SEM va veloce.
Già. A tentare di fotografarli, i libri immaginati, progettati e realizzati da Società Editrice Milanese risulterebbero mossi come i soggetti di quelle foto prese alla baionetta, senza avere il tempo di comporre un'inquadratura "educata".
Meglio, molto meglio così. Perché per stare al passo con tempi come quelli in cui noi divoratori di storie ci troviamo a vivere, troppa compostezza non giova.
Ci vuole un'idea di libro che sia un work in progress, un laboratorio di linguaggi e formati nel quale il lettore contemporaneo possa rispecchiarsi.
E il lettore contemporaneo non stacca mai dalle storie, continuando a trovare nel libro lo spazio d'elezione nel quale calarsi in profondità, ma dialogando con quelle stesse storie attraverso altri media e in altri momenti, come accade coi podcast, le serie televisive e il cinema.
Insomma, le cassandre che da vent'anni vanno lamentando la morte dell'homo fictus ("l'uomo che vive di storie", come definito da Jonathan Gottschall nel suo saggio L'istinto di narrare) non sono mai state tanto lontane dal vero. Viviamo in un momento storico in cui le storie sono dappertutto, e noi siamo l'enzima che le attiva, aprendo il libro che abbiamo davanti o premendo il tasto "play".
Non c'è contraddizione, e questo un editore calato nel suo tempo lo sa bene. Proprio come SEM, di cui andiamo a scoprire tutte le novità attraverso le parole di Michele Rossi, nuovo direttore editoriale, e Chiara Ingrosso, una delle autrici di punta della nuova collana Italian Tabloid. Buona lettura, amici!
Sperimentando l’inedito intreccio di dark comedy e true crime, La regola di Nora ricostruisce uno dei casi di cronaca più inspiegabili degli ultimi anni: il duplice omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta, “colpevoli” – secondo il loro assassino – di essere troppo felici.
Maremosso: Michele, con la direzione editoriale di SEM hai raccolto un testimone importante: come racconteresti le linee lungo le quali si muoverà la casa editrice da qui in avanti, riassumendole in poche parole chiave?
Michele Rossi: Ci sono tre nuove collane. Neon è il nostro “varietà”, accende i riflettori su biografie, format e contenuti non convenzionali, passando per la musica, la stand-up comedy e tanto altro ancora. Fiori Blu è il regno dell’immaginazione, dal fantasy al cuore del romance e della narrativa young adult, seguendo soltanto due regole: passione e originalità. Last but not least c’è Italian Tabloid, il grande invitato. Quindi direi: ricerca e poliedricità.
MM: Nell’editoria italiana “Italian Tabloid” rappresenta “la mossa del cavallo”, hai sostenuto in occasione del lancio della collana. Un movimento imprevedibile, quindi, uno scarto rispetto alla norma. Qual è la peculiarità delle storie cui intendete dar voce attraverso questa collana? E qual è l’idea che rende “Italian Tabloid” un unicum nel panorama attuale?
MR: Cito James Ellroy, lo scrittore da cui abbiamo preso in prestito le parole che ricorrono sul retro delle nostre copertine: “Soltanto una verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva”. Italian Tabloid vuole scandagliare le pieghe oscure del nostro Paese, di ieri e di oggi, e raccontarle attraverso voci forti, che restano impresse.
Come quelle di Chiara Ingrosso e Valentina Mira, che hanno inaugurato la collana.
MM: Chiara Ingrosso, tu sei partita in quarta con il tuo “La regola di Nora”: cos’hai visto nella storia di Eleonora e Daniele che ti ha persuaso della necessità di raccontarla attraverso la parola scritta e quella parlata?
Chiara Ingrosso: In realtà la storia di Eleonora e Daniele è la storia di due innocenti uccisi come sempre accade, ma non solo innocenti martiri.
Sono stati uccisi senza avere alcuna relazione conflittuale o legame con il loro assassino. Questa è la storia di Eleonora e Daniele ma è soprattutto la storia di Antonio, perché è lui il punto oscuro davanti a queste due anime pure. Quello che mi ha spinta a raccontarla in modi diversi, dalla TV alla parola scritta, è il nodo che resta da sciogliere, ovvero il movente. Mi sono presa la briga di approfondire gli atti e sentire i testimoni del luogo e cercare di capire attraverso le analisi psichiatriche fatte sull’assassino qual è il movente. Movente che non è rintracciabile in un evento scatenante ma ha radici molto profonde, molteplici. Tutti i fatti sono molteplici e diversi ma in questo caso è quell’insieme di variabili a essere rilevante e non il legame vittime - carnefice.
