Diario di bordo

Il genio militare di Stalin (e quello di Putin)

Giovedì 19 maggio

Ci sarà uno scambio di prigionieri? La guerra ha cambiato corso ed obiettivi? Putin è davvero malato? C’è una congiura contro di lui?
Qualcosa deve essere successo se a Mosca un militare di alto grado compare alla televisione di stato e afferma che “la guerra è persa”, davanti alle orecchie sbalordite degli altri ospiti.

Quanto tempo ci vorrà per sapere?
Ieri abbiamo parlato della dolorosa storia del figlio di Stalin prigioniero dei tedeschi, che il padre non volle scambiare con il famoso generale Von Paulus.
Fu uno dei tasselli del suo mito: l’uomo di ferro, che non cede ai sentimenti borghesi, il genio militare che ha conquistato mezza Europa, quando tutto sembrava perduto, il “piccolo padre” che ha fatto vincere finalmente la rivoluzione di Lenin (quanto al suo compagno Trotzky, lasciamo perdere…).

Stalin morì il 5 marzo del 1953, a 74 anni, all’apice della sua gloria che nessuno si pensava avrebbe mai messa in discussione.
E invece … appena tre anni a dopo, al XX congresso del PCUS aperto ai partiti comunisti del mondo (l’Italia partecipava con ben due storici personaggi: Palmiro Togliatti, per il PCI, e Vittorio Vidali, in rappresentanza del “territorio libero di Trieste”) il suo oscuro successore, un burocrate di nome Nikita Krusciov stupì i comunisti di tutto il mondo, raccontando che Stalin era un pazzo sanguinario, un narciso e un incompetente, prima vittima del suo “culto della personalità”, e che a lui si dovevano le morti non necessarie di 200.000 soldati russi e l’eliminazione di decine di generali colpevoli solo di aver detto la verità. Il rapporto Krusciov – che doveva rimanere segreto – venne subito divulgato dal New York Times e divenne di pubblico dominio.
Krusciov aveva ridicolizzato Stalin, i suoi tic, la sua ignoranza, la sua ferocia.

Ci sono molti libri che raccontano quel XX congresso, uno su tutti 1956. L'anno spartiacque dello storico prof. Luciano Canfora, che ne ricostruì gli aspetti più segreti.  

Ora: la domanda è, semplicemente: quanto manca al “rapporto sulle attività del presidente Putin”?

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