Mondadori, 2021Di
| Mondadori, 2022Di
| Fahrenheit 451, 2015Di
| L'Asino d'Oro, 2013Di
| Rizzoli, 2008Di
| Il Mulino, 2012Di
| Laterza, 2020Di
| Einaudi, 2022Di
| Feltrinelli, 2016Gli altri approfondimenti
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Conosci l'autore
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente