Arrivi e partenze

Luigi Garlando sfoglia l’album dei sogni

Illustrazione di Laura Bornea, 2021 - la sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

Illustrazione di Laura Bornea, 2021 - la sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

Vorrei tranquillizzare i profani del calcio: non serve sapere cos’è il fuorigioco per godersi questo romanzo. “L'album dei sogni” è soprattutto una storia di uomini e di donne: si parla di famiglie, di amori e di lutti, lo sport è una parte marginale... Il mio romanzo è la storia di una famiglia, oltre ad essere la storia di un pezzo d'Italia

Celo, celo, manca!

Quante volte da bambini abbiamo ripetuto questo ritornello, giocando con gli amici a sfogliare l’album delle figurine alla ricerca di quella che ancora ci mancava per completare la collezione?

Ne L'album dei sogniLuigi Garlando affonda a piene mani in quello che è stato un miracolo tutto italiano degli anni Sessanta e ci regala un affresco del nostro Paese in pieno boom economico, ripercorrendo l’ascesa di una delle famiglie che ne furono protagoniste. Da semplici edicolanti a imprenditori, i Panini fondano il proprio impero su una semplice ma geniale intuizione, capace di far sognare da quel momento in avanti generazioni e generazioni di ragazzini.

L' album dei sogni
L' album dei sogni Di Luigi Garlando;

Luigi Garlando ci regala una grande saga famigliare, la storia di una delle più affascinanti avventure imprenditoriali italiane, fatta di spirito d'iniziativa, fiuto per gli affari, passione, lavoro, inventiva.

Spirito d’iniziativa, fiuto per gli affari, passione, dedizione e inventiva: se le virtù imprenditoriali fossero una serie di figurine, i protagonisti del romanzo di Luigi Garlando probabilmente le avrebbero collezionate tutte.

In bilico fra la concretezza della ricostruzione storica e l’irresistibile fascino del romanzesco, L’album dei sogni finisce per essere un’appassionante saga familiare.

“Volevo raccontare la storia della famiglia Panini, famiglia modenese che ha inventato le figurine come oggetto di collezione. Con questa intuizione ha conquistato il mondo, oltre ad aver conquistato il mercato. Si è trattato di un miracolo industriale a mio parere irripetibile.”

Il libro dipinge un affresco storico lungo un secolo, ma si apre con una scena quasi da thriller: una fotografia scattata al largo di Tenerife…

Il prologo si apre con un cadavere che galleggia al largo delle Canarie, un corpo che viene trovato dalla polizia spagnola: in quel momento non sappiamo di chi si tratti.
Capiremo chi è solo alla fine della storia dei Panini.

… una storia che affonda le proprie radici in Emilia, terra dall’humus particolarmente propizio, tanto da aver favorito il germogliare di nuove idee imprenditoriali, artistiche e letterarie…

Le imprese nate in Emilia hanno sempre un forte legame con la terra e questo emerge simbolicamente anche dai loro marchi: basti pensare alla Ferrari, con il suo cavallino rampante, o alla Lamborghini con il suo toro. In molti casi c'è stato un passaggio da una realtà agricola a una realtà industriale, e questo vale anche per la famiglia Panini, che prima di ideare il proprio prodotto è stata legata per generazioni all'ambito dell'agricoltura.

Nell’humus modenese c'è un certo piacere per il divertimento: siamo nella città della Secchia rapita e di una certa letteratura leggera che ha alle spalle una forte tradizione. C'è un background predisposto al divertimento e all'intrattenimento, oltre a un forte senso dell'ospitalità. In tutto questo humus poi si è inserita molto bene la famiglia Panini, e in particolare l'intuizione del più grande dei quattro figli maschi, Giuseppe, di puntare tutto su questo rettangolino di carta che è la figurina.

E quale pensi sia il futuro della figurina, per i bambini di domani?

La carta sta morendo, lo vedo io che sono un giornalista sportivo ma è un cambiamento che sta avvenendo in tutti i vari generi di espressione... chissà, forse sarà così anche per le figurine, che magari diventeranno delle figurine digitali. Però con il digitale non si gioca. Una figurina digitale non la lanci al muro.
Sarà un finto progresso, perché si perderà l'anima e la magia che c'è dietro a questo passatempo. Per me la figurina era qualcosa di prezioso, perché all'inizio degli anni Settanta non c'è SKY e non c'erano i giocatori che ti entravano in casa ogni giorno, passando del tempo con te. Dove li vedevi? C'era una partita a settimana! L'unico modo per vederli era di sfogliare l'album: quella magia ora si è persa perché l'immagine di un giocatore uno la vede dappertutto…
I bambini di oggi sono molto più fortunati, perché guardano un sacco di partite di calcio che io avrei guardato volentieri, però quella magia lì se la sono persa.

Un’altra magia legata al mondo della carta è quella del mondo del collezionismo: raccontaci della tua passione per la Divina Commedia…

È una di quelle collezioni un po' perverse, come chi sceglie di collezionare le bocce di vetro con la neve dentro. Io invece ho scelto Dante Alighieri, che è stato – ed è – una mia grande passione. Di recente gli ho dedicato un libro per ragazzi (Vai all'inferno, Dante NdR) in occasione del settecentenario dalla sua scomparsa. Sono un giornalista sportivo, quindi ho la fortuna di viaggiare tantissimo: ogni volta che arrivo in una nuova città straniera vado sempre in libreria e chiedo una traduzione di Dante. A casa ne ho almeno una sessantina: in coreano, in finlandese, in cinese, in caratteri diversi...

Il pezzo del quale vai maggiormente orgoglioso?

Forse quella finlandese, tradotta con il titolo Jumalainen näytelmäperché... sembra il nome di un calciatore scandinavo… ma anche quella coreana mi fa ridere.

Ti fa ridere finché non pensi a quella famosa partita persa contro la Corea

Partita che cito anche nel libro dei Panini perché Franco era presente, nel '66. Con l'album successivo, nel 1970, la Panini avrebbe ottenuto un successo clamoroso, tracimando oltre i confini e conquistando i mercati mondiali. Per questo Franco nel '66 decise di andare a seguire quel mondiale, in modo da prendere contatti giusti e per capire con la UEFA come funzionasse la storia dei diritti.
Nel 2002, quando perdemmo ancora con la Corea, c'ero presente io. Ammetto che è il mio piccolo incubo personale: lo stadio tutto rosso, i coreani – i padroni di casa – che con l'aiuto di quello sciagurato arbitro Moreno ci mandarono a casa…
Anch'io ho la mia Corea nel cassetto.

 

Anche chi legge probabilmente ne ha una.
Per fortuna c’è sempre il sollievo di sapere che per ogni sconfitta, per quanto bruciante possa essere, c’è sempre la speranza di una rivalsa. Una rivalsa tanto schiacciante da meritare almeno una serie di figurine celebrative.

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