Non c’era mai stata una discussione, una incomprensione, un gesto di disprezzo o una presa in giro, tra questi ragazzi. Quando condividevano la casa, non avevano nemmeno rapporti, al di là di qualche “buongiorno” e “buonasera”. Un’inquietudine grande come quella di Antonio de Marco va sciolta e per questo ho voluto fare questo tipo di lavoro.
Per me questo caso è stata una vera e propria “chiamata” perché è avvenuto nella mia città e ha coinvolto due miei coetanei.
MM: Il lavoro della cronista di nera, ultimamente, rivendica con forza uno spazio che fino a poco fa era esclusivo appannaggio del narratore. Oggi c’è grande richiesta di storie come quella che tu, Chiara, hai raccontato nel tuo libro, e forse il “villain” (per restare nei paraggi del romanzo) è quel che appassiona maggiormente. Come mai, a tuo avviso?
CI: È un bene che la narrazione coinvolga la cronaca nella misura in cui i fatti di cronaca nera sono quelli per eccellenza più romanzabili, a mio avviso, perché hanno tutti gli elementi ricorrenti che ci portiamo dietro fin dalle prime pagine di epica lette a scuola. Sono in qualche modo i fatti reali che ci spingono fino al bordo del buco nero che c’è tra vita e morte.
Quel confine che nel quotidiano sfugge e proprio per questo è romanzabile. La cronaca nera è piena di tópoi che sono parte dell’inconscio collettivo capaci di adattarsi benissimo al romanzo.
In tutti i romanzi, come nella vita, c’è una grande introspezione dei personaggi e in particolar modo dell’assassino. In questo genere prevale la figura del villain per una ragione: è quello il vero mistero, oggi. È l’animo umano, il movente, in un mondo in cui le indagini sono facilmente risolvibili grazie a tecniche di avanguardia.
In momento storico in cui è facile dire chi è stato, il vero mistero resta il perché e lì si indaga per capire questo male.
MM: Il legame fra libro e podcast crea un “oggetto editoriale” nuovo, che è più della somma delle parti.
Oggi si parla di crossmedialità, ma forse non esiste ancora una mappatura attendibile di come siano cambiate le abitudini dei lettori verso uno spazio fluido, aperto, nel quale la lettura comincia magari sul libro di carta, per poi proseguire sullo smartphone in veste di e-book e approdare infine alle cuffie per ascoltarne l’audiolibro.
Come si convincono i lettori più giovani, secondo voi due, che il libro resta la “matrice”?
MR: In realtà sono proprio i lettori (o meglio: i fruitori) più giovani a ispirare noi per tracciare nuove rotte nel campo della creatività: e questa è un’occasione da non perdere.
Dopodiché, del libro abbiamo visto celebrarsi parecchi funerali, eppure il libro è ancora qua: con il suo fascino di oggetto magico capace di contenere mondi infiniti.
Un fascino che non si può spiegare.
CI: Secondo me i lettori più giovani non si devono convincere, bensì persuadere con un linguaggio più vicino a loro.
Il romanzo non deve essere appannaggio esclusivo degli adulti o di determinate categorie di lettori, ma deve parlare in modo semplice e contemporaneo. “La regola di Nora”, ad esempio, parla di un ragazzo di 20anni. Il linguaggio è la chiave perché più è comprensibile e più vicino a loro per togliere il pregiudizio sulla lettura. Non credo che siano disinteressati alla lettura ma penso che una volta spiegato il legame con un libro si possano innamorare della lettura: il libro non è quello che leggi ma quello che quelle parole ti muovono dentro. Un mezzo che ti permette di fare un viaggio introspettivo che, attraverso l’immaginazione, permette ai ragazzi di crescere.
Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di quella destra che si è presa l’Italia.
MM: … da questo punto di vista, Michele, in che modo la partnership con Cattleya e Deepinto rappresenta un valore aggiunto per “Italian Tabloid”?
MR: È la possibilità – e l’augurio – di amplificare e donare nuove vite alle nostre storie attraverso altri incredibili vettori artistici e culturali: il cinema, la serialità televisiva, l’universo dei podcast.
MM: Il genere letterario, una volta pecora nera di un’editoria che tendeva a definire sé stessa come “alta” o “bassa” proprio attraverso il filtro del colore” (fosse questo orientato al giallo o al rosa), ha rotto la gabbia nella quale è stato a lungo confinato, ed è diventato definitivamente adulto.
Cosa può dirci, questo, del modo in cui è cambiato il mestiere dell’editore?
MR: È assai probabile che molti odierni assi della crime fiction o del romance tra un secolo verranno ricordati al pari di Hugo, delle sorelle Brontë o di Dostoevskij.
Perché la letteratura è così, rifiuta le categorie stringenti. In questo senso fare i libri è un mestiere che contempla il gusto e la curiosità, anche una certa ricercatezza, certo, ma mai le chiusure. Soprattutto oggi.
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