Il nuovo libro dell'autore che grazie a Due vite ha vinto il Premio Strega 2021 è un viaggio intimo ed esoterico al tempo stesso.
Una ricognizione, stanza dopo stanza, di uno spazio che sembra vivere delle voci che l'hanno attraversato negli anni.
Emanuele Trevi, scegliendo di abitare la casa che fu lo studio di suo padre, famoso psicoanalista, si avvicina al cuore del dicibile, nella consapevolezza però che bisogna cercare di "non intaccare l'amore con troppa conoscenza".
La casa del mago - pubblicato da Ponte alle Grazie - è un libro bello e intenso, un'immersione che Trevi compie nella sua "epica privata" e che ripercorre assieme a noi in questa intervista, nella quale lo scrittore racconta anche delle sue predilezioni letterarie, della passione per i libri e i film horror, delle sue affinità con Emmanuèl Carrère e di tante altre cose. Compresa quella coperta di lana, ritrovata nello studio del padre, con un foro dai bordi anneriti: sono i margini di una storia che ha preso, fra milioni di altre, la sola direzione che avrebbe potuto rendere possibile la conversazione che stiamo tenendo oggi con questo grande scrittore.
Cosa mi dice quel cimelio di guerra? Che quello che non è accaduto ha la stessa importanza di quello che è accaduto. Se mio padre fosse stato colpito sarebbe stato un ragazzo morto - dalla parte giusta, la sua parte avrebbe vinto lo stesso - però tutta una parte dell'esistenza, del mondo, non ci sarebbe stata. Mio padre non avrebbe conosciuto mia madre. Non sarei nato io.
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