La redazione segnala

La filosofia nuova di Antonio Labriola

Illustrazione tratta da "Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia", curatore A. Burgio, Quodlibet 2005

Illustrazione tratta da "Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia", curatore A. Burgio, Quodlibet 2005

Perfino se esistesse un'ortodossia marxista, e non esiste, Labriola non ne sarebbe mai stato un seguace. Questo spirito sottile era uno spirito troppo libero e indipendente per diventarlo

Valentino Gerratana

Era originario di un paesino della campagna laziale, Cassino, dove nacque il 2 luglio 1843. Il padre era un insegnante di ginnasio ed era nipote di un filosofo rappresentante tra i più illustri dell’Illuminismo napoletano, Mario Pagano. Figlio, anzi, pronipote, d’arte, Antonio Labriola, che segue un percorso tracciato da tempo all’insegna della razionalità e del romanticismo, riassunto perfetto del suo tempo pronto a esplodere nel marxismo alla fine del XIX secolo.

Il percorso di Labriola è, se vogliamo, molto classico nei suoi inizi. Pur non concludendo gli studi universitari a Napoli, dove la famiglia si era trasferita e dove avevano le radici il suo pensiero e la sua ascendenza, Labriola studente si avvicinò alla filosofia più in voga del suo tempo: l’hegelismo. Il buon vecchio Hegel aveva già fatto deflagrare la storia del pensiero occidentale mettendo in tensione la metafisica, l’etica, Kant, addirittura, e adesso la critica ne raccoglieva i frutti. In Italia come altrove – ma forse più che altrove – la filosofia classica tedesca attecchì per i grandi cambiamenti sociali e politici del tempo: si stava creando uno Stato, e bisognava intendersi su come dovesse essere.

Labriola rifletté quindi sul concetto di Stato etico, che era una delle questioni pratiche meno controverse dell’hegelismo. Se infatti ci poteva essere disaccordo sulla destra e la sinistra, sui modi in cui questo assetto politico dovesse manifestarsi, non c’era sulla sua natura di organismo vivo e morale in cui i cittadini dovevano riconoscersi e abitare. La questione che invece restava aperta, nella filosofia di Hegel, e che ancora oggi resta tale, è quella storica. La Storia – maiuscola, come processo e movimento dotato di uno scopo – procede verso la propria realizzazione, è vero, che è la libertà. Ma, in breve, questa libertà è raggiunta solo dalla Storia stessa, e non dagli uomini e dalle donne che alla Storia partecipano, che invece sono solo pedine, mezzi, per citare la bestia nera kantiana. Questo era un nodo piuttosto tragico della filosofia ottocentesca.

Tanto più se pensiamo al Risorgimento, in cui la Storia assume un rilievo senza precedenti – forse pari solo a quello della Rivoluzione francese. La consapevolezza di star vivendo un rivolgimento storico era forte, ma come lo si viveva? Come pedine o come libertà in sé e per sé? La domanda non assillava più che tanto Labriola, che era più interessato, invece, alle faccende pratiche. Per questo scrisse un manuale sull’insegnamento della storia e per questo si avvicinò al materialismo storico di Marx. Nella maturità, come spesso accadeva in quegli anni turbolenti ma ancora costellati di romanticismo, Labriola abbandonava Hegel e passava a una riflessione più aderente e vivace sulla politica e sul mondo che lo circondava.

Cominciò promuovendo un’idea di Stato laico, simboleggiata dalla statua, fortemente voluta da Labriola, di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, e proseguì con i suoi discorsi pubblici, tra tutti quello a Terni sulla condanna dell’uso della forza durante le manifestazioni. Nel 1890 intraprese un rapporto epistolare con Engels, con il quale scambiò pareri e riflessioni sul Manifesto e sulla missione del socialismo. Labriola, pur apprezzando i più ortodossi e condividendo l’auspicio che presto si sarebbe realizzato l’avvento del proletariato, era convinto che il marxismo non fosse alla stregua della filosofia hegeliana. Ma non per potenza e incisività, tutt’altro.

La filosofia di Marx non era metafisica, non diceva, cioè, qualcosa sulle pieghe più nascoste e inaccessibili del nostro mondo. Era, invece, un modo per capire le relazioni che intercorrono qui e ora, economiche, sociali, scientifiche: era, cioè, una lente sul mondo, non la spiegazione della sua natura. Con grande onestà – l’aveva già fatto Kant, a suo tempo – Labriola si arrende all’impossibilità di accedere ai segreti ultimi dell’universo e dell’essere. Non sa dove deve andare la Storia, né se c’è davvero una Storia in cammino verso qualche parte. Sa però che ci sono uomini e donne che ci vivono dentro, alla Storia, e che possono essere compresi attraverso Marx e il suo pensiero, perché per tutti si realizzi qualcosa di migliore.

Capire il pensiero di Antonio Labriola

Saggi sul materialismo storico

Di Antonio Labriola | Editori Riuniti, 2019

Antonio Labriola: per una teoria dell'educazione

Di Luca Odini | La Città del Sole, 2021

In memoria del Manifesto dei comunisti

Di Antonio Labriola | Cento Autori, 2020

Socrate

Di Antonio Labriola | EdUP, 2021

Ti potrebbero interessare

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autore

Antonio Labriola (1843–1904) si forma alla scuola di Bertrando Spaventa. Docente, pubblicista ed esperto di educazione, è tra i maggiori filosofi italiani di ogni tempo. Tra i primi a recepire in Italia l’opera di Marx, fu il principale corrispondente italiano di Engels, interlocutore di Sorel, Bernstein, Kautsky e del giovane Croce.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente