Arrivi e partenze

Serenella Iovino e Gli animali di Calvino

Italo Calvino è un ecosistema
Sì, il creatore di Palomar, di Marcovaldo, delle Cosmicomiche, de Il sentiero di nidi di ragno e della Trilogia dei nostri antenati è nato all'ombra degli alberi di un giardino a Cuba, figlio di due illustri botanici, e chissà quanto quell'imprinting - benché lo scrittore abbia più volte detto in seguito di non ricordare nulla di quei primi mesi caraibici e considerasse invece la riviera ligure come sua prima patria - ha plasmato le sue radici.
"plasmato le sue radici"... vedete? non c'è modo di sfuggire alle metafore che la natura suggerisce, e in un'opera-mondo com'è quella lasciata da Calvino, le suggestioni e i punti di contatto fra forme della natura e le strutture narrative sono innumerevoli. 

Gli animali di Calvino. Storie dall'antropocene

Dal Sentiero dei nidi di ragno a Palomar, Italo Calvino non ha mai smesso di raccontare animali. Ma che cos’hanno in comune una colonia di formiche argentine nel Ponente ligure, un gorilla albino nello zoo di Barcellona, una gallina in un’officina torinese, gatti ribelli in una città industriale e un coniglio transfugo dalle grinfie dei vivisettori?

È dunque da accogliere con gioia e interesse la pubblicazione de Gli animali di Calvino, splendido e inclassificabile germoglio editoriale (fiorito in questa forma ammirevole grazie alle amorevoli cure di Treccani editore, che con questo libro arricchisce la collana Visioni) che Serenella Iovino - qui i suoi contributi per Maremosso - ci presenta nel corso di un incontro avvenuto presso lo stand dell'editore al Salone del libro di Torino dello scorso maggio. Il suo libro indaga però su un aspetto particolare della visione naturalistica di Calvino: Iovino rintraccia le orme degli animali che popolano i racconti, i romanzi e gli articoli giornalistici del grande scrittore. 
Il risultato è un portolano di agile consultazione, al quale tornare ogni volta che siamo in cerca di spunti sul modo in cui il genere umano ha plasmato la natura, riservando ai suoi "confratelli" animali uno spazio sempre più angusto, ma il cui portato simbolico è impossibile da ignorare.

Calvino non aveva idea dell'antropocene, che è un'epoca della quale si parla a partire dal 2000. Ma lui avvertiva chiaramente la presenza impattante dell'umano sull'equilibrio del pianeta

Serenella Iovino

Il sottotitolo ci informa che quelle che troveremo all'interno del libro sono Storie dall'antropocene e non è millantato credito: Calvino fu infatti uno fra i primi scrittori a innervare la sua opera della consapevolezza che l'azione dell'uomo sulla natura, dalla rivoluzione industriale in poi, poneva l'uomo stesso di fronte all'esigenza di guardare alla natura con occhi nuovi. 
Occhi che consentissero di vedere cioè quale effetto di profondo sconvolgimento era continuamente operato, ma anche coscienza di quanto la natura sia in grado di fornire risposte adattive alle sollecitazioni violente cui il genere umano la sottopone. Negli animali, l'effetto di questo attrito (che configura una sorta di guerra civile mossa dall'uomo a sé stesso, essendo sapiens sapiens in prima istanza un prodotto naturale) si fa evidentissimo in molte situazioni, alcune delle quali Calvino ha raccontato nei suoi scritti. 
A partire da un articolo giornalistico sulle capre che furono usate nell'atollo di Bikini come cavie per testare gli effetti delle radiazioni emanate dalle esplosioni nucleari, per arrivare fino a orsi, formiche, serpenti e ragni di cui seguiamo le tracce in Marcovaldo, Palomar e tantissimi altri scritti calviniani. 
Ecco la nostra intervista con Serenella Iovino, che siamo particolarmente felici di poter condividere con voi, certi che tanti saranno gli spunti di riflessione e le occasioni per acquisire un po' di consapevolezza in più. Una consapevolezza di cui oggi c'è davvero un gran bisogno. 

I contributi di Serenella Iovino per Maremosso

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