Diario di bordo

Il caso Emmett Till e l’Italia di oggi

© Mymovies

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Venerdì 25 novembre

Qui, ieri, abbiamo parlato di Aboubakar Soumahoro, e di che cosa gli riserverà il futuro. Riuscirà a cambiare il sistema di lavoro agricolo del sud Italia, che iniquo e insieme così apparentemente immodificabile? Prendete le condizioni dei lavoratori per la raccolta del pomodoro: da quanti decenni ne sentiamo parlare? Quante volte abbiamo sentito di caporali, immigrati a 2 euro l’ora, ghetti senza decenza e senza legge, donne morte di stanchezza nei campi? Eppure non cambia niente. Cosa ci vuole per far cambiare le cose?

L’altro giorno ho visto un film, bello e terribile, su come cambiarono le cose nel sud degli Stati Uniti. Si chiama “Till” e prima o poi dovrebbe arrivare in streaming. Questa la storia: siamo nel 1955, Emmett Till è un ragazzino nero (anzi, negro, come si diceva ufficialmente allora) di quindici anni; vive a Chicago con la madre Mamie, che ha un buon impiego in un ufficio pubblico come dattilografa; Mamie è vedova del soldato Louis Till, che ha combattuto in Italia nella seconda guerra mondiale e lì è rimasto ucciso; l’esercito le ha restituito pochi effetti personali, tra cui un anello. I Till sono originari del Mississippi, i loro nonni erano schiavi, loro sono fuggiti dal razzismo e dai linciaggi e fanno parte di quella incredibile migrazione di almeno un milione di persone che lasciò il Sud per Chicago o per la California. Ma nel Mississippi è rimasta una parte della famiglia, uno zio predicatore, i cugini di Emmett che vivono sul fiume. Emmett ottiene di passare l’estate laggiù, la madre è però preoccupata: i neri a Chicago sono (quasi) assimilati, ma il sud è diverso. Lo continua a ripetere ad Emmett: non guardare un bianco negli occhi, sul marciapiede lascia sempre il passo, abbassa la testa quando sei interrogato. Emmett risponde: “sì, mamma, sì mamma, ho capito”.

Aveva ragione Mamie: Emmett entra in una stamberga di bianchi per comprare dei dolcetti, e vuole far vedere ai cugini quanto è in gamba. Paga, sfiora con la sua la mano della cassiera, le dice “sei bella come un’attrice del cinema”. La cassiera non gradisce affatto. Anzi, esce dal locale e va a chiamare il marito, perché “il ragazzo negro le ha mancato di rispetto”. Emmett non si rende conto del guaio in cui si è cacciato. Nella notte marito e cognato della cassiera lo trovano, lo rapiscono, lo torturano e lo buttano nel fiume con un grande peso legato al collo. Riaffiorerà molto tempo dopo.

Il film è la storia di Mamie, la madre che – contro il parere di tutti quelli che la consigliano – fa l’impensabile: ottiene di farsi restituire il cadavere e lo espone in vista nella bara aperta in una camera ardente nel centro di Chicago. Vuole che sia fotografato e che la sua foto venga messa sui giornali. Centomila persone si mettono in fila per vedere che cosa hanno fatto ad Emmett Till.

Il suo caso segnò l’inizio del movimento dei diritti civili in America.

Mi è venuto in mente pensando a pomodori, a Soumahoro, all’Italia di oggi.   

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