Per molti l’iniziativa rappresenta anche semplicemente la possibilità di trasmettere selfie della conquista della più alta montagna africana
La notizia è questa: il governo della Tanzania ha installato l’accesso veloce a internet sul monte Kilimangiaro.
Chiunque si accinga alla scalata con uno smartphone in tasca, adesso può postare e condividere immagini o parole su Twitter, Facebook, Instagram, oltre che comunicare con gli amici via WhatsApp. Il Wi-Fi per ora non arriva fino a quota 3750 metri, ma entro fine anno raggiungerà la vetta a quota 5895 metri. Il ministro delle Comunicazioni Nape Nnauye ha in parte spiegato l’innovazione tecnologica come una questione di maggior sicurezza: “Finora era pericoloso intraprendere la scalata senza avere accesso al web”.
Ma per molti l’iniziativa rappresenta anche semplicemente la possibilità di trasmettere selfie della conquista della più alta montagna africana.
È l’ultimo esempio di come il progresso tecnologico si inerpica fino agli angoli più remoti della Terra.
La prima telefonata con un cellulare dalla sommità dell’Everest risale al 2007. Quando nel 1953 vi arrivarono in cima Edmund Hillary e Tenzin Norgay, i primi a conquistare il monte più alto del pianeta (8848 metri), la notizia della loro impresa impiegò cinque giorni a raggiungere il resto del mondo. Il Wi-Fi sulle vette più alte della terra consente agli scalatori di ricevere informazioni sulle condizioni meteorologiche in diretta durante l’ascesa e può dunque salvare loro la vita, anche se gli esperti ammoniscono a non affidarsi solamente ai propri telefonini per avere le previsioni del tempo.
Nutrono questi racconti tutti i motivi piú cari alla saga hemingwayana, narrati con tale intensità che «quando hai finito di leggerne uno ti sembrerà che tutto quanto sia accaduto a te e, dopo, tutto quanto ti appartiene: il bene e il male, l'estasi, il rimorso, il dolore, la gente, i posti e il tempo che faceva».
La Tanzania ha recentemente annunciato piani per costruire una teleferica lungo la montagna, che è un’importante fonte di turismo, suscitando proteste di ambientalisti e alpinisti: ogni anno 35 mila persone tentano di scalarla. Immortalata da Ernest Hemingway in uno dei suoi più celebri racconti, “Le nevi del Kilimangiaro” (da leggere nella splendida traduzione di Vincenzo Mantovani, che include la più bella intervista che io abbia mai letto al grande scrittore americano, firmata dal formidabile George Plimpton della Paris Review), la montagna più alta dell’Africa fa parte di un parco nazionale ed è un sito protetto dell’Unesco. Ignorate da romanzieri e dall’Unesco, purtroppo, ci sono non poche regioni, magari del tutto pianeggianti, che hanno una ricezione Wi-Fi imperfetta. Ricordo quando, contando sul navigatore satellitare, mi ritrovai nel mezzo della foresta di Sherwood alla ricerca di un pub noto per le sue prelibatezze: “Avete raggiunto la destinazione desiderata”, annunciò il navigatore, poi l’accesso a internet scomparve e pure il 4G dal telefonino. Nella fitta boscaglia non si vedeva alcun segno di vita.
Uscimmo dall’auto, domandandoci se ci sarebbe venuto a soccorrere Robin Hood. Per fortuna il pub c’era, soltanto un po’ più in là.
Ma non ci sono pub, non ancora almeno, fra le nevi del Kilimangiaro.
Altre riflessioni di Enrico Franceschini
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