Siamo sommersi da qualunque tipo di narrazione, sovrastati da quantità a volte improponibili di storie che ci raccontano fatti di una certa rilevanza, ma che nel mare magnum del pubblicabile si disperdono, finendo nell’angolo più remoto della memoria collettiva.
Esiste però un tipo di narrazione che fa molto più rumore delle altre e che Jennifer Tamas ha portato a galla, perché presuppone un esercizio concreto di coscienza: la narrazione dei No.
Il suo saggio, I no delle donne, inizia proprio con una negazione, racchiusa nella frase che Lacan pronunciò nel 1970 per condannare la rigidità del paradigma femminile, sostenendo e anzi rimarcando che non c’era mai stata “una donna” ma “delle donne”: «La donna non esiste».
Le donne del Grand Siècle hanno resistito, hanno disobbedito, e di queste battaglie silenziose restano alcune tracce. Sotto le belle immagini di principesse addormentate celebrate dall’industria dell’intrattenimento si nascondono rifiuti potenti, oscurati da secoli di interpretazione patriarcale. L’autrice li porta alla luce con coraggio e finezza, rintracciando l’espressione del femminile celata sotto lo sguardo maschile e tendendo l’orecchio al mormorio sommesso delle voci di chi resiste.
Mi sono chiesta quanto sia più forte il grido del soppresso che non quello di chi ha la possibilità di dire la propria ogni giorno, e mi sono domandata quanto sia efficace l’urlo delle donne che oggi non osservano più il minuto di silenzio – come politica e società vorrebbero – ma che, unite e compatte, affollano le strade per pronunciare a gran voce il nome di tutte le sorelle che non ci sono più, i nomi degli assassini, i divieti imposti, i diritti negati, i fenomeni culturali che ancora tengono botta e che dovrebbero essere soppressi. Donne che parlano di femminismo, di patriarcato, di femminicidio e di fuoco che brucia tutto, per dare modo alla vita di rinascere più forte.
Ma non esiste e non è esistito soltanto questo, anzi. Il saggio di Tamas ne è la prova, oltre che una preziosissima testimonianza dell’opposizione femminile, di quei “no” che, più spesso di quanto si creda, sono stati fatti passare per blandi “sì”.
Partiamo da un fatto, e cioè che, come ricorda l’autrice, la donna non è mai esistita nella sua essenza originaria, poiché il suo storytelling è sempre stato inficiato dallo sguardo maschile, il cui prodotto si traduce in immagini falsate, deformate, idealizzate. L’uomo racconta ciò che la donna è e fa. Perché? Perché non la conosce, non la capisce, ne ha timore, e quindi – per comodità – la ingabbia e la ignora, la rende invisibile cancellandone la storia.
Cosa vuol dire cancellare la storia di qualcuno? Abolirne l’identità. Ma non basta. È sempre Jennifer Tamas a ricordarci che c’è qualcosa di ancora più emblematico, non solo a livello allegorico ma anche pratico: «è lo stesso rifiuto delle donne a venire rifiutato, passato sotto silenzio, cancellato».
Non solo la parola in generale, ma la negazione, il No (della donna) in particolare viene soppresso. A che pro? Perché l’opposizione, più di qualunque assenso o partecipazione, avrebbe permesso e permette alle donne di prendere coscienza di sé, di separarsi da quella società di cui fanno parte solo come fantasmi. Si esiste, ci si definisce, anche e soprattutto attraverso i dinieghi.
Ecco perché il saggio di Jennifer Tamas, grazie ai suoi esempi cinematografici e letterari, ci propone una lettura diversa del nostro patrimonio culturale e svela, resuscitandoli dall’ombra in cui l’uomo li ha gettati, i più famosi “no” della storia femminile – quelli dimenticati o «irricevibili» –, le opposizioni e i contrasti.
Ma se è vero che a volte il rifiuto non si è mostrato abbastanza forte ed è stato fatto passare per un “sì” nascosto bene – grande è la responsabilità di luoghi come il teatro, la prosa e le favole, in cui gli autori hanno fantasticato sulla pericolosa oscillazione, sulla terrificante ambiguità fra “sì” e “no” – in altre occasioni (più in letteratura che nel cinema) si è fatto scorta dei cosiddetti “racconti essenziali”: donne come Christine de Pizan e Margherita Navarra hanno dedicato pagine intere all’esperienza dello stupro e ai suoi effetti devastanti, così come Madame de Sévigné ha composto numerose lettere sul pericolo mortale del parto e più in generale delle gravidanze.
L’oblio è un atto di cancellazione, ma non possiamo più cancellare testi come Il consenso di Vanessa Springora, lacerante racconto biografico in cui l’autrice rivela una storia di consenso plagiato, ovvero di un abuso, ammettendo la grande ingenuità, la curiosità poco sofisticata della giovane protagonista, ma anche, vista con gli occhi di un adulto, la manipolazione, l’abuso di fiducia.
Più di trent'anni dopo i fatti che le hanno sconvolto la vita, Vanessa Springora racconta senza ambiguità la storia di una bambina vittima di un mondo più grande di lei. Una testimonianza letteraria sui confini pericolosi dei sentimenti, e sul dovere di proteggere chi non può difendersi.
Tuttavia, con un po’ di fortuna e un grande lavoro di coraggio e scoperta del Sé, oggi la narrazione delle donne si è spostata, si è costruita uno spazio nuovo e quasi del tutto incontaminato, uno spazio che non è solo una stanza (tutta per loro) ma che si sta trasformando sempre più in una società nella società, nonostante i continui rigurgiti di una cultura patriarcale dura a morire.
Da dove trae origine questa narrazione? Dalla consapevolezza della propria identità, a cui si lega la rivendicazione di un grande diritto: non scegliere quale ruolo rivestire ma essere libere di scegliere di non rivestire nessun ruolo predefinito, per crearne a poco a poco uno nuovo, rivoluzionario.
Diamo voce a tutti i No delle donne, li raccontiamo, li descriviamo, li trasformiamo in azioni politiche e sociali, decidiamo consapevolmente di occupare tutto l’occupabile, anche la parte oscura della comunità. Perché la parola della donna è una parola antica, una parola a cui è stata tolta la voce ma che nel suo silenzio, lungo secoli, si è ingigantita fino a diventare urlo assordante, caricandosi di quel che le avevano tolto: dignità, giustizia e verità.
Di
| Marietti 1820, 2023Di
| La nave di Teseo, 2021Di
| Carocci, 2004Ti potrebbero interessare
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente