A ripensarci adesso, da genitore i cui figli hanno terminato gli studi, mi pare di intravedere una morale o una metafora: la vita è una gara che sembra impossibile da portare a termine, ma in qualche modo, poi, quasi tutti ce la facciamo
Non so quanti lettori di questa pagina abbiano figli piccoli. O quanti ricordino com’era avere dei figli piccoli.
Per gli uni e per gli altri, ecco un interessante sondaggio: il tempo medio che occorre ai genitori per preparare i figli a uscire di casa al mattino e andare a scuola è 40 minuti.
Perlomeno in Inghilterra, da dove arriva la statistica. Chi ha bambini che vanno alle elementari dovrebbe avere una scuola nelle vicinanze, perlomeno nel quartiere: pur dando per scontato il traffico, se bisogna arrivarci in macchina, buona parte di quei 40 minuti se ne vanno in altri compiti.
Svegliare i figli e costringerli a uscire dal letto. Farli vestire e lavare, almeno l’essenziale. Fare colazione insieme a loro, o almeno fare in modo che loro mangino qualcosa.
Verificare che abbiano nello zainetto (ai miei tempi si chiamava cartella) tutto il necessario: quaderni, libri, biro, merenda, probabilmente iPad e telefonino, se già li usano (... e certo che li usano!) e se possono portarli con sé, perlomeno lasciandoli nello zaino per le emergenze. E poi, fuori, si va.
No, a quel punto gli scappa invariabilmente la pipì. Se va bene, altrimenti l’imprevisto è più lungo. Se a ciò si aggiunge che nel frattempo anche il genitore deve prepararsi alla giornata che lo attende, dunque lavarsi, vestirsi, prendere come minimo un caffè, fra le mille distrazioni del cellulare, un’occhiata al fiume ininterrotto delle e-mail, un’altra a quello ancora più corposo dei social, 40 minuti mi sembrano francamente pochi. Dannatamente pochi.
Fortunatamente, non ho più l’incubo quotidiano di portare i figli a scuola ogni mattina.
Ma ricordo bene che era una corsa contro il tempo. E che ogni volta, arrivato alla meta, mi sembrava di avere realizzato un miracolo: incredibile, ce l’abbiamo fatta, non siamo arrivati troppo tardi! La corsa, tra l’altro, non è meno frenetica e ansiogena nel caso uno abbia figli adolescenti, teoricamente in grado di prepararsi e andare a scuola da soli: gli adolescenti sono maestri della tecnica dell’ultimo minuto, ovvero non fare mai ora quello che potresti fare un minuto più tardi, perciò sono perennemente in ritardo. In tutto questo, a ripensarci adesso, da genitore i cui figli hanno terminato gli studi, mi pare di intravedere una morale o una metafora: la vita è una gara che sembra impossibile da portare a termine, ma in qualche modo, poi, quasi tutti ce la facciamo. E, quando capiamo che la gara sta terminando, ci dispiace pure.
Con la solita verve, l'autore della saga dei Malaussène movimenta riflessioni e affondi teorici con episodi buffi o toccanti, e colloca la nozione di amore, così ferocemente avversata, al centro della relazione pedagogica.
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