Malika Ayane è venuta a parlarci delle sue storie, suo primo debutto letterario, in un'intervista in cui il suo libro, Ansia da felicità, edito Rizzoli, sembra volteggiare in punta di piedi su tante piccolezze umane.
E proprio di piccolezze umane – sebbene racchiuse in tutt'altri registri linguistici e sfumature tematiche – sembra parlarci anche il cult che la cantautrice ci consiglia: Il lercio di Irvine Welsh, in Italia pubblicato da Guanda.
Bruce «Robbo» Robertson, sergente della polizia di Edimburgo ha quarant'anni, fisico su cui è meglio sorvolare - colpito da un eczema che gli divora le parti basse - appetito divorante, di cibo e di sesso, passione per la musica dura, la birra e la coca, quel tanto che basta per sentirsi al massimo. Nei bassifondi più bassi e più fondi della città lui è il più in gamba di tutti: imbroglia, traffica, tradisce, ruba, umilia, picchia, sfrutta e qualche volta gli capita anche di indagare, come in questo caso sulla morte del figlio dell'ambasciatore del Ghana
Irvine Welsh rimarrà sempre e per sempre l'amore mio in letteratura
Robbo Robertson, protagonista del Lercio, è una figura truce, priva di limite, un degno precursore di tutti i temi che si ritroveranno nel celebre romanzo di Welsh, Trainspotting, giusto per farci un'idea.
Ha la capacità di incarnare tutte quelle nefandezze che, solitamente, vengono aggirate ed evitate. In prima battuta, sarebbe facile dire che Robbo è un personaggio tremendo e carico solo di bidimensionalità, in un asse che dovrebbe toccare la giustizia (in quanto lui è un poliziotto) e la garanzia stessa dell'ordine. Invece, il protagonista va dalla criminalità all'ingiustizia o dalla droga all'alcol, passando per altri punti cardine, quali la violenza, l'umiliazione. Eppure, si scopre una complessità che non è di primo pelo, non è di comprensione immediata, ma di scavo.
Welsh ha la capacità di dare a questa storia, e al suo protagonista, altre sembianze. Lavora soprattutto di concretezza di figure, per quanto contorte e repellenti, grazie a lui si può sentir parlare un verme solitario mentre cova dentro al protagonista o immaginare delle gemelle siamesi che fanno sesso.
Questo è il potere che dà la scrittura: di angosciare, come di ridere, di un fuoco centrale che altro non è se non il male supremo. Eppure Welsh ci riesce, mette in atto queste modalità che fanno dubitare, si insinuano nelle incertezze, come vermi solitari, appunto, evidenziando – con la letteratura – dinamiche a cui non si avrebbe facilmente pensato.
E si scopre che in Robbo, come in chiunque, possono coesistere i bassifondi dell'umano ma anche delle punte di acume, di umanità, sebbene l'unico modo per trovarli sia lasciarsi guidare dalla storia, per quanto intrisa di cose che non si possono leggere.
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